L'esordio è rumoroso, ma resta positivo

Dopo le polemiche – esagerate – per la cerimonia del sorteggio, la prima giornata delle Next Gen ATP Finals scatta in salita, con 40 minuti di ritardo per un problema alle tribune. Fortuna che il tennis va veloce e l'impianto costruito a Rho calza a pennello sul format avveniristico. Primi successi a Medvedev e Chung, ma la vera vittoria è dell'Hawk-Eye Live.
Se l’obiettivo delle nuove regole in via di sperimentazione alle Next Gen ATP Finals è quello di risparmiare tempo, tuffarsi nel futuro con 40 minuti di ritardo non è esattamente l’ideale. Tribune ancora da completare, dirà l’occhio. Attesa dell’agibilità, dice invece qualche gola profonda all’interno dell’impianto. Fatto sta che a rimetterci (e alzare la voce) sono stati coloro che dal Padiglione 1 del polo fieristico di Rho erano ancora chiusi fuori quando i match sarebbero già dovuti iniziare. Fortuna che poi il tunnel d’ingresso è un capolavoro della tecnologia, e almeno il tennis va veloce. Come promesso. Dall’ingresso in campo di Karen Khachanov, secondo giocatore, al primo servizio di Daniil Medvedev passano 5 minuti e 40 secondi. Piccolissimo ritardo (sarebbero 5 minuti), ma più che tollerabile. Anche il resto è tutto come previsto, con il contrasto fra il campo vintage senza corridoi che profuma di Masters Anni ’90, e l’occhio di falco in tempo reale, forse la novità più curiosa – e facile da riproporre a tempo pieno – fra tutte quelle in campo a Milano. I tecnici di Hawk-Eye l’hanno studiato per 18 mesi, testato e ri-testato, ma il rischio che qualcosa vada storto c’è sempre. E allora i giudici di linea ci sono comunque, disoccupati, e si aggirano per l’impianto girandosi i pollici con la speranza che il nuovo sistema faccia il proprio dovere. “Se si blocca è un problema: dobbiamo correre a cambiarci, devono portare in campo le sedie, ci vuole un po’ di tempo”, dice Francesca. Ma per fortuna, almeno nei primi due incontri, il problema non si presenta. Le chiamate “fault” e “out” in stile Virtua Tennis, prodotte direttamente dal computer, sono immediate, e col passare dei set va a regime anche il sistema che mostra sul monitor le palline (fuori) cadute molto vicine alla riga. Servizio fondamentale per fugare i dubbi, di chi gioca e di chi guarda. Nei primi due set di Khachanov-Medvedev il sistema si perde un paio di chiamate, costringendo Carlos Bernardes a metterci il becco, ma le due palle sono palesemente lunghe, quindi zero polemiche. E poi è il giorno zero per tutti, tecnologia compresa. Si può perdonare anche quella.
