Intervista di Lorenzo Cazzaniga
Maybe. Forse. La carriera tennistica di
Monica Seles è tutta racchiusa in questa parola. Perché se
Guenther Parche
non le avesse affondato 4 centimetri di coltello nella scapola, forse Monica
avrebbe una decina di Slam in più; forse sarebbe rimasta numero 1 per un
lustro ancora; forse staremmo parlando della più forte giocatrice di
tutti
i tempi. Forse. Quel che invece è certo è che quel coltello ci ha
impedito
di continuare a vedere il duello con Staffi Graf, la valchiria che Parche
ha voluto, a suo modo, difendere dall’attacco della belva di Novi Sad.
Perché prima che l’attentato la rendesse vulnerabile, Monica Seles
appariva
inattaccabile. Mostrava sicurezza e killer instinct, quello che ti viene
quando il desiderio di affermarsi prevale su qualsiasi altro piacere. Ha
cominciato a giocare perché Zoltan, il fratello maggiore, sembrava della
stessa stoffa di un paio di suoi coetanei, Boris Becker e Stefan Edberg.
Monica si allenava allargando le crepe sul muro dei vicini e pur contro
la volontà materna. “Gioca con le bambole” le consigliava
mamma Ester.
“Fai quello che più ti piace” le ripeteva invece papà
Karolj. Ma sperare
di sfondare restando a Novi Sad era pura utopia. E allora via, sei mesi
in quello che si definisce “il più duro campo di allenamento del
mondo”:
la Nick Bollettieri Tennis Academy.
Per sei mesi Monica (12 anni all’epoca)
e Zoltan hanno vissuto in un piccolo appartamento appena fuori l’Accademia
di Bradenton, con Nick il Guru che si divideva tra la piccola slava e
un’altra
grande promessa del tennis mondiale: Andre Agassi.
Da otto ore di estenuanti allenamenti giornalieri,
ne è uscita fuori una giovane donna, capace di soffrire, ma soprattutto
di uccidere (sportivamente parlando) le sue avversarie. Ironia della sorte,
dopo aver vinto nove titoli dello Slam in un decennio di carriera, ha rischiato
lei essere uccisa sul campo.
A 10 anni di distanza siamo andati a trovarla
per scoprire la Monica Seles sopravvissuta.
Ventinove anni, nove titoli del Grand
Slam, 187 settimane al numero 1 e un attentato quasi mortale: dove trova
lo stimolo per continuare anche adesso che non è più tra le prime
della
classe?
“E’ la gioia del gioco che mi spinge
a continuare. Io sul campo mi diverto e non solo quando sono sul centrale
di Roland Garros o di Wimbledon, ma anche quando mi alleno la mattina presto,
faccio gli allenamenti, lo stretching, la corsa, gli esercizi”.
Ma cosa le piace tanto di questo sport?
“Il suono della pallina quando colpisce
le corde: per me è musica. Mi piace meno viaggiare e ora mi pesa anche
la competizione perché mette addosso troppa pressione”.
Ma ancora adesso cerca di migliorarsi?
“Sfortunatamente sì, perché la perfezione
è lontana. Sto lavorando sodo per imparare a muovermi meglio
perché adesso
tutte colpiscono molto forte. Peccato che quando cominci a migliorare…
è ora di ritirarsi”.
Lei è stata una enfant prodige: come
ha vissuto la sua infanzia a Novi Sad?
“E’ stata bellissima. Giocavo sempre
a tennis. E devo ringraziare mio padre che ha sempre fatto in modo che
mi divertissi. Quando è morto credo che la sua preoccupazione fosse che
continuassi a divertirmi su un campo da tennis. E io cerco di
accontentarlo”.
Qual
era il suo rapporto con suo padre?
“Straordinario. Quindi normale perché
è il minimo rapporto che si può creare con il proprio padre. Lui
è stato
l’unico coach della mia vita. Anche quando stavo da Bollettieri, era mio
padre che mi seguiva tecnicamente. Beninteso, Nick è stato gentilissimo
con me e mi ha aiutato a crescere, ma l’unica persona che ha veramente
influito sulla mia crescita tennistica è stato mio padre. La vita
all’Accademia
era dura, ma ho ricordi bellissimi. Io non ci vivevo dentro, quindi non
conosco certe situazioni, ma lo staff si prendeva davvero cura di me e
ancora adesso torno talvolta ad allenarmi laggiù e con molte persone ho
mantenuto un bel rapporto. Certo si sgobbava non poco: si giocava la mattina,
poi si andava a scuola dall’una alle tre del pomeriggio, quindi ancora
allenamento, studio e seduta di atletica. Finivo la giornata distrutta”.
