Sara Montanelli
31 January 2017

L'importanza di essere Richard Williams

Se un padre italiano portasse due figlie in un quartiere malfamato per avvicinarle al tennis, con lo scopo di diventare ricco, gli daremmo del folle. Un uomo simile, però, è nato nel 1942 a Shreveport, in Louisiana: si chiama Richard Williams. Un uomo che ha vinto la sua battaglia.

Un pazzo, un folle, un sognatore. Scegliete il sostantivo che preferite.
Richard Williams ha vinto, nel tennis e nella vita. 
Partito dalla Louisiana, reduce da un'adolescenza non facile, ha puntato in alto e ha trionfato. Ha trionfato quando, un giorno, mentre faceva zapping con il telecomando si è imbattuto in una partita di tennis, sport di cui non sapeva nulla. Papà Williams vide Virginia Ruzici vincere il Roland Garros e intascare un assegno di 40.000 dollari. Così andò dalla moglie Oracene e le disse: “Avremo due figlie, le faremo giocare a tennis e diventeremo ricchi”.

L’ADOLESCENZA IN LOUSIANA
Ossessionato dalla ricchezza e da un riscatto morale, Richard Williams non ha avuto vita facile. E’ cresciuto nell'odio dovuto dall’intolleranza razziale, arrivando addirittura a scontrarsi con alcuni membri del Ku Klux Klan. Suo padre ha abusato della madre e l’ha abbandonata con cinque figli da crescere. “Da quando posseggo la coscienza odio il mio nome perché non è stato accompagnato dall’amore di mio padre. Mi ricorderà sempre l’uomo che mi ha lasciato solo e ha abusato di mia madre” scrive Richard nel suo libro “Black and White: the way I see it” (Bianchi e neri: ecco come la vedo io.). Nell'autobiografia racconta che il padre (che viene nominato con le sole iniziali), una volta, non fece niente per provare a salvare il figlio sanguinante, immerso in una rissa con i bianchi: “Visto che mio padre non mi ha dato nulla, ho deciso che avrei dato alla mia famiglia tutto quello che avevo” racconta Richard. 

IL TRASFERIMENTO A COMPTON 
La ricchezza gli era ancora sconosciuta, ma Richard aveva un piano in mente: “Ho scritto 85 pagine di programmazione per Venus e un piano anche per Serena: cosa mi auguravo, cosa avrei dovuto fare per loro, come ci saremmo dovuti muovere”. Ma anche a Compton è stata dura. Le gang della zona considerarono il campo da tennis, dove le sorelle si allevano, il loro territorio e presto iniziarono a volteggiare intorno al padre. “Abbiamo fatto a cazzotti così tante volte che alla fine si sono stancati - racconta Richard - Mi dicevano “Ti abbiamo picchiato ieri” e io gli rispondevo “Datemele anche oggi!” E così le prendevo ogni santo giorno. Un giorno mi fecero saltare un paio di denti, la cosa buffa è che avevamo un bravissimo dentista in zona che voleva rimettermeli. Io gli dissi: “Non farlo, tanto prima o poi me li faranno saltare ancora tutti.” Me ne hanno fatti saltare parecchi ma alla fine ho vinto.” Del resto Richard sa bene che quel clima, paradossalmente, ha aiutato Venus e Serena a crescere con la mentalità giusta. Quando un giornalista del “New Yorker” gli ha chiesto: “Come hanno fatto le tue figlie a diventare così forti caratterialmente?”, ha risposto senza sensi di colpa: “Hanno dovuto correre per salvarsi. Nel ghetto non importa di che colore sei, devi correre se vuoi salvarti.” Anche Serena ricorda bene quegli anni: quando le chiesero un commento sul tifo eccessivo a favore della sua avversaria (Parigi Indoor 1999, primo titolo in carriera contro Amelie Mauresmo), rispose: “Siamo in Francia e ho giocato contro una francese. Però vedete, io non sono cresciuta al Country Club. Sono cresciuta giocando a tennis in un posto dove, in qualsiasi momento, per strada poteva esserci qualcuno che iniziava a sparare”.

