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Marco Caldara
08 December 2017

Rio Open: «basta terra, dateci il cemento»

Gli organizzatori dell'ATP 500 di Rio De Janeiro sono sempre più determinati a passare al cemento, lasciando la terra del Jockey Club per utilizzare gli impianti di Rio 2016, e poter così attirare tutti i più forti. "Dobbiamo essere messi nelle stesse condizioni dei nostri concorrenti: con la terra non è così", tuona il direttore del torneo Luiz Carvalho.
Il Rio Open vuole passare al cemento, abbandonando la terra battuta Jockey Club Brasileiro per sfruttare le ottime strutture costruite in occasione dei Giochi Olimpici del 2016. L’idea tiene banco già da oltre un anno, ma inizialmente sembrava legata solamente alla possibilità che l’attuale ATP 500 riuscisse a guadagnare l’ambito status di Masters 1000, portando per la prima volta un torneo di categoria in Sudamerica. Invece, malgrado il presidente ATP Chris Kermode abbia di recente confermato che l’ormai noto rimodellamento del calendario atteso dal 2019 non prevede l’inserimento di nuovi Masters 1000, gli organizzatori guidati dal direttore del torneo Luiz Carvalho (uno dei più giovani del Tour: ha solo 36 anni) puntano comunque al cambio di superficie. L’obiettivo è ridurre il gap con gli altri tre ATP 500 del mese di febbraio, e aumentare le chance di vedere in campo in Brasile i più forti giocatori del mondo. Per il 2018 hanno già confermato la propria presenza tre degli attuali top-10 (il campione in carica Dominic Thiem, più Marin Cilic e Pablo Carreno Busta), ma gli organizzatori puntano ad accaparrarsi anche i primissimi, Fab Four compresi. Operazione che fino a quando il torneo si giocherà sul rosso sarà praticamente impossibile. “Al contrario di dieci anni fa – ha detto Carvalho – i tennisti non sono più intenzionati a passare alla terra battuta dopo la trasferta australiana, per poi tornare al cemento per i Masters 1000 degli Stati Uniti. Quindi il nostro evento è penalizzato rispetto ai tornei concorrenti. Le cose devono cambiare: dobbiamo essere messi nelle stesse condizioni di Rotterdam, Acapulco e Dubai. Al momento non è così”.
I BIG SNOBBANO LA TERRA
A Rio il problema viene a galla ogni anno, quando lo staff inizia a lavorare per portare in città i migliori del mondo. “Abbiamo contattato Juan Martin Del Potro – ha detto ancora Carvalho – ma nel 2018 non verrà. In quel periodo dell’anno lui preferisce giocare sul cemento: ha detto che qualora la nostra superficie dovesse cambiare, sarebbe disposto a partecipare. È da un po’ che stiamo portando avanti questa battaglia, ma per ora senza risultati”. Un discorso simile a quello fatto da Del Potro vale anche per Federer, Djokovic e Murray, che hanno sempre declinato l’invito in partenza a causa della superficie, mentre Rafael Nadal ha giocato le prime tre edizioni (2014, 2015 e 2016), prima di cambiare programmi e preferire a sua volta il cemento. L’obiettivo del Rio Open è quello di percorrere le orme dell’evento di pari categoria di Acapulco, che dalla terra è passato al cemento nel 2014, ottenendo risultati addirittura superiori alle aspettative. Basti pensare che nel 2017 l'Abierto Mexicano Telcel è stato l’unico ATP 500 in grado di vantare la bellezza di cinque top-10, battendo la concorrenza di un evento storico come quello di Dubai, che si gioca nella stessa settimana. Negli Emirati Arabi avranno anche Roger Federer, ma loro hanno risposto con Rafael Nadal e Novak Djokovic, staccando tutti gli eventi di categoria e mostrando che la superficie può davvero essere determinante. Solitamente l’ATP è restia a concedere cambi del genere, ma la presenza di una struttura già pronta, costruita ad hoc per un torneo di alto livello, e già testata in occasione di un appuntamento importante come i Giochi Olimpici, potrebbe favorire le intenzioni di Carvalho & Co.
UN NODO DIFFICILE DA SCIOGLIERE
Avere a disposizione un impianto così bello e non poterlo sfruttare – ha aggiunto il direttore del torneo – sarebbe un vero peccato”. Tuttavia, il punto non è affatto l’impianto, bensì il cambio di superficie, che toglierebbe un altro torneo sulla terra battuta a una Gira Sudamericana che ha già perso Acapulco, e che da tempo vede anche il torneo di Buenos Aires intenzionato a passare al cemento. Una strada che non sembra nelle intenzioni dell’ATP: un problema visto che l'approvazione del progetto dovrà passare dal board, che comprende tra rappresentanti dei tornei e altrettanti dei giocatori, col presidente Kermode chiamato al voto in caso di parità. Concedere il cambio al Rio Open vorrebbe dire trasformare quella che una volta era la mitica “Golden Swing” in un mini-tour di tre piccoli ATP 250: Quito, Buenos Aires e San Paolo, riducendo sempre di più gli appuntamenti cari agli specialisti del rosso. In più, ci sarebbe anche un nodo nel calendario non semplice da sciogliere, perché con lo schema attuale il torneo di San Paolo (che chiude la tournée, nella quarta e ultima settimana) sarebbe staccato dagli altri due eventi sul rosso, e non basta invertirlo con quello di Rio, perché il Rio Open non può finire nella stessa settimana di Acapulco e Dubai. E non funzionerebbe nemmeno la possibilità di spostare in toto i tornei della quarta settimana nella terza (e viceversa), perché così facendo verrebbe eliminata la continuità fra Rotterdam e Marsiglia e fra New York e Delray Beach. Con sole quattro settimane a disposizione, la situazione è più difficile da gestire di quanto pensino gli organizzatori del Rio Open. E, loro malgrado, potrebbero continuare a farne le spese.
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