Un pazzo, un folle, un sognatore. Scegliete il sostantivo che preferite.
Richard Williams ha vinto, nel tennis e nella vita.
Partito dalla Louisiana, reduce da un'adolescenza non facile, ha puntato in alto e ha trionfato. Ha trionfato quando, un giorno, mentre faceva zapping con il telecomando si è imbattuto in una partita di tennis, sport di cui non sapeva nulla. Papà Williams vide Virginia Ruzici vincere il Roland Garros e intascare un assegno di 40.000 dollari. Così andò dalla moglie Oracene e le disse: “Avremo due figlie, le faremo giocare a tennis e diventeremo ricchi”.
L’ADOLESCENZA IN LOUSIANA
Ossessionato dalla ricchezza e da un riscatto morale, Richard Williams non ha avuto vita facile. E’ cresciuto nell'odio dovuto dall’intolleranza razziale, arrivando addirittura a scontrarsi con alcuni membri del Ku Klux Klan. Suo padre ha abusato della madre e l’ha abbandonata con cinque figli da crescere. “Da quando posseggo la coscienza odio il mio nome perché non è stato accompagnato dall’amore di mio padre. Mi ricorderà sempre l’uomo che mi ha lasciato solo e ha abusato di mia madre” scrive Richard nel suo libro “Black and White: the way I see it” (Bianchi e neri: ecco come la vedo io.). Nell'autobiografia racconta che il padre (che viene nominato con le sole iniziali), una volta, non fece niente per provare a salvare il figlio sanguinante, immerso in una rissa con i bianchi: “Visto che mio padre non mi ha dato nulla, ho deciso che avrei dato alla mia famiglia tutto quello che avevo” racconta Richard.
IL TRASFERIMENTO A COMPTON
La ricchezza gli era ancora sconosciuta, ma Richard aveva un piano in mente: “Ho scritto 85 pagine di programmazione per Venus e un piano anche per Serena: cosa mi auguravo, cosa avrei dovuto fare per loro, come ci saremmo dovuti muovere”. Ma anche a Compton è stata dura. Le gang della zona considerarono il campo da tennis, dove le sorelle si allevano, il loro territorio e presto iniziarono a volteggiare intorno al padre. “Abbiamo fatto a cazzotti così tante volte che alla fine si sono stancati - racconta Richard - Mi dicevano “Ti abbiamo picchiato ieri” e io gli rispondevo “Datemele anche oggi!” E così le prendevo ogni santo giorno. Un giorno mi fecero saltare un paio di denti, la cosa buffa è che avevamo un bravissimo dentista in zona che voleva rimettermeli. Io gli dissi: “Non farlo, tanto prima o poi me li faranno saltare ancora tutti.” Me ne hanno fatti saltare parecchi ma alla fine ho vinto.” Del resto Richard sa bene che quel clima, paradossalmente, ha aiutato Venus e Serena a crescere con la mentalità giusta. Quando un giornalista del “New Yorker” gli ha chiesto: “Come hanno fatto le tue figlie a diventare così forti caratterialmente?”, ha risposto senza sensi di colpa: “Hanno dovuto correre per salvarsi. Nel ghetto non importa di che colore sei, devi correre se vuoi salvarti.” Anche Serena ricorda bene quegli anni: quando le chiesero un commento sul tifo eccessivo a favore della sua avversaria (Parigi Indoor 1999, primo titolo in carriera contro Amelie Mauresmo), rispose: “Siamo in Francia e ho giocato contro una francese. Però vedete, io non sono cresciuta al Country Club. Sono cresciuta giocando a tennis in un posto dove, in qualsiasi momento, per strada poteva esserci qualcuno che iniziava a sparare”.