L'AUGURIO DI RAFA NADAL
Poche settimane fa, il dominicano ha coronato il sogno di giocare contro Rafael Nadal in un torneo del Grande Slam. È capitato in Australia, dove ha incassato un triplice 6-1 nonostante abbia avuto la sensazione di giocare bene. “Lui è incredibile, non regala nulla. Mi sono dovuto conquistare ogni singolo punto”. Al momento di stringergli la mano, gli ha detto: “Rafa, ringrazio Dio per aver giocato contro di te. Era uno dei miei sogni, adesso posso anche ritirarmi”. Lo spagnolo ha replicato. “No, no, no, Victor. Devi andare a Quito e vincere ancora una volta. Devi continuare a giocare”. Frase di circostanza, ma se a pronunciarla è un campione come Rafa Nadal ha sempre un valore. Per questo, Estrella Burgos ne è rimasto colpito. “Nadal è una bella persona, la sua frase mi ha dato una grande motivazione”. E allora è risalito lassù, nel torneo più “alto” del circuito (l'unico così in altura dopo la cancellazione di Bogotà), dove l'anno scorso ha messo in fila un paio di miracoli: tre matchpoint annullati a Karlovic negli ottavi, uno a Paolo Lorenzi in finale. “È stato speciale. Contro Karlovic, ho trasformato il mio matchpoint quando lui era al servizio. È stato incredibile. Il matchpoint contro Lorenzi? Ho tirato un dritto incrociato, uno anomalo e l'ho seguito a rete. Per fortuna lui ha sbagliato”. In Repubblica Dominicana, il tennis è uno sport secondario. Per anni ha intervallato l'attività agonistica con le lezioni private, da cui recuperava le risorse da investire nel tour. La federtennis lo ignorava, mentre lo sport nazionale era (e continua ad essere) il baseball. Anche lui ha impugnato mazza e pallina. “Ogni ragazzo dominicano gioca a baseball, così l'ho fatto anch'io. Colpivo bene la palla e correvo veloce. Però avevo circa 14 anni quando ho smesso con il baseball e mi sono dedicato al tennis. Il tennis mi è entrato nel cuore. Anche se mi chiedevano di giocare a baseball, io ho scelto il tennis. Se avessi continuato a lavorare duro, credo che sarei diventato un professionista anche nel baseball. Avevo un buon occhio ed ero molto rapido, quindi, perché no? Però i miei sogni erano altrove”. Per realizzarli c'è voluto un solido mix tra pazienza e feroce forza di volontà. Motivo? Le enormi difficoltà economiche. “Ho iniziato a giocare tardi perché non avevo esempi da seguire in Repubblica Dominicana. Sono stato io ad aprire le porte del tennis professionistico nel mio paese, ma non avevo soldi. Il denaro è stato il mio principale problema. Dai 18 fino ai 26 anni d'età, ho giocato circa sei tornei all'anno. È la ragione per cui non mi ero costruito un buon ranking. Non avevo un calendario da seguire, non avevo un allenatore, non avevo un preparatore atletico. Insomma, ero da solo e senza un team”.