Venerdì 17, negli Stati Uniti, non porta sfortuna. Nessuno si è affannato, dunque, nel caricare di simbologie l'impresa di Jack Sock. Gli è bastato un pomeriggio per sfatare due storici tabù: prima vittoria contro un top-5 e prima semifinale in un Masters 1000. Vittima prescelta: Kei Nishikori. Prossimo avversario: Roger Federer. Ormai stabile tra i top-20 ATP, con questi 360 punti ha consolidato il suo status di numero 1 americano. Titolo che vale (molto) meno di qualche anno fa, ma gli States restano un paese trainante. Dal ritiro di Andy Roddick, ultimo “slammer” americano, non hanno giocatori in grado di competere per le primissime posizioni. “Diventare il leader nazionale mi ha dato una bella iniezione di fiducia – ha detto in questi giorni Sock, il cui bilancio stagionale parla di 15 vittorie e 2 sconfitte – ma ovviamente esiste un rovescio della medaglia. Nessuno vuole che il top del tennis americano sia al numero 18 ATP. Speriamo che il limite si possa alzare a top-10, magari top-5”. Vedendolo giocare in questi giorni, la riflessione è spontanea: perché non può farcela proprio lui? A tratti, ha dominato il robottino giapponese. Servizio-bomba, Nishikori sempre sulla difensiva e via, tanti saluti al numero 5 del mondo, irriso addirittura con qualche smorzata e stop volley. L'ultimo punto è importante: Sock non è soltanto forza bruta, anche se nel suo braccio c'è la dinamite. Molti sanno che il suo dritto in topspin genera una rotazione addirittura superiore rispetto a quello di Rafael Nadal. Per riuscirci non ha nemmeno bisogno di effettuare il movimento completo. Inoltre, pur avendo un fisico massiccio, si muove discretamente e riesce a coprire buona parte del campo con il dritto. E' anche piuttosto rapido nelle corse in avanti: spesso, la smorzata altrui diventa un vincente di Sock.