Quella frase di Nick Bollettieri rimane una condanna, una croce che Filip Krajinovic si porterà addosso per tutta la carriera. “Mi ricorda Andre Agassi, solo che è più forte a rete” diceva il guru americano. Le valutazioni si possono sbagliare, ma sarebbe ingiusto definire il serbo un bluff. Sembrava averlo dimostrato lo scorso anno, quando ha azzeccato la settimana della vita a Parigi Bercy. Colse un'insperata finale che gli ha permesso di vivere di rendita per tutto il 2018, ma la cambiale è arrivata. Subito eliminato a Parigi, è franato dal numero 34 al numero 93 in un colpo solo. Adesso deve ripartire da zero, ricostruirsi, nell'anno in cui ne compirà 27. A inizio carriera aveva ben altre ambizioni, e ha goduto del sostegno indiretto di Novak Djokovic. Per un breve periodo, è stato seguito da Diego Nargiso. Ma Filip non è un tipo semplice, dunque sembrava destinato a rimanere un rincalzo. Poi, all'improvviso, il risultato di Bercy con le sguaiate esultanze del suo coach di allora, Petar Popovic. Quest'anno ha raggiunto la semifinale a Dubai (quasi vinta contro Pouille), poi si è fatto male. Piede e caviglia sinistra, nonché problemi a una mano, lo hanno bloccato per tre mesi. Il rientro è stato difficile, più del previsto. “È stato un anno molto difficile a livello professionale – ha detto Krajinovic allo Sportski Zurnal – avevo lavorato duramente per ottenere grandi risultati, onestamente me li aspettavo, ma la stagione non è neanche iniziata. Dopo l'infortunio e la riabilitazione le cose non sono andate come speravo. Adesso è tempo di un nuovo capitolo, sia nella mia vita che nella mia carriera”.