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Marco Caldara
15 December 2017

Il dietrofront “olimpico” di Aljaz Bedene

A due anni e mezzo dalla scelta di giocare per la Gran Bretagna, Aljaz Bedene ha scelto di tornare sotto la bandiera della sua Slovenia. Determinante la norma ITF che non gli ha permesso di difendere i colori britannici in Coppa Davis: sogna di disputare almeno una Olimpiade, e per farlo è fondamentale (o quasi) giocare in nazionale. L’unica chance era tornare sui suoi passi.
A circa due anni e mezzo dalla decisione di passare sotto la bandiera della Gran Bretagna, dal 1° gennaio prossimo Aljaz Bedene tornerà a giocare per la Slovenia. Già allo scorso Roland Garros il 28enne nativo di Lubiana aveva confessato l’intenzione di fare marcia indietro, dopo aver visto sfumare in tribunale la possibilità di giocare la Coppa Davis per la sua nuova nazione, e oggi con un post sui social ha ufficializzato la decisione. “Ho informato l’ITF – ha scritto – della mia intenzione di rappresentare la Slovenia a partire dal 1 gennaio 2018. Uno degli obiettivi principali della mia carriera è di disputare i Giochi Olimpici del 2020 a Tokyo. […] In questa fase della mia carriera non voglio perdere l’opportunità di giocare in Coppa Davis e alle Olimpiadi, due eventi che significano molto per me, e questo è ciò che mi ha portato a prendere questa decisione. Non è stato facile e ci tengo a ringraziare di nuovo tutti per il loro supporto”. Anche se Bedene ha chiuso la stagione fra i primi 50 del mondo per la seconda volta in carriera, in cambio di nazionalità in sé non fa tanto rumore, se non fosse che fra 2015 e 2016 il “caso cittadinanza” di Bedene aveva tenuto banco a lungo, fra tentativi andati male, ricorsi e anche qualche dispetto.

NIENTE DAVIS CON LA GRAN BRETAGNA
In sintesi, dopo essersi trasferito nel Regno Unito nel 2008 con la fidanzata Kimalie, cantante poi diventata sua moglie la scorsa estate, Bedene ha ottenuto la cittadinanza britannica nel 2015, chiedendo immediatamente ad ATP e ITF di iniziare a rappresentare il nuovo Paese. Tuttavia, in virtù della norma entrata in vigore il 1° gennaio dello stesso anno, che impediva a chiunque avesse rappresentato una nazione in Coppa Davis di giocare successivamente per una seconda, gli è stato impedito di giocare in nazionale, visti alcuni match disputati in precedenza con la Slovenia. Ne è nata una battaglia legale lunga oltre un anno, che col supporto della Lawn Tennis Association (interessata a schierarlo in Coppa Davis nell’anno della finale vinta) l’ha visto appellarsi al board dell’ITF, con un ricorso che verteva sul fatto che la sua richiesta per cittadinanza britannica fosse partita molto prima dell'entrata in vigore della nuova norma. Tuttavia, l’ITF non è tornata sui suoi passi, un secondo ricorso all’arbitrato indipendente Sport Resolutions (una sorta di CAS di Losanna limitato al territorio del Regno Unito) ha ribadito la decisione della Federazione Internazionale, e Bedene si è trovato costretto a rinunciare alla Coppa Davis.
A CACCIA DELL’ELEGGIBILITÀ OLIMPICA
Il “no” definitivo è arrivato nel marzo del 2016, e una volta capito che la situazione non sarebbe più cambiata Bedene ha iniziato a meditare il dietrofront, perché se uno dei suoi più grandi obiettivi è quello di partecipare almeno una volta ai Giochi Olimpici, l’unica possibilità di guadagnare l’eleggibilità è quella di giocare per la Slovenia. In realtà le norme Olimpiche dell’ITF non dicono che è necessario scendere in campo: basta che la Federazione di appartenenza dimostri che il giocatore è sempre stato disponibile a essere convocato, e certifichi buoni rapporti (quello che viene definito “good standing”) fra le due parti. Un po’ come avvenuto nel 2016 con Thomas Fabbiano: in nazionale il pugliese non è mai stato nemmeno convocato per ragioni di classifica, ma ha giocato regolarmente a Rio de Janeiro. Un caso che però in Gran Bretagna per Bedene non poteva funzionare comunque, perché la sua disponibilità alla convocazione non vale, dato che da regolamento non può scendere in campo. Da lì la decisione di cambiare di nuovo strada, che il pubblico britannico sembra aver accolto senza particolari mugugni. Leggendo la cinquantina di commenti apparsi sotto il suo post su Facebook, si direbbe che gli appassionati hanno capito le motivazioni della sua decisione e l’hanno appoggiato. Dopotutto, aveva cambiato nazionalità con degli obiettivi, che gli sono stati preclusi dall’ITF. Quindi torna indietro.

IL DISPETTO SLOVENO DEL 2015
Dalla situazione ne guadagna la Slovenia, che in questo momento ha bisogno come il pane di giocatori competitivi. Attualmente hanno un solo top-200, Blaz Kavcic al numero 97, quindi per motivi strettamente legati ai risultati non può che fargli piacere ritrovare un leader da circuito ATP, che quest’anno è arrivato in finale al 250 di Budapest e ha raggiunto il terzo turno a Wimbledon. Resta da capire come lo accoglierà la Federazione, visto che al tempo dell’addio non avevano preso per niente bene la sua scelta di staccarsi dalla patria d’origine. La valutarono come una grave mancanza di rispetto dopo tutti gli aiuti (economici e non) forniti al giocatore negli anni precedenti, malgrado lui stesso avesse deciso di trasferirsi altrove a caccia di un futuro che – a detta sua – in Slovenia non avrebbe trovato. Tanto che gli sloveni si presero una piccola vendetta nel novembre del 2015, quando Bedene discuteva davanti all’ITF la possibilità di giocare o meno in nazionale, con la finale di Coppa Davis alle porte. La Federazione slovena non mandò all’udienza il proprio rappresentante, così l’ITF fu costretta a rimandare la pronuncia (da regolamento doveva essere presente anche la controparte) e Bedene non ottenne una risposta in tempo per giocare la finale. Poi si sarebbe scoperto che non avrebbe comunque potuto giocare, ma il dispetto c’è stato. Probabile che il tempo abbia aiutato a ricucire pian piano la ferita, e che prima di prendere una decisione simile Bedene abbia sondato il territorio, trovando le porte aperte per tornare in nazionale e guadagnarsi in futuro il tanto prezioso “good standing”.
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