Riccardo Bisti
20 August 2018

Non solo Davis: quante possibili conseguenze...

Il voto di Orlando non si limiterà a modificare la Coppa Davis. Potrebbe esserci una reazione a catena che interesserebbe l'intera geopolitica del tennis. Per esempio, l'ATP andrà avanti con il progetto World Team Cup o accetterà di discutere un compromesso? Come funzionerà la nuova eleggibilità olimpica?

Soltanto tre mesi fa, il presidente ATP Chris Kermode aveva definito “folle” la possibilità di organizzare due eventi a squadre, per nazioni, a sei settimane di distanza l'uno dall'altro. Poche settimane dopo, il denaro ha dato concretezza proprio a questo scenario. La “follia” si verificherà tra poco più di un anno. Dal 18 al 24 novembre 2019 si giocherà la prima edizione della nuova Coppa Davis, mentre nelle prime due settimane del 2020 rinascerà la World Team Cup in una versione riveduta, corretta e molto più ambiziosa. Tra l'altro, secondo alcune indiscrezioni, la firma tra ATP e Tennis Australia sarebbe arrivata qualche giorno fa, proprio alla vigilia del voto dell'assemblea ITF di Orlando. Ancora una volta, dunque, emerge l'aspetto più disfunzionale del tennis: troppe sigle, troppi dirigenti, con interessi diversi, spesso opposti. Nello specifico, la nuova formula della Coppa Davis è arrivata senza l'esplicito sostegno dei giocatori. Se è vero che le riunioni del player council discutono l'argomento da anni, e auspicavano un cambiamento della competizione, la proposta Kosmos ha ragione di esistere soltanto in virtù della pioggia di denaro che è stata promessa. Visto che difficilmente si potrà tornare indietro con la Coppa Davis (salvo auspicabili, ma improbabili, azioni di boicottaggio), il progetto World Team Cup potrebbe essere messo a repentaglio se dovessero esserci delle clausole di uscita nel contratto tra ATP e Tennis Australia. Su questo punto, Dave Haggerty (presidente ITF) è stato chiaro: ha in mente di riaprire le discussioni con Kermode, allo scopo di raggiungere un compromesso.

UN DIFFICILE COMPROMESSO
È successo qualcosa del genere una ventina d'anni fa: negli anni 90, l'ITF lanciò la Grand Slam Cup, ricchissimo evento che faceva concorrenza alle ATP Finals, ma aveva criteri d'ammissione del tutto diversi (si qualificavano i 16 giocatori che avevano raccolto più punti nei quattro tornei del Grande Slam). Dopo un decennio, ATP e ITF si sono messe d'accordo per la scomparsa della Grand Slam Cup, a patto che al Masters ATP fosse garantita la presenza di due vincitori Slam, anche se non compresi tra i primi otto. Ma erano altri tempi e l'oggetto del contendere era meno delicato. Oggi, in effetti, un compromesso non è lo scenario più probabile. I due eventi lotteranno per conquistare la loro fetta di mercato, magari garantendosi il miglior campo di partecipazione. In un'ottica di legge di mercato, il più debole dovrà cercare di adattarsi alla situazione per restare al passo del più forte. Anche se oggi si parla del braccio di ferro tra ATP e ITF, la spaccatura più grande rimane tra l'associazione giocatori e i tornei del Grande Slam. Questi ultimi, infatti, sono il traino economico del tennis moderno. Negli ultimi anni, i tennisti hanno raccolto guadagni sempre più importanti, spingendo per avere una maggiore percentuale degli incassi degli Slam. Tuttavia, nonostante l'imminente Us Open sia pronto a elargire 53 milioni di dollari, i tennisti vogliono di più.

UN PROLIFERARE DI EVENTI
Per questo, non è da escludere che i tornei del Grande Slam (ad eccezione dell'Australian Open) possano sostenere la Coppa Davis in modo ancora più aggressivo per fare un “dispetto” all'ATP e alle pretese economiche dei suoi associati. Senza dimenticare che, in caso di inasprimento dei rapporti, l'ITF potrebbe aumentare i requisiti di ammissione ai Giochi Olimpici. Come è noto, infatti, per partecipare al torneo olimpico è richiesto un numero minimo di partecipazioni in Coppa Davis. Una specie di ricatto che, fino a oggi, è stato tollerato in nome di un precario equilibrio. La cessazione dei rapporti diplomatici, tuttavia, potrebbe cambiare radicalmente lo scenario. Tuttavia, se dovessero mantenere una certa unità, sono ancora i giocatori ad avere il potere. Visto che i più forti hanno superato i 30 anni, è difficile immaginare una Coppa Davis o una World Team Cup con in campo tutti i migliori. A parte i soldi, una delle ragioni che ha spinto la Davis al cambiamento è stata la lamentela dei top-players: a loro dire, non riuscivano a dedicarsi sia alla carriera individuale che a una competizione a squadre. La storia insegna che non è esattamente così, ma tant'è. Adesso, potrebbero avere due competizioni a squadre più o meno uguali, senza dimenticare la Laver Cup e le idee di Kosmos sul come riempire le due settimane (una ad aprile, l'altra a settembre) che saranno lasciate libere dalla Davis. Dave Haggerty ha detto che una parte significativa dei 3 miliardi di dollari promessi da Kosmos saranno utilizzati per organizzare due nuove eventi. Uno di questi potrebbe colmare il vuoto lasciato dalla probabile scomparsa della Hopman Cup, il cui futuro è segnato se davvero andrà in porto il progetto World Team Cup. Insomma, un puzzle pieno di pezzi. Un disordine che si poteva evitare se a Orlando non si fosse verificato il delitto perfetto alla tradizione. Le reazioni a catena, stavolta, potrebbero essere incontrollabili.

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