FOLLE O GENIO? 
Spesso i genitori-coach hanno un passato da sportivi. Per Richard non è stato così: si è dovuto inventare, partendo da zero. Per le due sorelle è stato sia preparatore che coach mentale, fino a quando non ha raggiunto l’obiettivo. Le idee erano chiare: Venus e Serena non avrebbero dovuto fare tornei giovanili, ma finire dritte nel circuito Pro. Sono sempre state pronte a tutto, le sorelle: Serena, in un’intervista con Fabio Fazio durante la trasmissione “Che tempo che fa” ha raccontato che il padre le portava con un pullmino giallo Volkswagen ad allenarsi, e che durante gli allenamenti pagava dei ragazzini che stessero a bordo campo per insultarle in modo che si abituassero all’idea. Sapeva che in futuro sarebbero potute accadere situazioni simili, come il famoso episodio di Indian Wells 2001, quando Serena fu fischiata perché Venus rinunciò ad affrontarla in semifinale. “Papà è un uomo intelligentissimo - racconta Serena - E’ stato un precursore dei suoi tempi. A volte la gente ti urla qualcosa perché vuole che tu vinca, ma c’è anche chi urla contro di te perché vogliono che vinca la tua avversaria. Addirittura ci sono persone che impazziscono e ti gridano di tutto. Papà voleva che fossimo pronte a tutto. Senza neppure saperlo siamo riuscite a prepararci mentalmente per affrontare qualsiasi cosa”, Sempre da Fazio, Serena racconta che il padre le faceva giocare con palle da tennis vecchie e sgonfie “A suo dire, riuscendo a giocare con quelle, non avremmo avuto nessun problema a giocare con quelle nuove.” Come se non bastasse, quando le figlie erano piccole aveva comprato una videocamera per realizzare false interviste: “Guardo da sempre la gente in TV - racconta Richard - mi sono comprato una telecamera, così ho cominciato a riprendermi allo specchio fingendo di rispondere a delle interviste, e l’ho fatto fare anche alle ragazze. Io lo chiamo media training, le ho preparate anche sotto questo punto di vista”. Per le tecniche di perfezionamento le faceva giocare con una mazza da baseball. Come se non bastasse, per renderle più forti fisicamente faceva scagliare loro le racchette, a mò di giavellotto: “Ho insegnato alle ragazze a lanciare la racchetta, facevano una torsione e la scagliavano lontano. Ho deciso così perché la maggior parte delle ragazze non lancia bene ed è per questo che hanno problemi con il servizio. I maschi imparano a tirare le cose quando sono ancora bambini. Nessuno glielo insegna. Prendono i sassi e li tirano. Alle ragazze, invece, ho dovuto insegnare a lanciare la racchetta. In questo modo, si divertivano imparando” Nel quartier generale di Compton, tappezzava il campo da tennis con frasi di incitamento, ad esempio “Serena, devi imparare ad ascoltare”, poi, in un video spiega “Una volta che Serena avrà imparato ad ascoltare, neanche tutte le creature dell’inferno potranno fermarla, credetemi. Ascoltare è lo strumento più utile che io conosca.” 

L’IMPORTANZA DI MAMMA ORACENE 
Nonostante la determinazione del padre, anche mamma Oracene ha avuto un ruolo fondamentale nella vita delle figlie. Si è subito resa conto che il tennis non doveva essere tutto. Andavano curate anche l’educazione e la serenità delle ragazze, e su un argomento si è impuntata: le ragazze dovevano terminare gli studi, crescere e capire che la vita non si esaurisce tra racchette e palline. Richard, invece, pensava solo al tennis e non ha mai lasciato che le vittorie delle figlie passassero inosservate. Durante la cerimonia di consegna del diploma elementare, salì sul palco e presentò a tutti Serena: “Questa bambina ha giocato 49 partite perdendone solo 3, una di queste da sua sorella Venus.”. Tra le due non c'è mai stata rivalità, Oracene le ha sempre esortate a stare unite: il tennis non è per sempre, la famiglia sì. Ha sempre insegnato a non vedere l’altra come una rivale, bensì come una complice. Lo hanno dimostrato, ancora una volta, durante la premiazione dell’Australian Open. 

L’AUGURIO
Quando tutti questi successi non erano ancora in programma, o per lo meno lo erano solo nella testa dell’uomo della Louisiana, Richard Williams passò il testimone alle figlie, una sorta di “io ho fatto di tutto, ora tocca a voi.” Racconta in un documentario il suo augurio, non solo per il tennis, ma per la vita in generale: “Spero di aver dato a Serena e a Venus le migliori opportunità per dare il meglio, adesso dipende tutto da loro. Devono darsi da fare, devono vedere se stesse in quel ruolo, devono pianificare la loro vita. Devono volerlo, e se lo vorranno veramente ce la faranno”. Il vecchio saggio con la barba lunga e la pipa in bocca non si sbagliava. 

IL LIETO FINE
Questa storia, iniziata con un bambino senza l’amore della figura paterna e con una madre violentata, racconta un lieto fine. Lo hanno scritto loro, Serena e Venus, in uno degli ultimi capitoli di un libro pieno di successi. Il loro amore è emerso dopo la finale dell'Australian Open, nel lungo abbraccio post-match e durante la premiazione, quando Venus ha presentato alla Rod Laver Arena Serena: “Questa è la mia sorellina. Brava Serena, ti sono sempre stata vicina, ho subito tante sconfitte da te. Ma oggi è stato stupendo. Lo sai, una tua vittoria è anche una mia vittoria. Sono estremamente orgogliosa di te, per me sei importantissima.”  Poi il microfono è passato nelle mani di Serena, tornata numero 1 del mondo grazie alla vittoria: “Voglio congratularmi con Venus, una persona straordinaria. Non sarei a 23 titoli dello Slam senza di te. Non avrei vinto niente senza di te, è l’unico motivo per cui sono ancora qui. Esistono le sorelle Williams perché tu mi hai ispirato; ogni volta che vincevi una partita mi dicevo “devo vincere anch’io”. E’ stato straordinario quello che sei riuscita a fare.” Poi si rivolge ai media: “Non mi piace la parola “ritorno”, Venus non se n’è mai andata.” Chiamatelo come vi pare: un pazzo, un folle, un sognatore. Richard Williams ha vinto la partita più importante: oggi è padre di 44 titoli dello Slam, doppi inclusi. E il suo nome non lo fa più vergognare.   

AUSTRALIAN OPEN: LA FINALE IN FAMIGLIA
IL RITORNO A COMPTON DI VENUS E SERENA
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