SCELTA CONDIVISA CON GIOCATORI E TV
Nel 2001, tra l'altro, ci fu l'onda emotiva di due sconfitte eccellenti nei tabelloni femminili. All'Australian Open, Lindsay Davenport (n.2) perse contro la numero 25 Jelena Dokic. Curiosamente, accadde lo stesso anche al Roland Garros, con la sconfitta di Venus Williams per mano di Barbara Schett, oggi volto noto di Eurosport. Perdere così presto alcune delle giocatrici più attese non piaceva ai tornei, che dunque accettarono di buon grado la riforma. Va detto che in 17 anni non ci sono stati particolari rivoluzioni: per esempio, in campo femminile, negli ultimi dieci Slam con la vecchia regola c'erano state 19 giocatrici non comprese tra le teste di serie a raggiungere i quarti di finale (o meglio). Guarda caso, la stessa cifra da Wimbledon 2015 allo Us Open 2017. Quest'anno, undici giocatori non compresi tra le teste di serie hanno raggiunto almeno i quarti, cinque uomini (Edmund, Chung, Sandgren, Cecchinato e Millman) e sei donne (Mertens, Suarez Navarro, Putintseva, Cibulkova, Giorgi e Tsurenko). Cifre che evidentemente soddisfano il Grand Slam Board. Non era stata una modifica epocale allora, è lo stesso oggi. I sorteggi dei main draw non avranno particolari incertezze o mine vaganti, ma tant'è. Semmai, incuriosisce il fatto che sia stata fatta marcia indietro. In una breve nota, il Grand Slam Board ha fatto sapere che: “Dopo un intero anno di analisi dei match e dei feedback ottenuti dai nostri interlocutori, su tutti i giocatori e le emittenti televisive, i tornei degli Slam hanno deciso che non ci sono motivi validi per tornare a un tabellone a 16 teste di serie”. Insomma, comandano i big: da una parte chi ha maggiore influenza (i top-players), dall'altra chi versa i soldi (le TV). E si va avanti così.