È amabile, ma sa come diventare brutale

Fra Roger Federer e l’ottavo titolo a Wimbledon è rimasto solamente lui, Marin Cilic, alla seconda finale Slam a (quasi) tre anni da quella vinta nel 2014 allo Us Open. Animato da servizio, diritto e determinazione, non ha paura di vedersela con il campione svizzero. "Dovrò scalare una montagna, ma credo nel mio tennis". Nei quarti del 2016 si è fermato a tre match-point, dodici mesi saprà può fare meglio?
Non è che Marin Cilic sia mai stato un mostro di espressività, ma ha accolto la finale a Wimbledon con una tranquillità sorprendente. Altri avrebbero trasformato il campo nel palco di uno show, mentre il croato sembrava un giocatore del passato: ha esultato, ha stretto la mano a Querrey, ha raccolto racchette, asciugamani, bottigliette d’acqua e borsone, e ha accompagnato lo statunitense verso gli spogliatoi, come da tradizione del Centre Court. Può voler dire due cose: o è stato travolto da un tornado di emozioni tale da non rendersi conto della portata del risultato, o, più probabile, non ha alcuna intenzione di accontentarsi della finale. È vero che è solamente la sua seconda in uno Slam, quindi il suo secondo miglior risultato in carriera, ma la prima l’ha vinta, quindi per il momento è ancora un passo indietro. Un passo che proverà a compiere domenica, contro un Roger Federer che invece la finale di Wimbledon la giocherà per l'undicesima volta, con l’ottavo titolo nel mirino della sua Pro Staff. A provare a negargli il record è rimasto solamente lui, che nell’eterna sfida fra Fab Four e resto del mondo porta il testimone di tutti gli altri, di quelli che dal 2003 hanno provato quattordici volte a togliere il titolo di Wimbledon a uno del famoso quartetto, ma non ce l’hanno mai fatta. Anzi, solo quattro di loro sono riusciti ad arrivare in finale, prima Mark Philippoussis, poi tre volte Andy Roddick, quindi una Tomas Berdych e una Milos Raonic, ma il finale è stato lo stesso per tutti: i complimenti del big di turno, un bel piatto da mettere in salotto come ricordo e la soddisfazione per esserci andati vicino a mitigare il sapore del fallimento. Un sapore che Cilic nei grandi tornei non conosce, visto che ha giocato una finale Slam e una finale Masters 1000 e le ha vinte entrambe, e si augura di non dover assaggiare fra un paio di giorni.
LA LEZIONE DI DODICI MESI FA
Quando Cilic ha parlato davanti ai giornalisti non sapeva ancora se il suo avversario sarebbe stato Roger Federer o Tomas Berdych, ma era già piuttosto chiaro a tutti, tanto che il croato non si è sottratto alle domande sul campione di Basilea. “Questo – ha detto – è il suo campo di casa, il posto dove si sente meglio e sa che può giocare il suo miglior tennis. Roger sta probabilmente giocando il miglior tennis della sua carriera, e so che sarà una battaglia difficilissima”. I due ripartiranno dal 6-7 4-6 6-3 7-6 6-3 del quarto di finale di dodici mesi fa, quando dopo due set e mezzo di impotenza tennistica, sbattuto da una parte all’altra del campo senza la minima possibilità di farsi pericoloso, Federer trovò il modo per ribaltare l’equilibrio e andare a vincere, cancellando tre match-point nel quarto set. “Se mi guardo indietro vedo un match in cui sono stato per tre volte a un solo punto dal batterlo. Col senno di poi posso dire di non aver giocato magari nel modo giusto in certi frangenti, ma anche quella sconfitta mi è servita da lezione. Una lezione di qualità. So di avere di fronte una montagna da scalare, ma credo nelle mie abilità e credo di potercela fare. Credo di essere pronto, e rispetto a dodici mesi fa gioco meglio e mi sento più forte mentalmente. Poi certo, è sempre una finale. Non è facile convivere con la pressione di una finale, e saper controllare le emozioni all’ingresso sul Centre Court. Ma ripeto, sto giocando bene, credo nel mio tennis e penso di avere le qualità per vincere. Questo mi dà un sacco di fiducia in vista del match”.
LA LEGGE DELLA D: DETERMINAZIONE E DIRITTO
La sua stagione è svoltata col titolo a Istanbul, ma non per caso. Dietro la crescita costante c’è il lavoro con Jonas Bjorkman e tutto il suo team. Cilic ha confessato di aver cambiato la routine negli allenamenti, e che i progressi l’hanno aiutato a diventare sempre più forte mentalmente. Contro Querrey lo è stato in più frangenti, trovando immediatamente la forza per reagire dopo un tie-break del primo set che non avrebbe dovuto perdere, e poi per rialzarsi da 2-4 al quarto e chiudere in volata, evitando un nuovo tie-break che – i primi due l’hanno mostrato – poteva sfuggire per un solo errore. “Se devo sceglierne uno – ha detto – la forza mentale è l’aspetto che più mi è piaciuto della mia semifinale. Nelle situazioni delicate sono stato perfetto, e in tutto il match ho tenuto un livello molto alto”. Una cattiva notizia per Federer, visto che in una finale Slam il controllo dei nervi può essere fondamentale, e la determinazione di Cilic può diventare più pericolosa del suo diritto. E anche se lo svizzero parte con un quintale di esperienza in più, la posta in palio è talmente alta che non sarà rilassato nemmeno lui. Quando gli hanno chiesto se si sente pronto a battere chiunque, il numero 6 del mondo ci ha un po’ girato intorno, spiegando di sentirsi pronto per giocare un grande tennis anche nelle fasi finali dei grandi tornei. In pratica, ha detto di sì senza dire di sì, per non peccare di arroganza e restare fedele a un atteggiamento che l’ha fatto apprezzare da tutti i colleghi. Federer l’ha addirittura definito “amabile”, ma in campo Cilic sa come diventare brutale e stavolta sembra pericoloso sul serio, e pronto a dare il 101% per eguagliare il connazionale Goran Ivanisevic, campione sui prati dell'All England Club nel 2001. “Non avevo ancora compiuto 13 anni – ha detto Cilic – e mi ricordo che fu una grande festa. Ho riguardato un sacco di volte le celebrazioni su YouTube, e tutti in Croazia ricordano dove fossero quel giorno”. Lui? A un camp estivo di tennis. Sognando di regalare al suo Paese un altro 9 luglio 2001.
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