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Riccardo Bisti
02 October 2018

Mmoh, forse aveva ragione Bollettieri...

Anche i migliori, ogni tanto, sbagliano qualche valutazione. Nick Bollettieri aveva offerto una borsa di studio a Michael Mmoh quando aveva appena 13 anni. Il ragazzo nato in Arabia Saudita sembrava una scommessa persa, ma adesso è cambiato tutto. Festeggia l'ingresso tra i top-100 ATP e punta alle Next Gen Finals.

Non sempre Nick Bollettieri ha azzeccato le sue previsioni. Alcuni casi sono lì, impietosi, a ricordarci la fallibilità dell'essere umano, anche quando si tratta di un guru del coaching. Tuttavia, il leggendario Nick spera ancora di averci visto giusto con Michael Mmoh. Quando aveva appena 13 anni, alcune performance nei tornei giovanili convinsero Bollettieri a portarlo negli Stati Uniti direttamente dall'Arabia Saudita. Fino a qualche settimana fa sembrava una scommessa fallita, con Michael due-tre passi indietro rispetto ai connazionali Frances Tiafoe e Taylor Fritz, ma i recenti successi nel circuito Challenger lo hanno rilanciato. La nuova classifica ATP lo vede, per la prima volta, tra i top-100 ATP. In due settimane, ha intascato i titoli a Columbus e Tiburon. Finalmente sembra poter esprimere il potenziale mostrato per la prima volta a Riyadh, in piena notte, quando aveva 6 anni. I ricordi di papà Tony sono tanto nitidi quanto ancora increduli. All'una di notte aveva chiuso a chiave la porta di casa del complesso dove viveva con Michael e la sua nuova compagna. Alle sei del mattino si svegliava, la trovava socchiusa e scopriva che era stato suo figlio. In piena notte, si era messo a fare sport. Un po' basket (il padre lo aveva chiamato Michael in onore al mitico Jordan), un po' tennis. In fondo sapeva che avrebbe praticato sport, sin da quando aveva otto mesi ed era stato in grado di bloccare una pallina che rotolava verso di lui. Un coordinazione occhio-mano fuori dal comune. E poi, si sa, il DNA è un bell'aiuto per chi vuole fare sport. E Tony Mmoh, cresciuto in Nigeria, era arrivato fino al numero 105 ATP, giocando in Coppa Davis per il paese natale salvo poi capitanare la squadra dell'Arabia Saudita.

L'OFFERTA DI NICK​
Non aveva troppa voglia di allenarlo, forse perché scottato dall'esperienza della figlia maggiore Antoinette, ex promessa che si è ritirata da adolescente perché non è stata in grado di reggere le aspettative. E allora, dopo essersi reso conto che Michael aveva qualità importanti, l'ha messo nelle mani del suo ex allievo Tawfiq Moafa. “Ho fatto così perché volevo essere sicuro che il tennis fosse davvero quello che voleva fare”. Il problema è che da quelle parti non esiste concorrenza. Le strutture ci sono, ma finisce tutto lì. Quando Mmoh aveva 9 anni, era già in grado di giocare con i diciottenni. Meglio emigrare, in particolare negli Stati Uniti. La finale all'Eddie Herr e la vittoria al'Orange Bowl attirarono Nick Bollettieri. Gli bastò seguirlo in un camp in Florida per offrirgli una borsa di studio per trasferirsi a Bradenton. Michael ci pensò per qualche settimana, poi capì che l'offerta non si poteva rifiutare. Addio Arabia Saudita, nuova vita negli Stati Uniti, a migliaia di chilometri da casa, con i genitori che lo andavano a trovare una volta ogni due mesi. “Me la sono cavata soprattutto da solo, ma non c'è voluto molto. Il fatto che facessi tutto questo per una ragione mi ha reso la vita più facile”. Quando aveva 15 anni, la responsabilità tecnica è passata a Glenn Weiner, che in passato aveva seguito Kei Nishikori. Trovò un ragazzo dalle immense potenzialità atletiche, che però non gestiva nel migliore dei modi le sue qualità. “Correva come un matto, regalava scambi molto belli ma non sviluppava un tennis aggressivo perché gli veniva tutto facile. Il servizio gli dava molti punti gratis”. E poi, da buon adolescente, aveva la tendenza a lamentarsi troppo. Racchetta, pallina, vento, superficie, chiamate arbitrali... si faceva distrarre da tutto. È andata così anche nei primi anni di professionismo, ma sembra che quest'anno le cose siano cambiate. Ha già scalato diverse posizioni e firmato alcune prime volte. A Brisbane ha raggiunto i quarti di finale, primo risultato di rilievo nel circuito maggiore.

ORGANIZZAZIONE TEDESCA
Tuttavia, ha compiuto un grave passo indietro a febbraio, al Challenger di San Francisco. Opposto a Miomir Kecmanovic, dopo due set combattuti, ha giocato male i primi punti del terzo e si è totalmente disunito, creando una viva confusione tattica. Weiner gli ha mostrato il video dell'incontro. “Convincerlo ad essere più aggressivo è stato un processo lungo e difficile – dice Weiner – ma ha solo 20 anni. Se tutti capissero certe cose alla sua età, sarebbero già top-20. Alcuni lo hanno fatto, come Hewitt e Nadal. Alcuni sono più avanti di testa, altri di fisico”. Sul piano atletico, Mmoh non ha certo problemi. A volte sembra un giocatore di football americano prestato al tennis, con un fisico possente che è il frutto di un'affascinante incrocio di razze. Al suo team si è aggiunto un nuovo elemento, il tedesco Alexander Waske, ex ottimo giocatore di doppio (è stato numero 16 nel ranking di specialità), che peraltro gestisce un'accademia in Germania. Gli sta insegnando ad essere più professionale e maturo tatticamente, consentendo a Weiner di trascorrere più tempo a casa, in Florida. Da buon tedesco, Waske si considera “puntuale, organizzato e disciplinato”. Proprio quello che serve a Mmoh, i cui atteggiamenti sono talmente naif da sembrare ingenui. Per intenderci, fino a pochi mesi fa non aveva idea che è buona cosa aver digerito la colazione prima di svolgere un allenamento o giocare una partita. Gli capitava di mangiare tre uova strapazzate e pane tostato dieci minuti prima di scendere in campo. Con Waske sta più attento e lascia passare almeno un'ora prima di effettuare qualsiasi attività. Noi potremmo vederlo a Milano, per le Next Gen ATP Finals. Si qualificano i primi sette della “Race to Milan”, classifica che considera i risultati stagionali dei ragazzi nati dopo il 1 gennaio 1997. Attualmente Mmoh è nono, a 147 punti dalla settima posizione di Andrey Rublev (finalista in carica). Per riuscirci, basta Challenger: giocherà a Stoccolma, Vienna e Parigi Bercy. “Mi piacerebbe farcela” ha tagliato corto. Non sarà facile azzerare questo svantaggio, ma dalla sua c'è l'età: se anche non dovesse riuscirci quest'anno, potrà riprovarci nel 2019. Quando testa e fisico saranno ancora più allineati.

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