Prima di giocare a Newport, Jason Jung non aveva vinto neanche una partita nel circuito ATP. In questi giorni, la sua carriera sta cambiando. La svolta è arrivata a 28 anni di età, quando certe cose si possono apprezzare per davvero. Non solo ha superato Sergiy Stakhovsky al primo turno, ma il successo su Nicolas Mahut gli ha regalato un posto nei quarti. È davvero un buon momento per il ragazzo nato e residente in California, ma che da qualche anno difende i colori di Taiwan. Il logo gigante sulla sua divisa da gioco, con la scritta “Taiwan Mobile”, può essere una spiegazione della sua scelta. Cresciuto nel mito di Fabrice Santoro, è figlio di un americano e di una taiwanese ed è un ragazzo con la testa a posto: ha studiato scienze politiche presso l'Università del Michigan e poi – soltanto poi – ha scelto il tennis, che peraltro non era neanche la sua prima scelta. La scorsa settimana ha raggiunto la finale al Challenger di Winnetka, foriera di un best ranking al numero 131. I 45 punti già intascati al torneo della Hall of Fame gli consentiranno di salire ancora. “È incredibile, ho lavorato duramente per arrivare fino a qui – ha detto Jung – ho sempre creduto di avere il gioco per arrivarci, è bello rendersi conto che avevo ragione”. Rispetto a tanti giocatori che hanno frequentato il college, Jung ha una particolarità: dopo il college non si è tuffato nel tennis, ma ha provato a lavorare come analista di business. Il secondo giorno di lavoro, la sua azienda ha annunciato una serie di licenziamenti: qualche settimana dopo, a fine estate 2011, è rimasto senza lavoro. Un fallimento lavorativo è stata la base per costruire qualcosa di bello. “Tante persone mi hanno detto che era una buona occasione per riprendere a giocare – dice Jung – non sapevo cosa aspettarmi e l'inizio è stato molto difficile. Viaggiavo da solo e nei primi cinque tornei Futures ho perso al primo turno. In un paio di occasioni ho pensato di lasciar perdere. È stato molto difficile, ma è fantastico aver continuato ed essere qui”.