Però era tuo fratello Zoltan la promessa
tennistica della famiglia Seles…
“Esatto. Devo a mio fratello se sono diventata
quello che sono adesso. Avevo 6 anni e lo vedevo tornare a casa con dei
trofei enormi e mi dicevo ‘Li voglio anch’io”. Lui era
veramente dotato,
ma non amava abbastanza il tennis. Lui aveva il talento, io la voglia di
soffrire. E nel tennis non si arriva al top senza voler sacrificare la
propria vita per quell’obiettivo. Io mi sentivo pronta a farlo, lui
no”.
Una voglia di sacrificarsi che le consentiva
di passare ore e ore a giocare contro un muro. E’ vero che la sua
è una
vera ossessione?
“Mi piace tantissimo. A Novi Sad mi allenavo
contro il muro dei vicini dalle 6 e 30 alle 7 di ogni mattino, prima di
andare a scuola. Devo ringraziare i miei vicini che non hanno mai protestato
una volta. Mentre tutti facevano colazione, io giocavo a tennis. E’
difficile
da spiegare, però mi diverte giocare contro il muro. Ascolto la musica,
nessuno mi disturba e non sono obbligata a parlarci insieme: è
perfetto”.
Vuol dire che spesso sente il bisogno
di restare sola?
“No, è solo che è così che sono abituata.
A Novi Sad non c’erano decine di tennis club e a 6 anni l’unico che
voleva
giocare con me era… il muro. E poi mi aiuta a trovare il giusto feeling
con la palla perché in mezz’ora di gioco puoi tirare centinaia di
colpi.
Così ancora adesso quando vado in un torneo chiedo se c’è
un muro
d’allenamento: credo che tanti ragazzini lo considerino noioso. Invece
farebbero bene a utilizzarlo al meglio”.
Parla spesso di Novi Sad, ma come ha
vissuto gli anni della guerra nella ex Yugoslavia?
“E’ un capitolo chiuso di cui non voglio
parlare. Però mi piace tornare a casa anche se non ho grandi occasioni
visto che sono quasi sempre impegnata nel tour professionistico. Quando
avrò smesso di giocare avrò maggior chance. Io sono di origine
ungherese,
sono nata in Yugoslavia e cresciuta in America: creo di essere un bel mix
perché ho appreso qualcosa da ciascuna cultura”.
C’è
stato un momento della sua carriera in cui si è ritenuta imbattibile?
“Certamente. Prima che mi accoltellassero
ero indubbiamente la più forte giocatrice del mondo. Ho vinto 7 delle
ultime
8 prove dello Slam a cui ho partecipato: difficile fare meglio. Poi quando
sono tornata ho ricominciato abbastanza bene, ma non sono più tornata
quella
di prima in termini di risultati”.
Per quale motivo?
“Due anni e mezzo senza giocare sono un
periodo piuttosto lungo. Il tennis è cambiato molto: tutte tirano
più forte,
trovano angoli migliori, si muovono meglio. E’ una serie di piccole cose
che fanno la differenza. Credo che il tennis femminile sia cambiato negli
ultimi due anni: adesso sono tutte alte un metro e ottanta e colpiscono
fortissimo. Sono convinta che l’avvento di Venus e Serena abbia stravolto
il circuito e abbia alzato notevolmente il livello tecnico”.
Quando è tornata si è anche votato per
lasciarle la posizione di co-numero 1 con Staffi Graf, ma la maggior parte
delle giocatrici votò contro: come prese quella notizia?
“Una sola giocatrice si dichiarò favorevole:
Gabriela Sabatini. E non lo dimentico. Fu un gesto speciale. Certo, tutte
avevano da guadagnarci dal fatto che io rimanessi per un po’ lontano dai
vertici, ma Gaby mise da parte gli interessi economici e la carriera per
compiere un gesto di grande umanità. Le numero uno cambiano, è
solo una
questione di tempo. Ma la tua personalità, il tuo modo di essere resta
sempre quello. E il gesto di Gabriela la rende davvero speciale”.
Ha vinto 9 tornei dello Slam, ma quale
vittoria ricorda con maggior piacere?
“Certamente quelle al Roland Garros. Innanzitutto
è a Parigi che ho vinto il mio primo titolo dello Slam e questo fatto lo
renderà sempre speciale. E poi è quello a cui ero più
legata perché a Novi
Sad era l’unico che si poteva vedere in televisione”.
