Leggete bene questa frase.
“Piqué non è andato in Cina per salvare la Davis, perché non c'è niente da salvare. Questa storica competizione continuerà ad esistere, con o senza le stelle mondiali del tennis. La cosa importante sono le squadre, non tanto i giocatori”.
L'ha pronunciata Javier Alonso, direttore generale e (da settembre) amministratore delegato di Kosmos, il noto gruppo di investimento che ha comprato la Coppa Davis con la collaborazione dell'ITF e la disgustosa insipienza dei delegati delle varie federazioni. Con lo scopo di guadagnarci il più possibile, hanno inventato una formula che ha ucciso l'essenza della competizione. Faccende note, ripetute allo sfinimento. In questi due mesi, ITF e Kosmos hanno assicurato, con volti sorridenti, che la riforma avrebbe salvato la competizione perché ormai, negli ultimi anni, la Davis era disertata dai più forti. Guarda caso, si scopre che (almeno) tre dei primi cinque al mondo non saranno alla Caja Magica di Madrid, dal 18 al 24 novembre 2019. Allarme rosso? Fondamenta che iniziano a scricchiolare? Difficile a dirsi. Per adesso trapelano soltanto indiscrezioni, ma è certo che per Kosmos le cose non sono così semplici. Lo scorso weekend, approfittando di una pausa della Liga e la mancata convocazione in nazionale, Piqué si è recato a Shanghai durante il Masters 1000. Un viaggio di 10.000 km che inizialmente è stato attribuito alla paura, quasi alla necessità, di dover “salvare” la competizione che sta nascendo. Niente di tutto questo: il viaggio era programmato da mesi e aveva obiettivi di business ben precisi: in particolare, chiudere un accordo commerciale con la compagnia cinese CMC / Sequoia. Ovviamente, già che c'erano, Piqué e Alonso hanno proseguito nelle trattative con i giocatori e la stessa ATP.