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Riccardo Bisti
29 September 2017

La Rivoluzione Cinese riparte da Wuhan

Gli enormi investimenti della città natale di Na Li simboleggiano la crescita del tennis cinese. Un impianto faraonico, costato 200 milioni di dollari, punta a lanciare la città come punto di riferimento. Dopo la Li non sono arrivati campioni, ma finalmente c'è una base. Secondo Paul McNamara, coach di Qiang Wang, la rivoluzione si compirà entro una decina d'anni.

Soltanto quattro anni fa, la sede del Dongfeng Motor Wuhan Open era rappresentata da un campo vuoto alla periferia della città. Oggi c'è un impianto faraonico, denominato “Optics Valley International Tennis Centre”. Il fiore all'occhiello è un Campo Centrale da 15.000 posti, dotato di tetto retrattile. “Un tempo ci trovavamo in una zona remota, ma in pochi anni sarà nel cuore della città – dice il direttore del torneo Fabrice Choquet, ex arbitro e supervisor con oltre 20 anni d'esperienza – quello che ho visto a Wuhan negli ultimi quattro anni, in termini di crescita, è qualcosa che non avevo mai sperimentato. Non è niente di paragonabile a quello che vediamo in Europa o da altre parti del mondo”. I paragoni, semmai, si possono fare con la stessa Cina. La WTA ha compreso, prima dell'ATP, l'enorme potenzialità della zona. Non a caso, otto anni fa ha aperto un ufficio a Pechino. Quest'anno ci sono ben sette tornei WTA nel Paese (soltanto gli Stati Uniti ne hanno di più), sparsi più o meno in tutto il territorio. Guangzhou, Shenzhen e Zhuhai sono a sud, Nanchang, Wuhan e Chengdu sono al centro, mentre Pechino, Shanghai e Tianjin coprono la parte est. Il solo torneo di Wuhan ha investito 200 milioni di dollari. Il Campo Centrale è stato inaugurato l'anno scorso ed è stato costruito pensando alla Rod Laver Arena di Melbourne, anche se da dentro assomiglia soprattutto al Qi Zhong Stadium di Shanghai. In attesa di raccogliere successi importanti tra gli uomini (si parla molto bene del giovane Yibing Wu, vincitore allo Us Open Junior), la Cina ha costruito una buona tradizione nel settore femminile. In questo momento ci sono 11 cinesi tra le top-200 WTA in singolare, più 15 in doppio, anche se non esiste ancora un'erede di Na Li, vera e propria icona dello sport nazionale, vincitrice di due Slam e nata proprio a Wuhan.

CITTÀ IN ESPANSIONE
Da quando la Cina ha ripreso a gareggiare ai Giochi Olimpici, nel 1984, lo sport è diventato un punto di riferimento. Gli investimenti sono enormi. Il Centro Tennis di Wuhan è adiacente a un centro di preparazione olimpica, gestito dal governo provinciale di Hubei. Vi fanno base circa 700 atleti di ogni disciplina. Pur avendo oltre un miliardo di abitanti e un'economia in forte espansione, i cinesi non si sentono al centro del mondo. Avvertono un complesso d'inferiorità verso Europa e Stati Uniti. E allora lo sport è un ottimo strumento per mettere le loro città sulla mappa mondiale. Quanti avevano sentito nominare Wuhan prima che ospitasse il torneo Premier Five (peraltro dopo aver scippato la licenza a Toyo, con il beneplacito della WTA)? Eppure si tratta di una città in forte espansione, con circa 10 milioni di abitanti e sede di importanti industrie automobilistiche e hi-tech. Inoltre è un luogo importante per la storia del Paese. La dinastia Qing fu spazzata via dopo l'uragano di Wuchang del 1911, mentre Mao Tse Tung ha nuotato nel fiume Yangtze nel 1966: fu uno dei momenti più simbolici della Rivoluzione Culturale. Ma oggi si punta forte sullo sport: il torneo di tennis è la competizione più ricca, ma ce ne sono altre. Ad esempio, l'anno scorso è nata la Wuhan Marathon. All'ultima edizione hanno preso parte 22.000 corridori. Esistono anche eventi di basket e badminton. Parlando con l'Independent, il vice-sindaco Lui Yingzi, è stato chiaro: “Vogliamo mostrare al mondo la forza di Wuhan. 200 delle più grandi 500 aziende del mondo hanno un ufficio qui, inoltre amiamo lo sport: siamo la casa della Regina del Tennis”. Ovviamente la Li non poteva mancare: nella sua visita, effettuata giovedì, è stata trattata come un'ospite d'onore. “È incredibile – ha detto – penso che adesso molti sappiano dove si trovi Wuhan. Quando giocavo, non lo sapeva nessuno”. Le strutture erano molto diverse quando ha iniziato a giocare, presso il Parco Zhongshan. Oggi ci sono molti più campi, e il cemento la fa da padrone. “Ai miei tempi, si giocava sulla sabbia”. L'impianto che ospita il torneo è stato costruito da una società di proprietà dello Stato ed è in grado di ospitare concerti ed eventi sportivi di vario genere. “Si tratta di un investimento a lungo termine – dice Choquet – l'obiettivo è rendere Wuhan la città più influente della Cina, la più riconosciuta a livello globale. Fino a ora, ci stanno riuscendo”.

