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Martina Trevisan, la giornata più bella dopo la lotta con 'i demoni'

Grande promessa a 16 anni, Martina dal 2010 al 2014 aveva lasciato il tennis, bloccata dalla pressione, dagli infortuni e da una nemica insidiosa: l'anoressia. Con l'aiuto dello staff del centro federale di Tirrenia è risalita al numero 154 del mondo, e finalmente, contro la Bouchard, a Melbourne ha coronato il suo sogno: qualificarsi in uno Slam

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foto Ray Giubilo

Anno di grazia tennistico 2014: Martina Trevisan inizia la sua seconda vita, Eugenie Bouchard arriva in semifinale agli Australian Open e al Roland Garros, in finale a Wimbledon. In ottobre è numero 5 del mondo.

Ieri, sei anni dopo, Martina e Genie si ritrovano nel turno di qualificazione degli Australian Open, il luogo geometrico che accoglie e incrocia le loro traiettorie esistenziali. L’italiana dopo aver battuto l’anoressia e ritrovato la voglia di giocare e competere è salita al numero 154. La canadese da anni è precipitata fuori dal giro che conta, numero 211 Wta in preda ad una implosione tecnica direttamente proporzionale alla sua esplosone mediatica. Vince 6-4 6-3 Martina, la ragazza dal volto da ritratto rinascimentale e dal braccio magico che per quattro anni era sembrata persa per il tennis. La ex promessa che a 16 anni arrivava in semifinale negli Slam dei piccoli e si permetteva di battere le grandi, ma che un anno dopo aveva detto basta, soffocata dalla tensione, dai problemi in famiglia, frenata dagli infortuni e dall’ansia di ripetere il cammino del fratello maggiore Matteo, una delle Grandi Promesse Perdute del nostro tennis, numero 1 juniores nel 2007, smarritosi fra scelte sbagliate (non solo sue) e troppi infortuni nel passaggio al circuito dei grandi.

Martina Trevisan abbracciata da Tathiana Garbin - foto Ray Giubilo

Vince, Martina, dopo essersi fatta rimontare nel secondo set, da 5-0 a 5-3 con il vento che spazzava il campo e Genie che sparava a tutto braccio, come ai bei tempi, e i colpi per gunta le rimanevano in campo. «Ho pensato che lei è una giocatrice con un grande passato - ha raccontato Martina - ma che anche lei sta convivendo con dei demoni, come tutte noi. E quindi ne ho approfittato facendomi vedere sempre carica e positiva per metterle pressione».

Due anni fa sempre a Melbourne la Trevisan, che oggi ha 26 anni, contro la cinese Zhu si era fermata a due punti dalla qualificazione, dal sogno Slam che ancora le mancava. «Dopo quella sconfitta ho lavorato molto sulla parte mentale, per evitare di ripetere gli stessi errori di un anno fa. Con Genie ho giocato punto su punto. E’ vero che con quel vento alla fine il braccio ha un po’ tremato, ma non mi sono fatta prendere dall'ansia e sono riuscita a giocare con lucidità». L’ultimo punto è arrivato con un ace. Poi le braccia alzate, la gioia, l’abbraccio con la capitana di Fed Cup Tathiana Garbin, che nel 2019 ha creduto in lei e l’ha convocata in Fed Cup. «E’ la giornata più bella della mia vita tennistica, questa vittoria la dedico alla mia nipotina Emma, che ha due anni».

foto Ray Giubilo

Di giornate grigie o nere Martina, fiorentina, figlia di un ex calciatore (Claudio, serie B con la Sambenedettese, C con il Modena) e di un maestra di tennis (Monica) in passato ne ha vissute tante, anzi troppe. A Pontedera per quattro anni, dopo l’addio del 2010, aveva trovato tranquillità, un ritmo regolare di vita dopo aver vinto il match più duro. «Da una parte sentivo i riflettori puntati addosso, dall’altra in casa c’era tensione, perché i miei si stavano separando», ha raccontato un paio di mesi fa alla rivista Starbene «Aggiungiamoci un paio d’incidenti fisici. Stavo male e l’anoressia ha trovato in me un’avversaria spiazzata. Ripensandoci a distanza è stato forse un modo per farmi prendere sul serio, per urlare quanto profondo fosse il mio malessere. Non mi piaceva più giocare a tennis, non mi sembrava che ne valesse più la pena. Non è certo stata una decisione presa per la paura di un confronto, venivo da un momento di grandi vittorie».

Quando si è accorta che fuori dal circuito era «serena, ma non ero felice», ha chiamato Giancarlo Palumbo al centro federale di Tirrenia. «Voglio ricominciare a giocare, mi date una mano?». La risalita è iniziata con l’Itf di Caserta, quarti di finale raggiunti dopo essere partita dalle qualificazioni, pian piano è arrivato il resto. Con a fianco il fidanzato Marco, con in testa la voglia di iniziare una carriera nuova, diversa. Di scacciare i demoni con un ace.

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