Murray-Stakhovsky, il duello è su Twitter

Piccante scambio di vedute a suon di cinguettii fra Andy Murray e Sergiy Stakhovsky. Il tema? Ovviamente la parità di montepremi. Lo scozzese la appoggia, l’ucraino la respinge e ne fa una questione di business. Ma la conversazione vira rapidamente sugli sfottò.
Talvolta è un bene, altre un male, ma a Sergiy Stakhovsky va dato atto di essere uno che non si tira mai indietro. Mentre la maggioranza dei colleghi cerca di evitare argomenti scomodi, così da accomodare fans, aziende e dirigenti, il tennista ucraino dice sempre la sua sugli argomenti più disparati, senza peli sulla lingua. Un atteggiamento che gli è costato qualche brutta figura, ma l’ha anche reso uno dei personaggi più interessanti del circuito. Raramente dalla sua bocca escono le classiche banalità imbevute nel politically correct. Era fin troppo facile immaginare che sarebbe presto intervenuto anche sul discorso dei prize money uguali fra uomini e donne, tornato a tenere banco dopo le frasi che sono costate le dimissioni al CEO di Indian Wells, Raymond Moore. Una volta lette le sue dichiarazioni, l’ucraino ha twittato un sarcastico “non sapevo che Moore volesse candidarsi alla presidenza dell’ATP”, che ha scatenato varie reazioni fra i suoi followers. Da lì è nato un lungo dibattito, che si è spostato anche su temi extratennis, e si è acceso quando ci ha messo il becco Andy Murray, un altro spesso molto attivo su Twitter anche per questioni non strettamente legate al campo. Lo scozzese, appassionato del circuito WTA, è da sempre a favore della parità di montepremi, tanto che suggerì addirittura di far giocare le donne al meglio dei cinque set, così da giustificare l’uguaglianza dei guadagni negli Slam. Nel suo "media day" alla vigilia del Masters 1000 di Miami, il numero 2 ATP ha spiegato di non essere d’accordo con le parole di Djokovic, evidenziando come non sia un dato di fatto che i match femminili attirino meno spettatori. “Novak ha detto che la WTA vende meno biglietti, ma dipende. Se Serena gioca sul Centrale, e c’è un altro match maschile con Stakhovsky in campo, la gente va a vedere Serena”.
 
SCAMBIO DI VEDUTE SU TWITTER
Andy ha rincarato la dose successivamente, parlando con la stampa inglese, quando ha fatto l’esempio di un possibile match a Wimbledon, con lo stesso ucraino da una parte e Laura Robson dall’altra, ribadendo che ci sarebbe più gente a vedere la sfida femminile. Il senso dell’intervento di Murray, probabilmente, non era volto a screditare Stakhovsky, preso come esempio qualsiasi di giocatore fuori dai primi 50, ma l’ucraino – suo avversario nel 2004 nella finale dello Us Open under 18, e anche lui a Miami – non l’ha presa benissimo. Ha ringraziato sarcasticamente Murray (“avevo bisogno di attenzione”) poi ha aggiunto che il discorso sulla Robson varrebbe solo in Gran Bretagna. E da lì è nata la discussione, che pareva iniziata in maniera goliardica ma poi è virata a toni provocatori. “Sei sicuro?”, la risposta di Andy. “Il campo a Kiev è pronto, devi solo convincere Laura a venire”, la replica di Stako. Poteva finire lì, invece il britannico non ha mollato la presa: “Abbiamo giocato contro in Coppa Davis in Ucraina (si torna indietro fino al 2006, ndr) e non c’erano più di mille persone”. Stakhovsky: “Hai notato dei posti vuoti?” Murray: “Non li ho contati, ero concentrato per prendermi la vittoria”. “Non è successo al sabato vero?”, la chiosa finale di Stakhovsky, il quale, visto che il rivale ha spostato la discussione sul risultato del loro match di singolare, gli ha fatto notare che al sabato lui lo batté in doppio.
 
“È UN DISCORSO DI BUSINESS AL 100%”
Alla fine, dunque, un dibattito che poteva diventare interessante fra due giocatori dalle visioni diverse sull'argomento (che peraltro riguarda loro e la loro professione) si è spostato sugli sfottò. Ed è un peccato, perché quello della parità di montepremi è uno dei temi storici del mondo della racchetta, che puntualmente torna in auge ogni volta che qualcuno lo critica. Stakhovsky, membro del Players Council ATP dal 2012, ne è da sempre uno dei principali oppositori. Ne aveva parlato senza mezzi termini anche nella nostra intervista del novembre 2014. A specifica domanda “Cosa ne pensi della parità di montepremi fra uomini e donne nei tornei del Grand Slam?”, rispose: “La mia opinione è chiara e semplice: il prodotto maschile è migliore, quindi meritiamo più soldi. Non ne faccio un discorso di sessi, e nemmeno di durata degli incontri, perché non fa differenza. Ne faccio un discorso di business al 100%. Serena Williams è andata a dire a Simon che ai suoi match c’è molta più gente rispetto a quelli del francese. Certo, facile così. Serena si deve paragonare a Federer, non a Simon. Tra un match di Serena e uno di Federer, per lo stesso prezzo, quale andreste a vedere? E poi i biglietti dei tornei maschili costano di più rispetto a quelli femminili. Quindi, se facciamo guadagnare di più rispetto alle donne, perché dobbiamo incassare quanto loro?”. Messa così, se i dati che cita sono corretti (e pare di sì), è difficile dargli torto. Si tratta della pura e semplice legge del mercato. Ma guai a dirlo a Andy Murray.
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