E invece qual è stato il suo miglior
match?
“Difficile rispondere perché fortunatamente
ho giocato tanti bei match. Probabilmente il migliore resta quello giocato
a Roma nel 1990 contro Martina Navratilova: vinsi 6-1 6-1. Capirai, io
da piccola avevo il poster di Martina appeso in camera”.
Steffi Graf è stata, ovviamente in maniera
indiretta, la causa dell’attentato che ha subito: qual è il suo
rapporto
con la giocatrice tedesca?
“E’ stata una grandissima campionessa.
Ha realizzato il Grand Slam e vinto le Olimpiadi nello stesso anno e solo
Margaret Court in carriera ha vinto più Slam di lei. E’ ovvio che
le nostre
carriere resteranno per sempre legate a quell’avvenimento perché
non si
potrà mai sapere quanti titoli dello Slam avrei vinto io e quindi non lei
se quel fatto non fosse mai accaduto”.
Suo padre è stata la figura principale
della sua vita: qual è il miglior consiglio che le ha dato?
“Divertiti. Qualsiasi cosa tu voglia fare.
Non mi ha mai messo pressione addosso come è successo immagino a tante
altre giocatrici. Se una mattina non avevo voglia di giocare non mi obbligava
di certo. E anche dopo l’accoltellamento, non mi ha mai forzata a tornare
sui campi”.
Lei proviene da una famiglia ricca?
“Normale. Anche se una volta trasferitami
negli Stati Uniti mi sono accorta che c’erano delle città dove la
vita
costava ben più che a Novi Sad. Comunque non ci è mai mancato
niente. Mia
madre lavorava sui computer, mio padre invece era un ottimo vignettista.
E poi sapeva di sport perché era stato anche un buon atleta nel salto
triplo”.
Adesso invece è una miliardaria: quanto
è importante il denaro per lei e come lo spende?
“Il denaro vuol dire sicurezza e questo
mi conforta. Posso guardare con tranquillità al futuro, scegliere senza
fretta cosa voglio fare ed essere sicura che io e la mia famiglia non dovremo
preoccuparci di questo aspetto. Per il resto non credo mi abbia cambiato
come persona e nel rapporto con i miei amici. Cerco comunque di investirli
al meglio e per questo mi affido a dei professionisti (la Seles è sotto
contratto con la IMG n.d.r.): diciamo che faccio attenzione e non li butto
via facilmente. Guido ancora una vecchia Ford del ‘92”.
Alla sua fantastica carriera manca un
tassello, una vittoria a Wimbledon: quanto la urta questa fatto?
“Assolutamente nulla. Amo quel torneo,
apprezzo e rispetto la sua tradizione e ce l’ho messa tutta per vincerlo
e ci sono anche andata vicino. Non ce l’ho fatta, pazienza”.
Ritiene
che il circuito femminile sia ben organizzato?
“Stiamo attraversando un buon momento
di popolarità perché nel tour sono presenti molte
personalità interessanti.
Però spero che la dirigenza si occupi molto di promuovere il gioco non
solo a livello professionistico, ma soprattutto a livello giovanile. Non
dobbiamo dimenticare che il futuro di questo sport dipende da quanto saremo
bravi a promuoverlo tra i giovani”.
Crede che le sorelle Williams possano
realmente dominare il tennis?
“Lo stanno già facendo. L’anno scorso
l’hanno dominato come nessun’altra visto che sono arrivate in finale
in tutti i tornei più importanti. Ma soprattutto credo che abbiano fatto
del bene al tennis perché hanno obbligato anche le altre top players a
lavorare molto sul fisico, gli spostamenti, la potenza dei colpi. Hanno
alzato incredibilmente il livello del gioco e adesso anche altre giocatrici
si stanno avvicinando a quel punto”.
Non crede che abbiano annoiato un po’?
“Il tennis ha sempre vissuto di grandi
rivalità: prima Evert contro Navratilova, poi io e la Graf. Quando sono
rimasta fuori, per tre anni Staffi ha vinto senza rivali. Ora invece ci
sono due giocatrici che dominano e sono perfino sorelle. Beh, è una gran
bella storia”.
Un’ultima domanda: quando, dopo l’attentato,
si è detta “Ok, finalmente è passato”.
