DIECI ANNI DI TEMPO
Anche se in queste ore sta scattando il torneo di Pechino, più ricco e più importante, l'interesse dei media è stato enorme. Le giocatrici di casa hanno fatto il loro dovere: Shuai Peng ha superato la campionessa in carica Petra Kvitova, mentre Qiang Wang ha raggiunto il terzo turno battendo Sloane Stephens. Ma c'è il problema del pubblico: non tutti i match hanno raccolto un'affluenza degna. Sarà pure finito in tarda serata, ma il match tra Ashleigh Barty e Johanna Konta è stato seguito da una cinquantina di persone, peraltro in uno stadio che ne può contenere 5.000. L'affluenza complessiva è in crescita, e domenica scorsa il Centrale era pieno per l'inaugurazione, cui ha partecipato anche Na Li. “Riempire uno stadio così grande è una bella sfida – dice Choquet – ma non è così soltanto a Wuhan. Non esiste grande cultura tennistica e non c'è una grossa base di appassionati. La stiamo costruendo grazie a Na Li”. La pensa così anche Peter McNamara, ex coach della federazione cinese e oggi tecnico della Wang. Secondo lui, il successo dei giocatori locali aiuterà a sviluppare l'interesse del pubblico. McNamara ipotizza una spiegazione sul perché le donne cinesi abbiano successo, a differenza degli uomini. “Semplicemente, non si arrendono. La loro mentalità emerge sul campo: hanno carattere, intensità, determinazione”. Ci sono tanti esempi: sull'onda di Na Li sono arrivate Zhang, Peng e diverse giovani. “Gli uomini non hanno un modello di riferimento. Speriamo che questo ruolo possa essere preso da Yibing Wu. Dovesse entrare tra i top-100, potrebbe scatenare una rivoluzione”. Secondo McNamara, ex vincitore del doppio a Wimbledon, ci vorranno una decina d'anni affinché il tennis diventi un grande sport in Cina. “Le cose stanno migliorando giorno dopo giorno, anche grazie all'aiuto dei coach stranieri. Personalmente non insegno la tecnica, ma la mentalità, dove colpire la palla. I maestri cinesi sono molto bravi nell'insegnamento della tecnica di base, ma non comprendono ancora bene la tattica. Oggi non è più decisivo come si colpisce la palla, ma dove". Il prossimo obiettivo del gigante cinese, dunque, sarà il riconoscimento di un nuovo idolo. “Non mi piace che la gente parli sempre di me – ammette Na Li – se è così, significa che il tennis cinese non sta crescendo”. Si parla da anni della possibile invasione cinese, ma forse era stata sottovalutato il deserto culturale da cui sono partiti. Adesso che le basi sono state costruite a suon di yuan, è tempo di raccogliere i frutti. McNamara chiede altri 10 anni: avrà ragione?