Jana, sorridi: questo Wimbledon è anche tuo

Commovente epilogo del doppio femminile: vincono Katerina Siniakova e Barbora Krejcikova, ultima giocatrice ad essere allenata da Jana Novotna prima che si aggravassero le sue condizioni di salute. L'aveva cercata a casa sua, appena 18enne, è trovò incredibile disponibilità. “Credo che sarebbe orgogliosa di me”.

Nel 2013 avevano completato tre quarti di Slam Junior. Barbora Krejcikova e Katerina Siniakova hanno dimostrato che quei successi non erano casuali. Un mese fa vincevano il Roland Garros, oggi si sono ripetute a Wimbledon ed è stato un successo speciale, soprattutto per la Krejcikova. Per lei, ultima a ricevere i consigli di Jana Novotna, i Championships saranno sempre un torneo speciale. Gli anni 90 sono stati segnati dal rapporto di amore-odio di Jana con Wimbledon: nel 1993 perse una finale già vinta contro Steffi Graf, salvo poi piangere in mondovisione sulle spalle della Duchessa di Kent. Quattro anni dopo, perse contro una giovanissima Martina Hingis. Ma nel 1998, esattamente vent'anni fa, poté finalmente stringere il Rosewater Dish. Dopo la sua prematura scomparsa nello scorso novembre, l'edizione appena terminata è stata la prima senza Jana Novotna in giro, negli spogliatoi, nelle vesti di allenatrice semplice “leggenda” invitata dagli organizzatori. I suoi ultimi sforzi, mentre la malattia prendeva lentamente possesso del suo corpo, li ha riservati alla 22enne Krejcikova, pure lei nata a Brno. Fu proprio la vicinanza geografica ad avvicinarle: a fine 2013, messa in archivio la carriera junior, Barbora sentiva il bisogno di una guida per approdare nel professionismo. In quei giorni, tramite un articolo di giornale scoprì che Jana Novotna viveva a Omice, a due passi da Brno. Sentì che poteva essere l'occasione buona. Si armò di coraggio e, insieme ai genitori, andò a bussare a casa Novotna. La prima chiacchierata si tenne nel giardino di casa. “Mi sono presentata con una lettera in mano e l'ho incontrata nel suo giardino – ha raccontato la Krejcikova – lei non mi riconobbe, si domandava chi fossimo. Le dissi che ero una tennista appena 18enne, e che forse avrebbe potuto darmi un'occhiata e aiutarmi a scoprire quale fosse il mio passaggio successivo”.

PASSIONE SINCERA
Con grande sorpresa di Barbora, la ex campionessa di Wimbledon rimase colpita . Si allenarono insieme, e la decisione fu immediata: la Novotna decise di farle da allenatrice a tempo pieno. “Sinceramente non mi aspettavo che diventasse la mia allenatrice, mi sarei accontentata di un aiuto, di qualche consiglio. Invece mi disse che le sarebbe piaciuto viaggiare e lavorare con qualcuno per aiutarlo a migliorare. È stato fantastico”. La transizione non è stata semplice, anche perché Barbora non è un “crack”. In questo momento, è numero 200 WTA in singolare e non è mai andata oltre la 121esima posizione. Con la Novotna al suo angolo, ha giocato decine e decine di tornei ITF senza ottenere risultati clamorosi. Eppure, Jana è sempre rimasta al suo fianco. Sfruttando le sue conoscenze, le ha permesso di allenarsi con tante grandi giocatrici. Tra loro Rennae Stubbs, grande doppista (ha vinto 6 Slam) e attuale commentatrice. “Non voleva a tutti costi creare una numero 1 del mondo – ricorda l'australiana, che ha vinto il doppio senior – aveva semplicemente il desiderio di aiutare questa ragazza. Voleva farla migliorare e trasmetterle la sua conoscenza. Qualcuno avrebbe rifiutato, ma lei era sinceramente appassionata di tennis e amava il suo paese. Per questo, ha fatto uno sforzo. E non c'è dubbio che abbia influenzato la Krejcikova”. La collaborazione è terminata nel 2016, quando le condizioni di salute di Jana sono improvvisamente peggiorate. Nel 2018, la Krejcikova ha scelto di dedicarsi al doppio, specialità in cui la Novotna aveva vinto 11 Slam. Dopo il successo al Roland Garros, è quasi scoppiata in lacrime durante la premiazione. “Vorrei dedicare questo successo a Jana Novotna: l'ultima volta che l'ho visto, mi aveva detto di vincere un torneo del Grande Slam”.

UN BACIO VERSO IL CIELO
Ma se Parigi è stato speciale, Wimbledon ha un valore ancora maggiore. Guarda caso, proprio nel ventennale del suo storico trionfo. “Era una donna speciale, ed è speciale essere stata tra quelli che ha aiutato, perché avrebbe potuto dedicarsi a centinaia di giocatrici”. Nonostante continui a giocare in sua memoria, la Krejcikova fa un po' fatica a parlare della sua ex allenatrice, però tiene sempre in mente un messaggio che le aveva trasmesso: perseverare, non arrendersi mai. “Mi ha raccontato che una volta dovette giocare una finale dopo essersi infortunata in semifinale. Tra sé e sé, disse che non avrebbe mollato e avrebbe giocato anche prendendo degli antidolorifici”. Barbora non ha avuto problemi fisici, ma ha trasferito questo messaggio nella finale del doppio. Perso il secondo set contro Melichar e Peschke, lei e Katerina Siniakova hanno vinto 6-0 il terzo. Tra le due c'è una bella intesa caratteriale e tecnica: la Siniakova è più potente, mentre la Krejicikova ama utilizzare le rotazioni e variare il gioco. “Per questo, credo che per le avversarie sia difficile affrontarci”. Il match avrebbe dovuto giocarsi sul Campo Centrale, ma la prosecuzione di Nadal-Djokovic e l'eterna finale del doppio maschile hanno convinto gli organizzatori a spostare il match sul Campo 1. La suggestione sarebbe stata maggiore se avessero giocato sul Centre Court, forse il luogo più importante nella carriera della Novotna, ma questo non ha impedito a Barbora di mandare un bacio verso il cielo. Il gesto non è passato inosservato e le hanno chiesto se era per il motivo che tutti pensano: “Sì, penso di sì. Era per Jana Novotna – ha detto – vorrei dedicarle ancora questo successo. Lei lo meritava e penso che sia molto giusto ricordarla qui, adesso, a 20 anni dal suo successo. Fu il suo titolo più importante. Voleva vincerlo a tutti i costi, lo so perché me lo ha raccontato. Ha attraversato tante difficoltà ed emozioni per vincere uno Slam. Io ho vinto qui 20 anni dopo, e penso che sia perfetto anche se è stato soltanto in doppio. Sono molto orgogliosa, e credo che lei sarebbe altrettanto orgogliosa di me”.

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