16 mesi di inattività hanno sfumato la notizia, ma il ritiro di Karin Knapp resta un simbolo, l'ennesimo, di un'epoca ormai terminata. Vittima di tanti (troppi) problemi fisici, l'altoatesina adottata dal Lazio ha scelto la prima giornata degli Internazionali BNL d'Italia per annunciare l'addio. La sua ultima partita resterà quella contro Su Wei Hsieh all'Australian Open 2017, quando si ritirò sul punteggio di 6-3 2-0 per l'avversaria. Il ginocchio destro non la lasciava in pace, tanto da convincerla a sottoporsi all'ennesima operazione, qualche settimana dopo. È stata la pietra tombale della sua carriera: ha provato spesso ad allenarsi, a tornare, a rimettere a lucido il fisico. In fondo, l'età era dalla sua parte. Nel tour ci sono parecchie giocatrici più anziane di lei, esisteva un margine di manovra. Ma il fisico non era d'accordo. “Appena aumentavo l'intensità degli allenamenti il dolore ricompariva, capitava di non riuscire a camminare per tre giorni. Una situazione insostenibile”. Non è facile capire quando è il momento giusto per alzare bandiera bianca. Karin ha provato a rinviare, rinviare, rinviare... ma il fisico ha scelto per lei. È la naturale conclusione di una carriera colma di sfortuna. L'anno spartiacque tra una vita “normale” e il calvario è stato il 2008. In febbraio, una Karin appena ventenne centrava una splendida finale ad Anversa, perdendo soltanto da Justin Henin. Saliva al numero 36 WTA e sembrava lei – ancor più di Sara Errani – la più competitiva erede di Schiavone, Pennetta e Vinci. Ma qualche mese dopo, le visite mediche per dare il nulla osta olimpico per Pechino 2008 rivelarono un problema cardiaco non così banale. Carriera in standby e un paio di procedure per rimettere tutto a posto. Al rientro, quando le si facevano domande sull'argomento, i suo occhi si riempivano di paura e tristezza.