Altro che Next Gen: il futuro di Zverev è adesso

Gli Internazionali d'Italia consacrano la stella di Alexander Zverev: il ventenne tedesco batte in finale Novak Djokovic e conquista il suo primo Masters 1000. Match perfetto nel momento più importante: diventa il primo giocatore nato negli Anni '90 a vincere un grande torneo. Ci sono ancora dubbi sul nome del futuro numero uno del mondo?
Il tennis ha scovato il suo dominatore dei prossimi anni. Punto. Non ci sono più dubbi, non ci sono più se e ma, perplessità o domande senza risposta. Tutti gli interrogativi hanno trovato una sentenza definitiva nella finale degli Internazionali d’Italia, una sentenza di quindici lettere: Alexander Zverev. Era il nome più atteso per quel ricambio generazione che arriverà, e sul Campo Centrale del Foro Italico il ventenne di Amburgo ha gridato al mondo intero che è giunta la sua ora. Non in futuro, non fra qualche mese o anno, ma adesso, subito, prima anche delle più rosee previsioni. Se è già pronto per arrampicarsi in fretta fino alla vetta del ranking ATP lo scopriremo nei prossimi mesi, ma il 6-4 6-3 rifilato a Novak Djokovic nella finale del Masters 1000 Roma è già storia. Storia di un passaggio di consegne? Probabilmente no, perché il campione serbo ha ancora molto da dare, e la scelta (ora ufficiale) di puntare su Andre Agassi per la rinascita parla molto molto chiaro. Ma un nuovo capitolo del mondo del tennis sicuramente, perché mai nessuno fra i nati negli Anni ’90 era riuscito a vincere un titolo così importante. Non ce l’hanno fatta Raonic e Dimitrov, non ce l’hanno fatta Thiem e Kyrgios, ma ce l’ha fatta lui: vent’anni compiuti da un mese e una crescita repentina che in pochi mesi l’ha portato da futuro a presente. Lui che solo qualche giorno fa diceva che la terra battuta non è la sua superficie, e fra Slam e Masters 1000 non aveva mai giocato neanche una semifinale. Ma la peculiarità dei predestinati è quella di bruciare le tappe: in un colpo solo “Sascha” si è preso la semifinale, poi la finale e quindi la vittoria, giocando al 101% la partita più importante della sua carriera, con un mostro sacro dall’altra parte della rete. I campioni veri si vendono soprattutto da questo.
MATCH PERFETTO: DJOKOVIC DISARMATO
Il Djokovic terrificante di sabato sera doveva servire a metterlo in allerta, a fargli paura o a fargli pensare che accontentarsi di una finale potesse essere una buona idea, tanto di occasioni ne avrebbe presto avute tante altre. E invece no. Zverev ha deciso che era l’ora di cancellare gli “arriverà” a favore di un grandissimo “è arrivato”, inciso sulla terra romana con 1 ora e 21 minuti di dominio vero, dalla prima all’ultima palla, come se fosse la sua centesima finale in un grande torneo, mica la prima. Il campione sembrava lui: avanti dall’inizio alla fine, inavvicinabile al servizio, capace di non concedere nemmeno l’ombra di una palla-break alla miglior risposta di tutti i tempi. Roba che nelle 95 finali ATP giocate da Djokovic era riuscita appena due volte a Federer e mai a nessun’altro. E pazienza se oggi Djokovic non è stato di nuovo all’altezza della situazione, giocando con poca intensità e troppi errori, e ha dato una mano al tedesco con una partenza da dimenticare. Un campione come lui va sempre battuto, a maggior ragione in finale: basta regalargli due punti nel momento sbagliato e il match gira in un batter d’occhio. Il più grande merito di Zverev è quello di non averglielo permesso, stupendo il Centrale strapieno e anche lo stesso Djokovic. Come se gli equilibri si fossero già ribaltati, da un torneo all’altro. È stato il serbo a concedere qualcosa nelle prime fasi di entrambi i set, ed è stato lui a fargliela pagare, con la legge del campione. Ha spento il cervello, ha cancellato tutti i pensieri diversi da dove servire o come tirare diritto e rovescio, e ha giocato senza la minima paura, un punto alla volta. Doveva essere all’altezza sull’uno-due, un po’ meno sugli scambi lunghi. Invece sull’uno-due ha dominato e sugli scambi lunghi pure, privando Djokovic di tutte le sue armi e lasciandogli in mano solamente tanta frustrazione.
IL TOP-10 PIÙ GIOVANE DAL 2008
Non si può nemmeno parlare di sorpresa, di nuova stella o quant’altro: che Zverev sarebbe arrivato si sapeva. Se mai è sorprendente che ci sia riuscito già a Roma, dopo le bocciature di Monte Carlo, Barcellona e Madrid. Ma quando uno è nato per vincere tutto diventa possibile, quasi scontato. Chi ha comprato il biglietto per la finale l’ha fatto immaginando un nuovo duello Federer-Nadal, o la rinascita di Djokovic e Murray, invece ha assistito a un capitolo ancora più importante nel grande libro del tennis, scritto a quattro mani da Zverev e da un padre (e un team) che l’ha aiutato a emergere prima di tanti altri talenti in costruzione, fino a diventare il più giovane a conquistare un posto fra i primi 10 del mondo dal 2008, quando a riuscirci fu Juan Martin Del Potro. L’argentino avrebbe raggiunto il suo picco di rendimento un anno dopo, vincendo uno storico titolo allo Us Open, mentre l’aspetto interessante della favola Zverev è che “Sascha” è ancora lontano dall’essere un giocatore completo. Deve migliorare a rete, deve crescere a livello di continuità, deve fare tanti altri passi avanti. Eppure è già fra i primi dieci, segno che in cantiere ha qualcosa di veramente molto molto importante. A Roma ne ha dato la prima grande dimostrazione, ricevendo il trofeo dalle mani di Rod Laver e raccogliendo un bell’abbraccio di Novak Djokovic (bravissimo a tributare il giusto omaggio al vincitore nonostante la tantissima rabbia accumulata nel corso del match), ma siamo solo all’inizio. E stavolta ne vedremo davvero delle belle. Quella di Roma è più di una promessa.

INTERNAZIONALI D'ITALIA - Finale maschile
Alexander Zverev (GER) b. Novak Djokovic (SRB) 6-4 6-3

GLI HIGHLIGHTS DELLA FINALE ZVEREV-DJOKOVIC
RANKING ATP LIVE: ZVEREV ENTRA NELLA TOP-10
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