08 October 2016

Il boom dei marchi giapponesi

Yonex si impone nella classifica “racchette” conquistando con Wawrinka e Kerber lo slam statunitense. Nell’abbigliamento svetta Uniqlo tra gli uomini. Asics sul podio delle calzature ...

Il boom dei marchi giapponesi

di Pierpaolo Renella - foto Getty Images

 

Y come Yonex. E come yellow. Epica o ordinaria che sia, l’ultima edizione dello Us Open è nel segno del marchio giapponese e dei colori sgargianti. Archiviato Wimbledon, dove i designer devono cedere all’obbligatorietà del bianco, a New York c’è stata un’esplosione di tinte fluo di colore giallo, rosa e arancio. Tennisti supertamarri o supercool? È una questione di gusti. Nike, in particolare, ha elevato al rango di mainstream il trend della fluorescenza, al punto di far apparire dozzine di atleti come reduci da un attacco a colpi di evidenziatore, come ha commentato Judy Murray, osservatrice attenta e di spirito. Y come Yes We Dare (sì, noi osiamo), perché ammirare Milos Raonic in outfit rosa opalescente è stata un’esperienza piuttosto forte. Ma NYC - con la sua atmosfera elettrica, la ressa, i boati assordanti della folla, la musica, gli hot-dog con i crauti, i popcorn salatissimi, la birra - offre il palcoscenico bizzarro, caotico, ideale per osare.

 

Y come Yoneyama, 60 anni. Perché il presidente di Yonex è il vero vincitore di questa tappa. La forza della strategia di un management che ha puntato tutto su tecnologia e qualità dei prodotti. Prima ancora della potenza dei numeri, che poi si traducono in Yen spesi bene per costruire una squadra performante di testimonial. Yonex ritrova New York (dai tempi di Hewitt) e New York ultra-luminosa ritrova una Yonex più matura, evoluta e attrezzata per sviluppare un brand globale, amato dai consumatori di tutto il mondo. La forza della strategia è quella che ostentano Stan The Man e Angelique, atleti costruiti per lottare senza farsi mai trasportare dalla tensione.

 

Nelle nostre classifiche il marchio giapponese occupa il terzo (racchette-femminile) e il quarto (racchette-maschile) posto ma l’azienda ha ricavato una grande visibilità e il brand, anche a livello subliminale, è stato associato all’eccellenza.

 

Gli Us Open, un torneo giapponese. Sembra un’assurdità ma il binomio, tuttavia, risulta molto solido da quando le aziende del Sol levante hanno deciso di rafforzare le rotte internazionali per compensare gli effetti di invecchiamento e contrazione della popolazione, e di un mercato interno stagnante. Non solo Yonex. La finale maschile, ad esempio, è stata una sfida tra outfit giapponesi, con la Uniqlo di Nole sempre più salda al comando del ranking dell’abbigliamento maschile (con oltre 1.000 punti di vantaggio su Nike). E in semifinale abbiamo ammirato un altro atleta UNIQLO (Kei Nishikori) e un atleta Asics (Gael Monfils). Il marchio Asics, dal canto suo, è sul podio nelle classifiche delle calzature e vince ovunque – tranne che nell’abbigliamento femminile – la sfida con il concorrente Lotto.

 

C’è davvero poco da stupirsi se nel 2016 i brand giapponesi hanno superato la concorrenza occidentale. Guidati da Djokovic e Uniqlo, i produttori di abbigliamento hanno portato sette atleti (4 UNIQLO, 2 Yonex, 1 Asics) nelle otto semifinali di Slam disputate nell’anno in corso - più di quanto abbiano fatto i marchi Nike (2), Adidas (2) e New Balance (2) messi insieme. Marchi dell’estremo oriente con “cittadinanza globale”, come recita lo slogan di Yonex. Uniqlo ha inondato l’Europa con una gran quantità di negozi monomarca. Nel 2015 Yonex, per la prima volta nella sua storia, ha realizzato più della metà dei profitti all’estero (il fatturato estero è raddoppiato negli ultimi quattro anni).

 

Le rotte commerciali sono cambiate a spese di Nike che, grazie a Serena, conserva il top del ranking solo in ambito femminile. Nessuno è invincibile. Con una scuderia di campioni dominata da over 30 (Federer 35 anni, Nadal 30, Serena 35), c’è la necessità di guardare al futuro. Se nel tennis femminile Keys (la più giovane top ten), Kasatkina e Ostapenko sembrano garantire un ricambio generazionale di primissima qualità, c’è forse la necessità di investire in campo maschile, dove al momento il solo Kyrgios sembra attrezzato per centrare una finale di Slam negli anni a venire.

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