L'esame più difficile per la campionessa fatta in casa

Fuoco di paglia o nascita di una stella? E' il dubbio su Jelena (o forse Aljona?) Ostapenko. Gestire il primo grande successo non è semplice, ma lei possiede una forte personalità. La verità sul suo nome di battesimo, il prolungamento con la Medina Garrigues e il premio del Governo. Ripartirà da Birmingham.

I lèttoni sono un popolo tranquillo. Hai voglia a dire che l'accoglienza a Jelena Ostapenko, dopo il rientro a Riga, è stata calorosa. Quando è scesa dall'aereo, con una copia della Coupe Suzanne Lenglen tra le mani, ha trovato alcuni membri delle istituzioni e un centinaio di curiosi, soprattutto bambini a caccia di autografi. Le tre repubbliche baltiche (oltre alla Lettonia, ci sono Estonia e Lituania) non hanno molto di sovietico, anzi, di russo. La lingua lèttone, per esempio, non utilizza il cirillico. Però è stata oggetto di un equivoco linguistico tornato a galla dopo il clamoroso successo parigino. Una volta per tutte: si chiama Jelena o Aljona? I documenti ufficiali WTA, così come il passaporto, dicono Jelena. Ma sui social network si fa chiamare Aljona, lo stesso nome utilizzato da chi la conosce. Furono i genitori a chiamarla Aljona, in quell'8 giugno 1997, mentre Guga Kuerten vinceva il Roland Garros. Tuttavia, il nome non faceva parte del calendario lèttone e così ripiegarono sul più classico Jelena, stesso nome della madre. L'hanno spiegato, ancora una volta, durante la conferenza stampa tenutasi martedì a Riga, dopo che lunedì Jelena (ok, chiamiamola così) aveva rinunciato a parlare, stanca morta dopo i mille obblighi delle precedenti 48 ore.

AVANTI CON ANABEL, PER ORA
​Qualche maligno sussurra che l'abbiano trattata come un vincitrice di Serie B, perché il servizio fotografico post-vittoria non è stato fatto con la Tour Eiffel sullo sfondo, ma davanti al Campo Suzanne Lenglen, accanto alla statua della “Divina”. A lei sembra non interessare. E' un tipo interessante, la Ostapenko, difficile da inquadrare. Sembra allegra, ma parla a monosillabi. Sorride spesso, ma chi la conosce dice che ha un carattere difficile. Non bada molto all'apparenza, per quanto gli sponsor le abbiano messo gli occhi addosso già da tempo, anche grazie al paziente lavoro del manager Ugo Colombini, che l'aveva notata quando era ancora una bambina. All'evento più importante per i cronisti lèttoni si è presentata con una tuta grigia, anonima, come se fosse uscita dalla più banale sessione in palestra. Non ha espresso concetti così importanti, salvo darci una notizia: andrà avanti con Anabel Medina Garrigues fino alla fine di Wimbledon. L'accordo con la giocatrice-coach spagnola era valido solo fino al Roland Garros, ma adesso è cambiato tutto: prospettive, guadagni, percezione del progetto. Jelena Jakovleva, la madre, resterà l'allenatrice principale, ma è lei – per prima – a riconoscere i meriti della Medina. “Il suo merito è aver aumentato la soglia di concentrazione di Jelena – dice – per sbagliare meno, ha bisogno di mettere attenzione su ogni palla. Con Anabel ce l'ha fatta”. Parlando con i giornalisti, mamma Ostapenko ha raccontato di non essere andata a Parigi per i primi turni. Ha sofferto davanti alla TV per tutta la prima settimana, poi è arrivata in tempo per i quarti.

CAMPIONESSA FATTA IN CASA
“Jelena ha dimostrato che si può costruire un giocatore di tennis restando in Lettonia. Anche da noi c'è la possibilità di crescere – dice la madre – ma buona parte dei nostri giovani vanno nelle accademie all'estero”. Anche la Ostapenko ha tentato un'avventura fuori dal paese, ma non ha trovato chi fosse disposto a seguirla a tempo pieno. Avendo una mamma-coach, dunque, ha scelto di formarsi in Lettonia, a differenza di Ernests Gulbis e Anastasija Sevastova, altri pezzi pregiati del tennis lèttone. Alla conferenza stampa c'era anche Karlis Lejnieks, segretario generale della federazione. Si era attivato per consentire l'allestimento di un maxi-schermo in piazza, a Riga, nei pressi del monumento all'indipendenza. Adesso sottolinea l'importanza di questo successo per il futuro del tennis lèttone. “Tutto questo aumenterà la diffusione del nostro sport. Servirà a far capire che non è così costoso. Le spese importanti arrivano dopo, ma iniziare a giocare a tennis non costa poi molto”. Scavando qua e là, oltre alla passione per la danza, si scopre che la Ostapenko, da piccola, avrebbe voluto occuparsi di manicure. “Adoro le unghie dipinte. Se non fosse stato possibile, mi sarei dedicata alla gestione di un grande azienda”. Ambizioni un po' strane, ma col tennis ha risolto tutto.

IL PREMIO DEL GOVERNO
Dei 2 milioni e 100.000 euro guadagnati a Parigi, gliene resteranno in tasca circa la metà. Dallo scorso 10 giugno, tuttavia, i soldi non sono un problema. Il governo ha deciso di destinarle ugualmente un premio per “altissimi meriti sportivi”. Le arriverà un bonifico di 28.458 euro, poco più che noccioline. Premieranno anche la madre, con la metà esatta: 14.229 euro. Adesso arriverà il difficile: venerdì mattina, Jelena prenderà un aereo e si recherà a Birmingham per un torneo di preparazione a Wimbledon. L'erba può esserle amica, se non altro perché tre anni fa vinse il titolo junior di Wimbledon. “A dire il vero, quando ci ho giocato per la prima volta mi sono trovata male, mi domandavo perché ci si giocasse a tennis, visto che l'erba serve per giocare a calcio. Ma poi ho imparato”. Impara in fretta, la Ostapenko. L'anno scorso ha terminato gli studi superiori presso la Zolitude Grammar School di Riga, dove aveva ottimi voti ed eccelleva soprattutto in matematica e inglese. Ma la sua vera arte era il tennis, e lo ha dimostrato a Parigi. Diventerà una grande campionessa? Difficile a dirsi. Garbine Muguruza, per esempio, non è stata capace di gestire i primi successi e per ora è una grande incompiuta. La ragazza di Riga, già passata davanti a Larisa Savchenko (poi signora Neiland) come migliore giocatrice della Lettonia (n.12 WTA conto n.13), saprà fare di meglio?

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