“Non l’ho ancora pensato. In verità è
una cosa ancora molto strana per me: dopotutto sono l’unica sportiva a
cui è accaduta una cosa del genere. Vediamo che succede
invecchiando”.
Quali sono i suoi obiettivi attuali?
“Non ho molti anni davanti a me, quindi
cerco soprattutto di divertirmi e giocare dei bei punti perché
onestamente
non credo di poter vincere un altro torneo del Grand Slam. Però tirare
un colpo vincente contro un grande avversario con lo stadio pieno è
ancora
una sensazione impagabile. Il problema vero sono i miei piedi perché se
non posso dare il meglio di me, allora preferisco smettere. E perdere certi
incontri come a Roland Garros senza potermi opporre, quello mi spinge a
riflettere se val la pena continuare o meno”.
La scheda di Monica
Luogo di nascita: Novi Sad, Yugoslavia
Data di nascita: 2 dicembre 1973
Residenza: Sarasota (Usa)
Altezza: 1,79 metri
Peso: 70 kg
Prize money carriera: $14.615.549
Vittorie-sconfitte carriera: 585-115
Titoli Grand Slam: Australian Open
1991, 1992, 1993, 1996. Roland Garros 1990, 1991,1992. Us Open 1991, 1992
Ranking Wta:
2002: 7
2001:
10
2000: 4
1999: 6
1998: 6
1997: 5
1996:
2 (co-ranked con la Sanchez)
1995: 1 (co-ranked con la Graf)
1994:
-
1993: 8
1992: 1
1991: 1
1990: 2
1989:
6
1988: 86. E’ rimasta numero 1 del mondo per 178 settimane.
Tornei Wta (53): 2002 Doha,
Madrid;
2001 Oklahoma City, Bahia, Japan Open, Shanghai;
2000
Oklahoma City, Amelia Island, Roma;
1999 Amelia Island;
1998
Canadian Open, Tokyo;
1997 Los Angeles, Canadian Open, Tokyo;
1996
Australian Open, Tokyo, Sydney, Eastbourne, Canadian Open;
1995
Canadian Open;
1993 Australian Open, Chicago;
1992 Australian
Open, Roland Garros, Us Open, Masters, Essen, Indian Wells, Houston,
Barcellona,m
Tokyo, Oakland;
1991 Australian Open, Roland Garros, Us Open, Masters,
Miami, Houston, Los Angeles, Tokyo, Milano, Philadelphia;
1990 Roland
Garros, Matsers, Miami, Us Hardcourts, Tampa, Roma, Berlino, Los Angeles,
Oakland;
1989 Houston.
La carriera di Monica
1973 Nasce a Novi Sad da papà Karolj
e mamma Ester. Ha un fratello maggiore, Zoltan. Comincia piccolissima a
giocare in un parcheggio; a 7 anni fa il suo esordio su un campo. A 12
si trasferisce alla Nick Bollettieri Tennis Academy. E lì comincia la sua
grandiosa carriera.
1988 Debutta nel tour professionistico
a Boca Raton all’età di 14 anni e 3 mesi. Batte la Kelesi prima di
cedere
alla Evert.Il 10 ottobre entra nel ranking Wta al n.88.
1989 Nel suo primo anno completo
finisce la stagione al n.6 del ranking Wta. A 15 anni (come wild card)
vince il torneo di Houston battendo la Evert in finale. Al suo sesto torneo
da pro raggiunge le semifinali al Roland Garros (perde dalla Graf). Entra
tra le top 10 il giorno 11 settembre.
1990 Finisce l’anno al n.2. Vince
36 match consecutivi e 6 tornei (Miami, San Antonio, Houston, Roma, Berlino
e il suo primo titolo dello Slam a Parigi in finale sulla Graf. A 16 anni
e 6 mesi è la più giovane vincitrice del Roland Garros. Perde n
ei quarti
a Wimbledon, ma vince il Masters sulla Sabatini in un incontro finito al
quinto set.
1991 Finisce per la prima volta
una stagione da n.1 del mondo. Vince 74 match e 10 tornei compresi Australian
Open, Roland Garros e Us Open. Non partecipa a Wimbledon per infortunio.
L’11 marzo interrompe il regno della Graf al n .1 che durava da 186
settimane.
Dopo gli Us Open torna n.1 e ci resterà fino al giugno 1993. Vince 20
tornei
prima di diventare maggiorenne.
