CAMPI “AMERICANI”
Il giochino è semplice: mischiando più sabbia con la vernice acrilica, la palla ha un maggiore attrito con la superficie. I campi più lenti, uniti all'attrezzatura, hanno creato giocatori più adatti ai campi medio-lenti. In assenza di dati certi, ci si deve affidare alle sensazioni. Jack Sock, cresciuto sul cemento americano, ha detto che i campi australiani sono tra i più veloci che abbia mai calcato. “Il torneo è di proprietà degli australiani, possono fare quello che vogliono, ma i campi hanno reso tutto più difficile”. Sentite John Isner: “Non ho mai giocato su un campo così veloce. Ho effettuato il riscaldamento e sono rimasto scioccato”. Gli americani parlavano dei campi secondari, quelli più soggetti al folle clima di Melbourne Park: secondo Brad Gilbert, i campi esterni erano più rapidi di un buon 25-30% rispetto ai tre principali. Sensazioni. Il direttore del torneo Craig Tiley ha detto che i campi hanno la stessa velocità dell'anno scorso. Difficile credergli. La superficie è stata rifatta tra ottobre e dicembre, prima sui campi principali, poi su tutti gli altri. La tempistica del rifacimento potrebbe aver creato qualche differenza tra la Rod Laver Arena e, per esempio, il Campo 16. I campi dell'Australian Open vengono costruiti dalla California Products Corporation, una ditta americana che – a dispetto del nome – ha la sede in Massachusetts. Nella parte inferiore, il Plexicushion è composto da lattice, miscela di granuli di gomma e particelle di plastica compresse. Nella parte superiore troviamo un'emulsione acrilica, colorata di vernice, e particelle di sabbia fine. La rapidità ha certamente favorito anche le sorelle Williams. “Venus ama i campi veloci – dice Federer – ha sempre trovato naturale giocare su questi campi perché devi pensare di meno, puoi usare l'istinto. E forse è per questo che i tennisti meno giovani possono fare bene: non soffrono i campi veloci”.