NOLE METTE DA PARTE "AMOR Y PAZ"
C'è stata lotta vera, intensa, emozionante. A differenza del giorno prima, in cui Isner non aveva saputo sfruttare la possibilità di servire per primo, Djokovic ha trovato la zampata decisiva al diciottesimo game dopo aver tribolato all'infinito sul 4-4 e soprattutto sul 7-7, quando ha cancellato (alcune da campione) cinque palle break a Nadal. Era sull'orlo del baratro: avesse incassato il break, probabilmente avrebbe perso la partita. Sia pure spalmata su due giorni, la sfida è durata 5 ore e 15 minuti: cifra che fa meno impressione se relazionata alla prima semifinale, ma ugualmente notevole. Djokovic ha radunato le emozioni vissute anni fa, ha attivato la memoria a lungo termine, e si è ricordato che un match del genere si può decidere su un singolo colpo, che sia un servizio, un dritto, una volèe. È la qualità che separa i campioni dai grandi giocatori, e Nole è un campione. Aveva perso un po' di abitudine, oltre ad avere di fronte un avversario che gioca ogni punto come se fosse l'ultimo. Ma nel quinto set è stato grande. Avrebbe potuto vacillare, rinunciare a combattere, invece ha scelto di darsi sempre una chance in più. Lo ha fatto in vari modi, anche lamentandosi vistosamente dopo alcuni errori (con tanti saluti al concetto di “Amor y Paz”, coinciso col peggior momento della sua carriera). Questa rabbia interiore gli ha permesso di tenere l'epico game del 7-7. Il break decisivo era l'ovvia conseguenza. “Avrebbe potuto andare in qualsiasi modo – ha detto Djokovic – era chiaro che fossimo separati da pochissime cose. In sostanza, fino all'ultimo colpo non sapevo chi avrebbe vinto. Ci credevo, ma sapevo che Rafa era molto vicino, infatti ha avuto le sue chance. Queste sono le partite per cui lavori, per cui vivi”. Ne giocherà un'altra, tra meno di 24 ore.
WIMBLEDON UOMINI – Semifinale
Novak Djokovic (SRB) b. Rafael Nadal (SPA) 6-4 3-6 7-6 3-6 10-8