di Daniele Rossi - foto Getty Images
La prima edizione però non partì dalla capitale, bensì da Milano. Ci pensò il conte Alberto Bonacossa, che al Tennis Club Milano di Via Arimondi, nel 1930 organizzò la prima edizione degli Internazionali d'Italia, vinta niente meno che da “Big Bill” Tilden. Il leggendario campione americano, seppure già 37enne, ebbe la meglio in finale su un altro personaggio mitico, Umberto De Morpurgo, il pioniere del tennis italiano.
Dopo la prime due vittorie azzurre nel 1933 e nel 1934 targate Emanuele Sartorio e Giovanni Palmieri, il torneo nel 1935 prese la sua sede definitiva nel Foro Italico di Roma. Il torneo maschile da allora si sposterà una sola volta, nel 1961 a Torino, mentre quello femminile subirà un po' di cattività negli anni '80 con le edizioni giocate a Perugia e Taranto.
Dopo l'inevitabile interruzione bellica, gli Internazionali risorgono nel 1950 con la prestigiosa doppietta di Jaroslav Drobny, campione di origine cecoslovacca che con il passaporto egiziano vinse anche due volte il Roland Garros e una volta Wimbledon. Drobny calerà il tris nel 1953, mentre nel 1955 Fausto Gardini sarà il primo italiano a vincere nel dopoguerra, battendo il suo amico Giuseppe Merlo, ritiratosi nel quarto set.
Dopo la vittoria dell'australiano Lew Hoad, il 1957 è l'anno di un altro italiano, Nicola Pietrangeli. Il padrino del tennis in Italia battè ancora Merlo in finale, mentre nel '58 sarà lui a doversi arrendere all'australiano Mervyn Rose, nome poco conosciuto ma che sarà in grado di vincere il Roland Garros nello stesso anno.
Pietrangeli tornerà a trionfare nel 1961, anno in cui riuscì a battere l'immenso Rod Laver, capace di rifarsi nell'edizione successiva, in quel mitico 1962 che lo vide realizzare per la prima volta il Grande Slam. L'egemonia australiana continuerà fino al 1967, interrotta solo dallo svedese Lundquist nel 1964, con Marty Mulligan capace di alzare il trofeo tre volte ad anni alterni.
Nel 1968 l'olandese Tom Okker si aggiudica l'ultima edizione dell'era “dilettantistica”, battendo l'australiano, naturalizzato sudafricano, Bob Hewitt con l'incredibile punteggio di 10-8 6-8 6-1 1-6 6-0.
L'era Open si apre come meglio non potrebbe: in finale John Newcombe e Tony Roche danno spettacolo di serve and volley per cinque set, con il trionfo del primo.
Tra il 1970 e il 1972 il cecoslovacco Jan Kodes coglie tre finali consecutive perdendole tutte: la prima con Nastase, la seconda con l'intramontabile Laver e la terza con lo spagnolo Orantes. Nastase sarà protagonista anche delle finali '73 e del '74: nella prima lascia tre giochi proprio ad Orantes, mentre nella seconda si deve arrende ad un ragazzino di 17 anni spuntato dal nulla: Bjorn Borg.
Gli anni '70, si sa, sono stati l'epoca d'oro del tennis azzurro. Nel 1976 Adriano Panatta inaugura la sua migliore stagione della carriera battendo in finale Vilas in quattro set, in quella che a tuttoggi è l'ultima vittoria italiana del torneo. Nel 1977 a sfiorare l'impresa è un altro Davis-man, Antonio Zugarelli, che si arrende al gioco leggero e fantasioso di Vitas Gerulaitis. L'anno successivo l'Adriano nazionale sbatte sul muro eretto da Borg, vincitore al quinto set e capace perfino di ignorare le monetine lanciategli in testa dallo scatenato pubblico romano del tempo.
Fra il 1980 e il 1984 il torneo vive forse il suo momento più buio. Gli organizzatori rendono la terra sempre più lenta, favorendo un gioco difensivo e poco spettacolare. Ne approfittano gli argentini Vilas e Clerc, l'equadoregno Andrès Gomez e l'americano Jimmy Arias, che nel 1983 batte lo spagnolo Higueras nella finale forse tecnicamente più povera nella storia degli Internazionali.
Dal 1985 la terra smette di essere una palude e ne beneficia lo spettacolo, portato soprattutto dal genio di Yannick Noah, giustiziere di Gattone Mecir in finale. Il dominatore di quel tempo però era Ivan Lendl, capace di vincere le edizioni del 1986 e del 1988, in una finale resa mitica dal pubblico che faceva un tifo indiavolato per il giovane carneade argentino Guillermo Perez Roldan, rimontato e infine superato dal campione cecoslovacco.
Nel 1989 l'argentino Alberto Mancini ha la meglio su un ancora immaturo Agassi, mentre nel 1990 Thomas Muster vince la sua prima di tre edizioni, battendo il sovietico Chesnokov. Lo stesso Mancini si ritirerà nella finale del 1991, lasciando via libera allo spagnolo Emilio Sanchez.
Nelle tre edizioni successive sventola la bandiera a stelle e striscie: lo specialista Jim Courier avrà la meglio su Costa e Ivanisevic, mentre nel 1994 Pete Sampras distruggerà Boris Becker, in una finale inedita fra due adepti del serve and volley.
Un semplice caso visto che gli anni successivi saranno dominati dagli specialisti del mattone tritato: dopo la doppietta di Muster (sconfitti Bruguera e Krajicek), sarà il turno prima di Alex Corretja e poi di Marcelo Rios, vincitore senza giocare nel 1998 grazie al ritiro di Albert Costa.
Tra il 1999 e il 2001 il protagonista è Guga Kuerten, vincitore nella prima finale su Rafter e poi sconfitto da Norman e Ferrero. Nel 2002 Andre Agassi, nel pieno della sua seconda giovinezza, tredici anni dopo la sua prima finale, batte Tommy Haas prima dell'avvento del dominio iberico.
Nel 2003 un ancora acerbo Roger Federer si fa sorprendere da Felix Mantilla, mentre nel 2004 Carlos Moya schianta David Nalbandian.
Dal 2005 la vittoria agli Internazionali d'Italia è affare solo di Rafael Nadal e Novak Djokovic. Il maiorchino nel 2005 e 2006 è protagonista di due fantastiche finali, forse le migliori della storia di questo torneo. La prima contro Guillermo Coria, la seconda contro Roger Federer, con lo svizzero mai così vicino a battere Rafa sulla lunga distanza con la terra rossa sotto i piedi.
Nel 2007 Nadal distrugge Fernando Gonzalez, mentre nel 2008 si arrende alle vesciche lasciando via libera alla prima vittoria di Djokovic, arrivata su Stan Wawrinka. Nel 2009 Rafa schianta ancora il serbo, mentre nel 2010 a soccombere alle rotazioni del toro di Manacor è David Ferrer.
Il 2011 è storia nota, con la vittoria di Djokovic su Nadal per 6-4 6-4, giunta nel pieno del dominio del serbo.
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