Marco Caldara
23 August 2017

Match maschili 2 su 3 anche negli Slam?

Si discute spesso della possibilità di far giocare le donne al meglio dei cinque set negli Slam, e se invece si facesse il contrario, riducendo alla formula due su tre anche i match maschili? Negli Stati Uniti l’idea tiene banco da anni, ed è sponsorizzata dal recente periodo ricco di infortuni. Sembra di difficile realizzazione, ma ha i suoi pro e strizza l’occhio alle tv. E a New York succedeva già quarant’anni fa…
Il caso ha la sua bella fetta di responsabilità, ma di recente non era mai capitato un periodo così ricco di forfait da parte dei big della racchetta. Il Western & Southern Open di Cincinnati, primo Masters 1000 con soli tre top-10 dal lontano 1996, ha dato voce al problema, e lo Us Open in arrivo parte con premesse simili. Dei big dovrebbero mancarne solamente tre, ma due sono i finalisti della passata edizione e il terzo è Kei Nishikori, che a Flushing Meadows giunse in semifinale. In più, ci sono dubbi sulle condizioni di Andy Murray, che non gioca da Wimbledon per il noto problema all’anca, e anche su quelle di Roger Federer, che in via precauzionale ha saltato Cincinnati per non forzare la schiena dolorante a Montreal, ma ancora non ha parlato con chiarezza del suo problema. Una situazione che ha fatto riemergere vecchi e variegati discorsi sul calendario ATP, che a detta di molti impone un ritmo eccessivo ai giocatori, chiedendo uno sforzo psicofisico che è in pole position fra le cause della moria estiva dei grandi. Uno dei sostenitori della causa è Rafael Nadal, tornato in vetta alla classifica dopo parecchio tempo. Al motto di “non abbiamo più vent’anni” il maiorchino ha rispolverato l’idea del ranking biennale, interessante per dare respiro ai top player e proteggerne la posizione in classifica in caso di infortuni di media e lunga durata, ma deleteria per tutti coloro che stanno dietro, che si troverebbero obbligati a faticare il doppio per scalare la classifica. Visto che l’intenzione dell’International Tennis Federation è esattamente l’opposto, come dimostrato dagli studi che hanno condotto alla nascita dal 2019 dell’ITF Transition Tour, difficilmente l’idea verrà presa in considerazione. Ma ce n’è anche una seconda, che negli Stati Uniti torna a tener banco ogni anno nel periodo pre-Us Open, e ha di nuovo fatto il giro del mondo dopo una dichiarazione di Judith Murray, mamma di Andy ma anche personaggio di spicco del tennis britannico. E se anche gli uomini giocassero al meglio dei tre set nei tornei del Grande Slam?
DONNE 3 SU 5? NO, L’ESATTO OPPOSTO
Mamma Murray ne ha parlato durante una discussione all'Edinburgh International Book Festival, rispondendo in realtà a una domanda sul discorso opposto, ovvero la possibilità di vedere anche le donne giocare al meglio dei cinque. “Se dovessi scegliere preferirei vedere gli uomini giocare 2 su 3”, ha spiegato, aprendo un nuovo orizzonte. Nei discorsi sulla parità di montepremi si è sempre evidenziato che, per chiudere definitivamente ogni dibattito, le donne dovrebbero giocare con la stessa formula degli uomini, ma non è quasi mai stato preso in considerazione il discorso opposto. “Per prima cosa – ha aggiunto Judy – per far giocare 3 su 5 anche il torneo femminile servirebbero sia più tempo sia più campi, ma non credo sia l’ideale. I cinque set sono spesso garanzia di spettacolo, ma possono tenere in campo i giocatori per quattro, cinque ore. Gli incontri diventano molto molto dispendiosi fisicamente, ed è per questo che la gran parte dei big non gioca mai doppio e doppio misto. Il singolare porta via troppe energie”. L’idea sembra un po’ esagerata, ma anche perché va a mettere in discussione il sistema Slam, una delle poche cose che nel tennis attuale mette tutti d’accordo. Certo, a Melbourne fa un caldo terribile, a Parigi manca il tetto sul Centrale, quest’anno a Wimbledon i campi erano in condizioni peggiori del solito e a New York c’è sempre troppo trambusto, ma la parte sportiva (ed economica) soddisfa tutti. Eppure, è indubbio che siano i tornei più dispendiosi dal punto di vista fisico e mentale, e la ragione non è solo il prestigio, ma anche l’obbligo di giocare sempre al meglio dei cinque set. Fa parte del regolamento, del fascino degli Slam ed è anche l’unica – o quasi – differenza con tutti gli altri tornei del mondo, ma nell’arco di un’intera stagione, per chi arrivare spesso in fondo, la fatica extra può pesare eccome.
IL PRECEDENTE DI QUARANT’ANNI FA
Qualcuno si appellerà al fatto che non solo la formula degli Slam è sempre rimasta la stessa, ma addirittura un tempo i tornei al meglio dei cinque set erano molti di più, quindi perché introdurre una modifica sulla scia di qualche infortunio in più del solito? Tuttavia, anche la visione degli Slam da parte dei giocatori è profondamente cambiata. Un tempo l’Australian Open era la gamba zoppa dei Major, tanto che alcuni big preferivano addirittura evitare la trasferta dall’altra parte del mondo, mentre a Wimbledon gli scambi (e la fatica) erano un quarto di quelli attuali e il Roland Garros non faceva affatto impazzire numerose star, come Sampras, Edberg, McEnroe, Becker e Connors. Lo giocavano, ma con la mente già proiettata all’erba. Oggi, invece, l’Australian Open è diventato lo Slam preferito di un sacco di giocatori, e tutti forzano la preparazione per presentarsi già al 100% nella terza settimana dell’anno; a Wimbledon si lotta tranquillamente punto su punto come altrove e l’allergia a Parigi è stata superata da tutti. Risultato: gli Slam sono veramente quattro, per chiunque. E tutti dispendiosi in ugual modo. Un fatto che contribuisce alle idee di cambiamento. Per ora sono solo opinioni, ma in un tennis sempre più governato dalle tv, che spingono per velocizzare il gioco, non sarebbe una sorpresa se prima o poi venissero prese in considerazione. Come non lo sarebbe trovare a capeggiare la proposta proprio lo Us Open, che dei quattro Major è il più pressato dei diritti televisivi, “schiavo” del maxi contratto da 825 milioni di dollari (per 11 anni) con ESPN. Quello di New York è da sempre il torneo innovatore: è stato il primo a introdurre il tie-break, poi la sessione serale, poi l’occhio di falco, e non è nemmeno nuovo ai due set su tre nel maschile, già utilizzati negli Anni ’70. Fu così nei primi tre-quattro turni, per quattro edizioni in tutto: nel triennio di terra verde a Forest Hills, dal 1975 al 1977, e anche nella prima edizione giocata a Flushing Meadows (1978). Poi, dal 1979, decisero di tornare al best of five già dal primo round. Quarant’anni dopo, il mondo del tennis inizia a chiedersi se non ci avessero visto lungo...
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