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Le lacrime di Nadal: «Titolo non scontato»

PAROLA AL VINCITORE - "Nello sport il limite non esiste: bisogna sempre provare a migliorarsi, altrimenti svanisce l'essenza dello sport stesso". Parola di un Rafael Nadal particolarmente riflessivo, nella sua conferenza stampa dopo il successo al Roland Garros. "Voglio continuare a gustarmi questi momenti, e andare avanti fino a quando il mio corpo me lo permetterà".
11 titoli nello stesso posto, e la forza di dare a tutti un peso diverso, fino a commuoversi per uno dei più scontati. Rafael Nadal è così: per lui di ovvio non c'è proprio nulla, alle certezze preferisce i dubbi ed è in questo modo che ha costruito buona parte dei suoi record, che anno dopo anno si guadagnano un posto sempre più importante nella storia dello sport, non solo del tennis. Il segreto? Per lui è semplice: continuare a lavorare per migliorarsi. Anche a 32 anni, da numero uno del mondo, e senza più nulla da dimostrare. Temi che ha toccato nella conferenza stampa post-vittoria, di cui vi proponiamo i passaggi più interessanti.

“È un po’ difficile spiegare il perché delle lacrime, perché è qualcosa che viene naturale. Nella mia carriera ho ottenuto molto più di quanto avrei mai sognato, ma ho avuto anche tanti periodi difficili, a causa degli infortuni. Sono arrivato con qualche dubbio a questa stagione sulla terra, perché arrivavo da cinque mesi senza giocare un torneo. Dopo un periodo di stop così lungo, avere la possibilità di vincere a Monte-Carlo, a Roma e specialmente qui a Parigi è qualcosa di molto emozionante. È stato un momento speciale, come il minuto di applausi da parte del pubblico. È complicato descrivere come mi sono sentito: ero davvero emozionato”.

“Non puoi combattere contro l’età e contro il tempo. L’orologio va sempre avanti. Se mi avessero detto sette o otto anni fa che oggi, a 32 anni, sarei stato qui con questo trofeo accanto a me avrei risposto che sarebbe stato quasi impossibile, invece eccoci qui. Non sono particolarmente spaventato dal futuro. Dico sempre la stessa cosa: il tennis è senza dubbio una parte molto importante della mia vita, ma non è tutto. Ho un sacco di altre cose che mi rendono felici, e non mi preoccupo di ciò che verrà. Mi godo il momento. Oggi è un giorno speciale, e mi godo ogni giorno e ogni possibilità che questo lavoro mi permette di vivere. Voglio solo continuare a gustarmi questi momenti, e andare avanti fino a quando il mio corpo me lo permetterà”.

“Ho una grande ambizione e una grande passione per ciò che faccio, ma non sono mai andato matto per i numeri o i record. Una persona non può essere frustrata se qualcuno ha più soldi, se qualcuno ha una casa più grande, e nemmeno se qualcuno ha più titoli Slam. Non si può vivere con certi pensieri, ognuno deve pensare a se stesso e a ciò che ha, ed essere felice di quello. Non sono il genere di persona che guarda ciò che hanno gli altri, io sono felice per loro e mi sento fortunato per quanto di buono mi è successo nella mia carriera. Certamente in futuro mi piacerebbe avere 20 titoli Slam come Roger, e anche di più, ma onestamente non è un pensiero che faccio. L’unica cosa che penso è che ho appena vinto un altro titolo molto importante, aggiungendo un altro Slam al mio palmarès. 17 è un numero incredibile”.
“Ogni finale è diversa, ma è vero che a un certo punto iniziano a presentarsi delle situazioni già vissute. Quindi è normale, col tempo, imparare a capirle meglio e affrontarle nel modo giusto, capire quali sono i momenti più delicati di una partita e fare meglio della volta precedente. Nel secondo set, per esempio, mi sentivo un po’ stanco, così per qualche game non ho combattuto al massimo. Il servizio ha funzionato meno e il mio gioco ne ha risentito. Se mi fosse successo nel 2005, avrei giocato ogni singolo punto con la stessa energia, ma col tempo si impara a capire quando ci si può rilassare un attimo, fisicamente e mentalmente. A volte funziona, altre no, ma con l’età si impara a leggere meglio i vari momenti della partita. Per esempio, sul 4-4 del primo set sapevo che quel game sarebbe stato molto importante, perché quando l’avversario va a servire sotto 4-5, se metti in campo la palla e prendi le giuste decisioni, una chance può arrivare. Si imparano tante cose e si cerca di sfruttarle a proprio favore. Fa parte dell’esperienza”.

“C’è sempre qualcosa da migliorare, penso che chiunque possa migliorarsi in continuazione, perché non sappiamo mai realmente dove sia il limite. Ognuno ha il suo. Magari possiamo pensare di poter fare meglio una determinata cosa e invece non ci riusciamo, ma se un giocatore non ha il desiderio di migliorarsi in continuazione non capisce lo sport, perché lo sport è esattamente questo. Lo sport è competere con l’obiettivo di fare le cose in modo sempre migliore. Altrimenti lo sport non sarebbe così difficile, perché in fondo la disciplina è semplice. Ma se uno non lavora con la passione e il desiderio di crescere in continuazione, penso che lo sport perda il suo senso”.

“Al momento mi viene difficile pensare alla stagione sull’erba. Ho avuto una stagione sulla terra lunga e faticosa dal punto di vista fisico, perché ho disputato quasi tutti i match che potessi disputare. Devo parlarne col mio team e decidere in base a cosa sarà meglio per il mio corpo. Quello è sempre l’aspetto più importante. Mi piacerebbe giocare il maggior numero di tornei possibile, ma il passaggio dalla terra all’erba è piuttosto drastico. In passato, quando ero più giovane, ho giocato anche subito dopo il Roland Garros, mentre ora valuterò cosa fare in base a come mi sentirò nei prossimi giorni”.
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