L'abbraccio a fine partita. È stato l'interminabile e fraterno abbraccio il momento più bello ed emozionante dell'atto conclusivo del Masters 1000 di Cincinnati. L'abbraccio tra Grigor Dimitrov e Nick Kyrgios, protagonisti di una finale che pochi avrebbero pronosticato alla vigilia. Finale che, in un torneo disertato dai grandi (hanno giocato soltanto 4 dei primi 10 al mondo), ha visto di fronte due giocatori che mai, tra promesse mancate e ancora da mantenere, erano giunti così avanti. L'ha spuntata 6-3 7-5 il bulgaro, con merito e forza, mettendoci tanto, tantissimo del suo e mostrando una condizione mentale e fisica strepitose. L'ha spuntata Grigor, scrollandosi forse per la prima volta di dosso il macigno dell'etichetta di Baby Federer. Mostrando e dimostrando che non ha bisogno di ispirarsi e ricordare nessuno, per poter issarsi tra i grandi. A mancare in questa finale, a ben vedere, è stato il suo dirimpettaio, Nick Kyrgios, che tante cose eccellenti aveva mostrato nel corso della settimana e che si presentava da favorito, anche secondo le valutazioni dei bookmakers. L'australiano è parso teso sin dai primi scambi. Teso, bloccato, nervoso. Disinnescato di tutta l'esuberanza, l'ispirazione e la sfacciataggine che gli avevano permesso di far terra bruciata fino ad oggi. Eppure la prima occasione dell'incontro capita proprio a lui. Sul 2-2 e 30-30, il doppio fallo di Dimitrov sembra presagio dell'ennesimo suicidio della carriera del bulgaro. Ma Grigor resiste al bombardamento dell'aussie e si salva. E a questo punto, per lui, è tutta discesa.