In un paio di occasioni le avevano chiesto: “Ehi, Danielle, perché non diventi professionista?”. La prima volta quando si era aggiudicata il titolo NCAA, difendendo i colori dell'Università della Virginia. La seconda quando aveva tolto un set a Simona Halep, al primo turno dello Us Open 2014. Ma c'è una differenza sostanziale tra Danielle Collins e il resto del gruppo: per lei, il tennis è una splendida parentesi di una vita dai mille significati. Più completi, più profondi. Già protagonista a Indian Wells, la ragazza della Florida è addirittura nei quarti al Miami Open, dove è attesa da uno scontro da brividi: la sua prossima avversaria si chiama Venus Williams. Per sua stessa ammissione, un idolo d'infanzia. E allora ci saranno mille suggestioni: da una parte la più anziana di tutte, che però non molla un centimetro. Dall'altra, una ragazza che ha iniziato a giocare sul serio soltanto dopo aver intascato una laurea in comunicazione. Sconosciuta fino a un mese fa, ha ottenuto una wild card al BNP Paribas Open in virtù dei successi nella Oracle Challenger Series: vittoria a Newport Beach e successi di prestigio al WTA 125 di Indian Wells, contro Zvonareva e Linette. Giocatrici vere, così come quelle che sta battendo in questi giorni. L'ultima è stata Monica Puig, evaporata dopo aver perso il primo set, nonostante il gran tifo del pubblico. L'improvvisa popolarità della Collins ci ha fatto scoprire una bella storia, diversa rispetto a quelle di tanti giovani tennisti. Spesso il tennis è l'unica ragione di vita, lo stimolo che spinge a mille sacrifici, col miraggio di una vita agiata. Invece Danielle ha trascorso momenti in cui non era sicura se dedicarsi al tennis, almeno in modo professionale. Figlia di un giocatore di club, praticava diversi sport senza che nessuno prevalesse sugli altri. Fino a quando un suo amichetto, un suo compagno di classe, iniziò a presentarsi ogni lunedì con un trofeo diverso. “Se giocherai bene a tennis come lui, potrai vincere anche tu tanti trofei” fu la frase-motivazione del padre.