1992 Finisce n.1 del mondo per il
secondo anno consecutivo. Vince 70 match e 10 tornei, compresi tre titoli
dello Slam. Vince il secondo Australian Open, il terzo Roland Garros e
il secondo Us Open. Raggiunge anche la finale a Wimbledon dove perde dalla
Graf. Vince per la terzo volta di file il Masters e raggiunge in totale
21 finali consecutive: perde nei quarti dalla Capriati a Miami e non supera
il record ella Navratilova di 23 finali.
1993 Vince l’Australian Open (batte
in finale la Graf), il settimo degli ultimi otto giocati, però la
Navratilova
interrompe la sua striscia di 34 partite vinte consecutivamente. Ad Amburgo,
il 30 aprile mentre gioca contro Magdalena Maleeva, Guenter Parche, un
fanatico tifoso della Graf la accoltella durante un cambio di campo. Non
giocherà per due anni e tre mesi. Chiude l’anno al n.8 con soli
quattro
tornei all’attivo.
1994 Non gioca tutto l’anno. Il
31 gennaio esce dai top 10. Il 14 febbraio esce dal ranking Wta. Il 16
marzo ottiene la cittadinanza degli Stati Uniti.
1995 Torna a giocare il 15 agosto
e vince il torneo di Toronto dopo 27 mesi di assenza. Arriva in finale
agli Us Open dove perde dalla Graf 7-6 0-6 6-3. Rinuncia per infortunio
al Masters.
1996 Vince cinque tornei compreso
il nono titolo Slam in Australia dopo aver rimontato uno svantaggio di
5-2 contro la Rubin in semifinale. Arriva nei quarti a Roland Garros, ma
vince il suo primo torneo sull’erba a Eastbourne. A Wimbleodn subisce
una dura sconfitta contro la Studenikova (n.59 del mondo). Raggiunge i
quarti alle Olimpiadi di Atlanta e la finale agli Us Open dove perde dalla
Graf.
1997 Vince tre tornei e raggiunge
altre quattro finali. Vince a Los Angeles e Montreal, torna n.2 del mondo,
ma perde dalla Spirlea nei quarti degli Us Opne.
1998 Finisce l’anno al n.6 vincendo due
tornei e perdendo altre due finali. Perde tre mesi per via della malattia
che ha colpito il padre (cancro). Tre settimane dopo la morte del padre
raggiunge la finale a Roland Garros dove perde dalla Sanchez. Perde nei
quarti a Wimbledon, Us Open e Matsers.
1999 Finisce l’anno al n.6 vincendo
un torneo e raggiungendo altre due finali. Raggiunge la semifinale
all’Australian
Open, compresa una vittoria sulla Graf, la prima negli ultimi sei anni.
Perde in semifinale dalla Hingis, la prima agli Australian Open nella sua
carriera. E’ la prima giocatrice a vincere 33 match consecutivi in una
prova del Grand Slam battendo un record che apparteneva alla Lenglen da
73 anni.
2000 E’ la sua miglior stagione
dal 1992: raggiunge almeno i quarti di finale in tutti e 16 i tornei disputati
(di cui tre vittorie). Vince una medaglia di bronzo alle Olimpiadi di Sydney
e la Fed Cup con la squadra degli Stati Uniti.
2001 Vince quattro tornei e perde
due finali. Non gioca a Rolanmd Garros e Wimbledon per una frattura da
stress ai piedi. A San Diego batte le prime duie giocatrici del mondo (Capriate
Hingis) prima di cedere in finale a Venus Williams. A Lo s Angeles salva
sei match point e sconfigge Serena Williams: è la prima vittoria contro
una delle sorelle Williams. Con la vittoria Bahia diventa l’ottava
giocatrice nella storia ad aver vinto almeno 50 titoli Wta.
2002 All’Australian Open interrompe
la striscia vincente di Venus Williams di 24 vittorie consecutive. Perde
in semifinale da Martina Hingis. A Doha vince il 52°titolo della sua
carriera.
A Charleston perde dalla Foretz, n.109 del mondo: è la prima sconfitta
subita da una giocatrice fuori dalle top 100 da quella subita contro la
Lucic (n.134) al terzo turno di Wiumbledon 1999. Vince il torneo di Madrid,
è quartofinalista al Roland Garros, a Wimbledon e agli Us Open. Si
qualifica
per la 12° volta al Masters di fine anno: perde nei quarti da Venus
Williams.
2003 I piedi impediscono a Monica
di dare il meglio di sé: raggiunge comunque due finali (a Tokyo e Dubai).
Poi però perde dalla Petrova a Roma e al primo turno di Roland
Garros.