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Il "no let" divide: piace ai giocatori, non allo sport

I primi test sull'abolizione del let al servizio soddisfano i giocatori della Next Gen, e visto che l'impatto sulle regole non sarebbe così importante c'è il rischio che la novità possa entrare in fretta nel tennis "pro". Ma c'è una differenza enorme fra impatto regolamentare e impatto sul gioco, perché un solo nastro beffardo può far perdere una partita. Un'eventualità che sarebbe opportuno evitare.
Nel maxi-calderone di test formato Next Gen ATP Finals, fra novità regolamentari e innovazioni tecnologiche, l’abolizione del let sul servizio rischia di passare sottotraccia. In senso assoluto non è la potenziale novità più preoccupante, perché il vero stravolgimento del gioco arriverebbe coi set ai quattro game e il punto decisivo sul 40-40. Ma proprio perché il no let in termini televisivi avrebbe un impatto molto meno invasivo, e anche perché in certi ambienti (vedi i campionati dei college americani) viene già utilizzato da tempo, fra le regole che vanno a toccare il gioco sembra quella che rischia di finire più in fretta nel rulebook ATP. Con effetti potenzialmente pericolosi. Il problema da non sottovalutare è che l’impatto regolamentare e televisivo è una cosa, l’impatto sul gioco è ben altra, e visto che a volte può bastare un punto per perdere una partita, sarebbe bene non rischiare di cederlo per colpa del nastro. Eppure, a sorpresa, le opinioni dei giocatori sembrano tutte favorevoli. Martedì Coric ha usufruito di un aiutino della sorte addirittura sul match-point: una deviazione del nastro ha messo in difficoltà Donaldson, offrendo al croato il comodo smash con cui ha chiuso l’incontro. “Sono stato molto fortunato – ha detto il 21enne di Zagabria – ma penso che la regola possa essere introdotta anche negli altri tornei. Ci sono spesso un sacco di discussioni: era let, non era let. A volte capita che si tratti di deviazioni impercettibili, altre volte il giudice di sedia chiama il let quando non c’è. Per questo credo non sia necessario”. Karen Khachanov, malgrado la sconfitta, ha detto che per lui l’abolizione del let sul servizio “è ok”, mentre Daniil Medvedev ha messo in discussione soltanto il pubblico libero di muoversi, dicendo di aver molto apprezzato tutte le altre novità. “Non penso che nessuna regola sia bella o brutta – ha detto invece Shapovalov –, è solo tutto diverso. Giocare senza il let non è facile: ho perso un punto importante nell’ultimo game del match (contro Chung, ndr), ed è stata dura. Ma è qualcosa a cui ci si può abituare in fretta”.
QUALCHE “PRO” E UN GRANDE “CONTRO”
Il tentativo di cancellare il let sul servizio non è una novità assoluta nel tennis “pro”: l’ATP l’aveva già sperimentato nel 2013 a livello Challenger, per i primi tre mesi della stagione. Ma non era andata benissimo. All’epoca, sul numero di marzo 2013 de Il Tennis Italiano, era apparsa un’inchiesta sui possibili effetti della novità, con le testimonianze di una ventina di giocatori che l’avevano provata a livello Challenger. Tennisti di livello minore, quindi meno interessati al politically correct e più abituati a schierarsi ed esprimere liberamente la propria (vera) opinione. Bene: una dozzina degli intervistati bocciava sonoramente la novità, cinque si definivano neutrali e solo tre erano favorevoli. Nei tornei l’ATP Competition Committee distribuiva due questionari, uno per i giocatori e uno per gli spettatori. Sostanzialmente, l’obiettivo era di capire quanto realmente incidesse sul gioco, e se avvantaggiava di più il servitore o il ribattitore. I pareri negativi ebbero la meglio: a fine marzo l’ATP comunicò la sospensione della prova e tanti saluti. Oggi come allora si tratta di un gioco di “pro” e “contro”. È vero che anche questa regola contribuirebbe a eliminare dei tempi morti, ma mediamente in un incontro capita fra le 4 e le 5 volte che un servizio venga ripetuto perché ha toccato il nastro, quindi – stando larghi – si risparmierebbe circa un minuto a partita. È vero anche che spesso basta una deviazione impercettibile del nastro per cancellare un ace fatto e finito, ma a volte può capitare (ed è capitato) pure che la palla cambi direzione cogliendo impreparato il ribattitore, o addirittura che muoia appena al di là della rete. In degli incontri che specie sulle superfici veloci possono decidersi su duo o tre punti, a maggior ragione con la formula proposta alle Next Gen ATP Finals, aumentare il fattore fortuna non può essere una buona idea. Lo sport deve premiare il merito, e la sorte deve restarne fuori. Ci mette già il becco durante i punti, dargli modo di farlo anche sul servizio sarebbe un autogol. Del tutto inutile.
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