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Marco Caldara
23 March 2018

Quella Next Gen che promette scintille

Anni fa, il piccolo diverbio fra Medvedev e Tsitsipas al Miami Open sarebbe quasi passato inosservato, ma il circuito non è più abituato a comportamenti sopra le righe da parte dei suoi protagonisti. Fra i giovani emergenti, invece, ci sono tanti caratterini niente male, segno che il tennis del futuro potrebbe essere più pepato. Non è detto che sia un male.
Grazie al tabellone allargato a 96 giocatori, i Masters 1000 di Indian Wells e Miami possono vantare qualche giorno in più rispetto agli altri tornei di categoria, ma nelle prime due-tre giornate, senza teste di serie in campo, capita che l’attenzione non sia così alta come nel resto del torneo. Per questo, a Miami hanno fatto notizia soprattutto due fatti di contorno, come la sfuriata di Oceane Dodin dopo la sconfitta contro la numero uno del mondo Simona Halep, e il battibecco fra Daniil Medvedev e Stefanos Tsitsipas, due dei giovani della Next Gen o quasi, visto che il primo ha abbandonato la categoria under-21 a fine 2017, dopo la semifinale nella prima edizione delle Finals di Milano. Nel loro match di primo turno l’ha spuntata il russo in tre set, e dopo la stretta di mano i due non se le sono mandate a dire, con Medvedev che ha cercato il confronto faccia a faccia, dopo qualche parolina di troppo uscita dalla bocca da Tsitsipas. Un siparietto dovuto a qualche dispetto (o così è stato reputato dai due) avvenuto nel corso dell’incontro. Al termine del secondo set Medvedev si è preso un lungo toilet break, pausa che Tsitsipas non ha digerito. Così il greco ha pensato bene di restituire il favore a terzo set in corso, proprio dopo che il moscovita aveva preso il controllo dell’incontro, grazie al break nel terzo gioco. Non pago, al rientro in campo non si è scusato dopo un nastro vincente, e durante la stretta di mano ci ha aggiunto ancora qualche parolina. Al che Medvedev, che fino a quel momento aveva cercato di far finta di nulla, non ha resistito e ha alzato la voce, provando ad avvicinarsi alla sedia del rivale (il giudice di sedia l’ha fermato) e facendogli presente tutto ciò che non gli è andato giù. Fortunatamente, Tsitsipas – magari conscio di non aver ragione – ha raccolto in fretta e furia le sue cose e ha lasciato il Court 1, evitando di gettare benzina sul fuoco.
FUTURO MOVIMENTATO
Non è la prima volta che Medvedev si trova al centro di qualche episodio burrascoso: due anni fa in un Challenger negli Stati Uniti fu squalificato per degli insulti al giudice di sedia, mentre lo scorso anno a Wimbledon lanciò addirittura delle monetine all’arbitro dopo la sconfitta. Stavolta sembra avere poche colpe, ma l’episodio ha comunque acceso di nuovo i riflettori sul carattere fumoso dei giovani della Next Gen. Qualcosa a cui il tennis di vertice non è abituato, o meglio, non è più abituato. Specialmente in certi periodi storici le sfuriate dei big erano all’ordine del giorno, con John McEnroe e Jimmy Connors a trainare il gruppo, mentre oggi tutti i più forti si sono uniformati ai dettami del politically correct, e capita davvero raramente di vederli perdere la pazienza. I giovani, invece, incappano spesso in atteggiamenti sopra le righe. Sicuramente l’età fa la sua bella parte, ma in certi casi è anche questione di carattere. Alexander Zverev non è propriamente noto per la sua simpatia, e di recente sta lasciando ai tornei parecchie racchette andate in frantumi, Nick Kyrgios ne ha già combinate tante e c’è da scommettere che ne combinerà ancora, Denis Shapovalov ha fatto un occhio nero a un giudice di sedia con una pallata (non era assolutamente sua intenzione, ma è successo), e pure Andrey Rublev si è già fatto qualche nemico nello spogliatoio. Un paio d’anni fa si beccò del “maleducato” da Fernando Verdasco, e qualche mese dopo mancò di rispetto a Tommy Robredo, quando dopo una sconfitta disse che nel giro di un anno l’avrebbe battuto senza difficoltà. Aveva ragione, ma resta una frase che i campioni attuali non avrebbero detto nemmeno sotto tortura. Ne consegue che il tennis del futuro, dopo una generazione ricchissima di campioni ma avara di pepe, potrebbe essere un tantino più movimentato. Può piacere o meno, ma non è necessariamente un male.
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