L'EREDITÀ DEL TENNIS
Oggi è un 20enne come tanti: è tornato a vivere con i genitori, al mattino va all'Università e poi pranza in famiglia. Se deve studiare, lo fa. Altrimenti si allena in scioltezza oppure va in palestra. “Il tennis mi ha aiutato moltissimo. Sono maturato in fretta, perché ho dovuto risolvere tante cose per conto mio. Inoltre mi ha dato la costanza e la disciplina che oggi mi servono per studiare”. Tutto vero, ma oggi il tennis è secondario nella sua vita. Lo usa come diversivo, quasi come hobby. Prende tutto il bello, il divertimento, la gioia che gli trasmetteva da bambino. Via tutti i pensieri cattivi. “La vita da tennista era troppo dura: grandi tornei, contratti, pressioni, e io ero solo un ragazzo”. Nella vita di ogni giocatore arriva il momento in cui si rende conto che deve trascorrere tante, troppe notti in letti diversi dal proprio. Qualcuno ci riesce, altri no. Nella sua stanza a Tirrenia, Bahamonde si è sentito perso. Nel 2016 ha vissuto la lunga estate dei tornei italiani, alternando Futures e Challenger, poi è tornato a casa. Gli ultimi due tornei, giocati in Argentina, sono stati l'ultima esalazione di una carriera che non è mai iniziata, anche se ha raccolto scalpi importanti: Fabbiano, Gerard Granollers (due volte), Bourgue, Andrej Martin... c'erano buone premesse, ma la sua testa si è rifiutata. Vien da domandarsi – è inevitabile – cosa sarebbe successo se non fosse arrivata la chiamata dell'Italia, con le sue inevitabili conseguenze. Forse si sarebbe arreso lo stesso, forse no. O forse non si sarebbe nemmeno avvicinato a certi livelli. Oggi c'è una sola verità: Francisco Bahamonde è un ex tennista. Magari un giorno tornerà, aprendo un nuovo capitolo. Per adesso, il suo libro tennistico è chiuso.