Marco Caldara
04 October 2017

Evans fa mea culpa, l’ITF gli viene incontro

La differenza fra assunzione di cocaina fuori dalle competizioni e durante i tornei aiuta Daniel Evans. La positività riscontrata ad aprile poteva costargli fino a quattro anni di sospensione, ma il tribunale ITF ha apprezzato la sua onestà: lui ha ammesso l’errore, l’utilizzo dello stimolante è stato considerato come non legato all’attività sportiva, e la squalifica è di 12 mesi. Potrà tornare in campo il 24 aprile.
Viste le possibili conseguenze, a Daniel Evans è andata di lusso. Con una decisione di tre pagine, pubblicata martedì 3 ottobre sul proprio sito e girata come da prassi agli organi di stampa, l’International Tennis Federation ha comunicato che la positività alla cocaina riscontrata nel mese di aprile costerà al britannico un anno di squalifica, metà della quale è praticamente già trascorsa. Evans era stato trovato positivo a un test delle urine svolto in data 24 aprile 2017, durante l’ATP 500 di Barcellona. Il campione, analizzato nei laboratori WADA di Montreal, ha evidenziato delle tracce di cocaina e del suo metabolita (la Benzoilecgonina), così il 16 giugno è stata comunicata la violazione al giocatore, e dieci giorni più tardi è scattata la sospensione provvisoria da parte dell’ITF, in attesa della decisione. Come era lecito pensare già ai tempi della conferenza stampa rivelatrice di Evans, che leggendo un breve comunicato aveva ammesso di aver assunto cocaina precisando di averlo fatto fuori dalle competizioni, è stato determinante proprio il fatto che l’utilizzo sia arrivato in un contesto totalmente estraneo al tennis. Particolare che, norme alla mano, fa tutta la differenza del mondo.

COCAINA PROIBITA SOLO DURANTE LE COMPETIZIONI
La cocaina rientra infatti nella categoria degli stimolanti, sostanze che per la WADA sono proibite solamente “in-competition”, ovvero nei controlli svolti durante i tornei. L’eventuale positività nei test effettuati a domicilio, nelle settimane di assenza dal circuito, non ha invece alcuna rilevanza per l’antidoping, perché in quel caso l’utilizzo della sostanza viene considerato ricreativo e non legato all’attività sportiva. La linea è molto sottile, visto che la sostanza può rimanere rintracciabile nelle urine fino a sette giorni dopo il consumo, quindi un utilizzo nella settimana precedente a un torneo può venire scovato durante il torneo stesso, proprio come pare sia andata nel caso di Evans. Ma il periodo dell'assunzione resta fondamentale nella determinazione di una eventuale sospensione. Evans ha ammesso la positività di fronte all’ITF, in una lettera datata 26 giugno, fornendo la sua versione dei fatti. Nella sentenza si legge che il 27enne di Birmingham ha spiegato di aver assunto una piccola dose di cocaina in data 20 aprile 2017, il giovedì precedente al torneo di Barcellona, e di aver conservato la sostanza rimasta prima in una tasca (dei pantaloni, si deduce) e poi in una tasca di un beauty case, per poi gettarla il giorno seguente. Nella stessa tasca del beauty case erano presenti anche delle pastiglie di un medicinale (autorizzato) che il britannico ha assunto dal 20 al 24 aprile 2017, data del test risultato positivo. Secondo la difesa di Evans, le pastiglie si sarebbero contaminate con la cocaina e sarebbero la ragione della presenza della sostanza nel suo corpo durante il torneo.
CONTAMINAZIONE (ANCHE) INVOLONTARIA
Il dottor Pascal Kintz, tossicologo di fama internazionale e consulente di Evans nel procedimento, ha spiegato che la presenza nel campione di una piccolissima quantità di cocaina è la prova che la sostanza sia stata ingerita sicuramente più di 24 ore prima del test (quindi prima del suo esordio nel torneo), e che la dose che ha fatto scattare la positività non possa essere di più di 1-3 milligrammi, quantità che rende altamente improbabile l’assunzione consapevole (è troppo poca), a favore di una contaminazione involontaria. L’esperto convocato dall’ITF ha concordato sulla questione, perciò il tribunale ITF ha accettato la versione di Evans, ritenendo credibile il fatto che – durante la competizione – la sostanza sarebbe finita nel suo corpo a causa della contaminazione delle dita e dei medicinali che lo stesso Evans stava assumendo in quei giorni. Una situazione che ha alleggerito la sua posizione, ma non ha comunque cancellato la violazione delle regole anti-doping, data la presenza di un campione positivo.

DA 48 A 12 MESI: ECCO PERCHÈ
Per l’assunzione di cocaina le norme del Tennis Anti-Doping Programme (TADP) prevedono una sospensione fino a 4 anni, ma Evans se l’è cavata con uno solo, ricevendo due sconti di pena. Il primo perché, secondo il TADP, i quattro anni si possono applicare solamente qualora l’assunzione sia intenzionale, ma l’articolo 10.2.3 dello stesso programma dice che una violazione non è da considerarsi intenzionale qualora la sostanza non rientri nelle cosiddette Specified Substance (la cocaina non vi rientra) e il giocatore possa dimostrare di averla assunta fuori dalle competizioni, in un contesto non collegato alla prestazione sportiva. Il caso di Evans calza a pennello nella situazione, quindi la sospensione massima di partenza, per una vicenda come la sua, viene ridotta a due anni. In più, visto che è stata assunta per vera la contaminazione involontaria, secondo l’ITF non è presente un errore o una negligenza rilevante da parte del giocatore (Significant Fault or Negligence), e analizzate tutte le altre circostanze del caso, compreso il tempo e il denaro risparmiato grazie all’ammissione di colpa dell’inglese e la sua scelta di non chiedere le controanalisi sul campione positivo, l’ITF ha ritenuto che dodici mesi di sospensione possano essere un periodo sufficiente per permettergli di pagare il suo errore. In più, la sospensione viene considerata attiva dal giorno del test, il 24 aprile (anche se Evans ha giocato ancora per oltre un mese e mezzo), quindi anche se dovrà restituire punti e soldi (95 e 103.980 euro) guadagnati da Barcellona fino alla sospensione provvisoria, Evans potrà tornare in campo già dal prossimo 24 aprile.
UNA GRANDE POSSIBILITÀ
Ovviamente Evans, così come la WADA o l’agenzia antidoping britannica, ha la possibilità di appellarsi al CAS di Losanna per chiedere una riduzione della pena. Tuttavia, vista la linea difensiva assunta dall’inglese, che ha ammesso l’errore senza nascondersi, vien da pensare che accetterà la sanzione senza battere ciglio, e non lo rivedremo prima della prossima primavera. Dovrà ripartire da zero, senza punti ATP e con la reputazione (che già non era delle migliori) rovinata dalla vicenda, dopo che proprio fra 2016 e 2017 era finalmente riuscito a dar sfogo al suo enorme talento, portandosi fra i primi 50 del mondo e facendo dimenticare a suon di risultati un passato burrascoso, col vizio di frequentare i pub fino a tarda notte e di lasciare spesso gli allenamenti in secondo piano. Tornare ad alti livelli non sarà facile dal punto di vista mentale, ma la sentenza dell’ITF gli ha offerto l’opportunità di fare ancora il tennista, lasciandogli anche più di metà stagione per iniziare la risalita nel ranking ATP. Visto come poteva andare è già un'enorme possibilità. Spetterà a lui sfruttarla a dovere, senza più passi falsi.
© RIPRODUZIONE RISERVATA