DIECI ANNI DI TEMPO
Anche se in queste ore sta scattando il torneo di Pechino, più ricco e più importante, l'interesse dei media è stato enorme. Le giocatrici di casa hanno fatto il loro dovere: Shuai Peng ha superato la campionessa in carica Petra Kvitova, mentre Qiang Wang ha raggiunto il terzo turno battendo Sloane Stephens. Ma c'è il problema del pubblico: non tutti i match hanno raccolto un'affluenza degna. Sarà pure finito in tarda serata, ma il match tra Ashleigh Barty e Johanna Konta è stato seguito da una cinquantina di persone, peraltro in uno stadio che ne può contenere 5.000. L'affluenza complessiva è in crescita, e domenica scorsa il Centrale era pieno per l'inaugurazione, cui ha partecipato anche Na Li. “Riempire uno stadio così grande è una bella sfida – dice Choquet – ma non è così soltanto a Wuhan. Non esiste grande cultura tennistica e non c'è una grossa base di appassionati. La stiamo costruendo grazie a Na Li”. La pensa così anche Peter McNamara, ex coach della federazione cinese e oggi tecnico della Wang. Secondo lui, il successo dei giocatori locali aiuterà a sviluppare l'interesse del pubblico. McNamara ipotizza una spiegazione sul perché le donne cinesi abbiano successo, a differenza degli uomini. “Semplicemente, non si arrendono. La loro mentalità emerge sul campo: hanno carattere, intensità, determinazione”. Ci sono tanti esempi: sull'onda di Na Li sono arrivate Zhang, Peng e diverse giovani. “Gli uomini non hanno un modello di riferimento. Speriamo che questo ruolo possa essere preso da Yibing Wu. Dovesse entrare tra i top-100, potrebbe scatenare una rivoluzione”. Secondo McNamara, ex vincitore del doppio a Wimbledon, ci vorranno una decina d'anni affinché il tennis diventi un grande sport in Cina. “Le cose stanno migliorando giorno dopo giorno, anche grazie all'aiuto dei coach stranieri. Personalmente non insegno la tecnica, ma la mentalità, dove colpire la palla. I maestri cinesi sono molto bravi nell'insegnamento della tecnica di base, ma non comprendono ancora bene la tattica. Oggi non è più decisivo come si colpisce la palla, ma dove". Il prossimo obiettivo del gigante cinese, dunque, sarà il riconoscimento di un nuovo idolo. “Non mi piace che la gente parli sempre di me – ammette Na Li – se è così, significa che il tennis cinese non sta crescendo”. Si parla da anni della possibile invasione cinese, ma forse era stata sottovalutato il deserto culturale da cui sono partiti. Adesso che le basi sono state costruite a suon di yuan, è tempo di raccogliere i frutti. McNamara chiede altri 10 anni: avrà ragione?

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