MEDVEDEV PROMUOVE LE REGOLE, KHACHANOV NO
Per assurdo, il ritardo nell’ingresso del pubblico, e il desiderio di accelerare i tempi una volta aperti i cancelli, ha fatto sì che l’intero primo set (e oltre) del match inaugurale sia diventato l’occasione perfetta per capire gli effetti della regola che permette al pubblico di muoversi a piacimento sui lati lunghi delle tribune. La situazione era estrema, con frotte di persone che si muovevano a destra e a manca per raggiungere il proprio posto, ma a parte un po’ di brusio di sottofondo il disturbo arrecato ai giocatori è sembrato pressoché nullo. I due russi hanno giocato senza battere ciglio, fermandosi solo quando nel secondo game del terzo set a Bernardes è scappato un “let” proprio sul servizio. Normale, per chi lo chiama da una vita. Un po’ meno normale vedere a fine set entrambi i giocatori seduti con le cuffie alle orecchie e il dito sull’iPad. Musica? Macché. Sul tablet ci sono le statistiche del match, mentre le cuffie servono per confrontarsi coi rispettivi coach, per qualche consiglio ma senza l’ingresso in campo in stile WTA, che televisivamente però può funzionare eccome. Le parole di Galo Blanco non bastano a traghettare Khachanov al successo: i pochi punti decisivi danno ragione a Medvedev, che dopo aver perso il primo set azzecca due tie-break su due, completa la rimonta nel quarto e malgrado i crampi nel finale (dopo meno di due ore: strano) chiude 2-4 4-3 4-3 4-2. E promuove le nuove regole. “Mi sono piaciute molto – ha detto in conferenza stampa – e non lo dico perché quando mi sono venuti i crampi mi mancava un solo game. È stato divertente. La differenza più grande è l’obbligo di stare sempre attentissimi dall’inizio alla fine. Non puoi prenderti un solo momento di relax: io ho preso break nel primo game e ho perso il set, in 20 minuti. È molto impegnativo”. Sarà curioso sentirlo in caso di sconfitta nel prossimo match, visto che Khachanov è parso molto meno felice delle novità. Leggendo fra le righe, il suo pensiero è di un format costruito troppo per il pubblico, a scapito dei giocatori.
CRESCE L’INTRATTENIMENTO, MA QUEL “NO LET”…
I tie-break sono stati fatali anche a Denis Shapovalov, forse il più atteso dal pubblico, o di sicuro il più amato, vuoi per quel look da vero teenager, col cappellino all'indietro portato 23 ore su 24, l’aria da personaggio o soprattutto lo splendido rovescio a una mano. Mancino. Peccato che, malgrado i grandi risultati dell’estate, il biondino canadese sia il meno giocatore di tutti i Next Gen milanesi, e in campo si vede. Spesso e volentieri si porta a casa l’hot-shot, ma per vincere le partite – purtroppo o per fortuna – serve soprattutto altro. Hyeon Chung l’altro lo fa meglio, e dopo un set di adattamento perso alla Medvedev per un maledetto break in avvio, chiude 1-4 4-3 4-3 4-1, dopo un’ora e 35 minuti. Una durata da 6-4 6-4, ma con una piccola rimonta e due tie-break a scaldare l’atmosfera. Quando l’ATP parla di aumentare l’intrattenimento, intende esattamente questo, insieme a uno stadio in stile O2 Arena, con suoni, luci e colori. Quello, escludendo i ritocchi last minute delle 14, pare davvero azzeccatissimo per l’evento. Tanto da far immediatamente pensare che dopo una “prima” in uno spazio così grande, con tanto di Teatro alla Scala riprodotto a favore di telecamera, traslocare nel più piccolo PalaLido sarebbe un ridimensionamento forse eccessivo. Per il resto, in attesa di conoscere l’opinione di tutti i giocatori (anche se col politically correct che vige nel tennis sarà dura avere pensieri nudi e crudi) la regola più indigesta a chi guarda è l’abolizione del let. Capita talmente poche volte di dover ripetere un servizio che il tempo perso è pochissimo, e soprattutto si evita di dare un ruolo ancor più importante alla sorte. Basta guardare ciò che è successo a Shapovalov sul 3-1 del quarto set, 15-15. Il canadese stava provando a costruirsi un’ultima chance per rientrare nel match, ma il servizio di Chung è sbattuto sul nastro ed è caduto appena dopo la rete. Shapovalov ci è arrivato come una scheggia, e si è difeso alla meno peggio dal bombardamento al corpo del coreano. Una volèe, due, tre, fino a che la quarta è finita inevitabilmente larga, e non gli è restato che allargare le braccia, come a dire “io che ci posso fare?”. Contro la sfortuna nulla. Solo augurarsi che resti così il meno possibile.

NEX GEN ATP FINALS – Martedì 7 novembre
Daniil Medvedev (RUS) b. Karen Khachanov (RUS) 2-4 4-3 4-3 4-2
Hyeon Chung (KOR) b. Denis Shapovalov (CAN) 1-4 4-3 4-3 4-1
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