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Gulbis torna a correre veloce a Melbourne: "Ma sono senza scarpe"

Il lettone, sprofondato al numero 256 delle classifiche, centra per la prima volta il terzo turno agli Australian Open. Ma è senza sponsor e fa fatica a trovare il proprio numero di scarpe

Foto Ray Giubilo

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C’è una scheggia impazzita in quel di Melbourne anche quest’anno. In senso buono, finalmente. Ernests Gulbis, lontano dalle luci della ribalta, si è affacciato con inattesa facilità al terzo turno dopo aver superato le qualificazioni e aver concesso molto meno del previsto ad Auger-Aliassime e Bedene, con un solo set lasciato per strada. Risultati che non dovrebbero stupire alla luce del talento del lettone ma che invece segnano un piccolo record personale: mai aveva superato due turni agli Australian Open, una “impresa” ancor più significativa se accompagnata da quel numero 256 alla casella della posizione del ranking. Un tracollo inevitabile dopo un record di 6 vittorie e 17 sconfitte sul circuito maggiore nel 2019, l’ultima addirittura risalente allo scorso 30 luglio a Los Cabos. Certo, sulle spalle (o meglio sulla schiena) sono gravati pure una serie di acciacchi che lo avevano costretto a rinunciare agli ultimi tornei della stagione. Che sia stata questa la chiave per preparare con più calma il nuovo anno? Gulbis non lo esclude e, alla tenera età di 31 anni, sembra aver ormai accettato pacificamente il suo andamento da montagne russe: tracciare una linea grafica dei balzi in classifica mondiale del buon Ernests appare un’operazione molto complessa, considerando l’inusuale abilità di scalare – in avanti o all’indietro – anche oltre 100 posizioni nell’arco dell’anno solare. “Ogni due anni faccio una sorta di rincorsa, poi mi prendo una pausa altrettanto lunga. Vediamo quanto durerà”, ha sentenziato Gulbis dopo il 3-0 rifilato a Bedene (seppur a servizio ridotto) a Melbourne. E non potrebbe essere altrimenti per un personaggio che ha dovuto aspettare qualche anno in più per maturare come uomo e atleta, uno che odiava 'far fatica, allenarsi e viaggiare’. Per vivere non avrebbe avuto bisogno di certo del tennis con un papà milionario (tra i più ricchi della Lettonia) e una mamma attrice, motivo per cui in campo spesso e volentieri si è dimostrato indolente. Una volta inseriti i giusti settaggi, però, Gulbis ha dimostrato di poter valere (e tanto) entrando in top-10 nel 2014 dopo la semifinale al Roland Garros prima che la sfortuna si mettesse di traverso con diversi problemi al polso dal 2015.

Il bel percorso in Australia somiglia molto al terzo turno centrato a Wimbledon nel 2017 da numero 589 al mondo, avvio di quella rincorsa biennale citata dallo stesso Ernests e conclusa con un dignitoso ranking di numero 99 alla fine del 2018. Lo Slam down under può rappresentare un nuovo punto d’inizio, l’ennesimo di una carriera di saliscendi ma… “Houston, abbiamo un problema”. Gulbis si è presentato a Melbourne senza sponsor e con un solo paio di Adidas di numero 46. Sperava di rimediare sul posto ma la ricerca si è rivelata più difficile del previsto: “Ho chiamato Adidas ma non avevano neppure un paio, ho provato perciò quasi una decina di negozi e solo due di loro ne avevano a disposizione. Credo di aver acquistato le ultime dell’intera città”. Una soluzione provvisoria ma al momento non del tutto risolutiva: il primo paio è già stato consumato e il secondo ha già segni dell’usura. Un problema dal sapore più dolce potrebbe presentarsi in caso di approdo alla seconda settimana con una vittoria su Gael Monfils. “Non so chi abbia un 46 Adidas nel circuito. Thiem è di un numero più piccolo, Tsitsipas non so. E’ divertente solo pensarci, incredibile”, ha scherzato Ernests che adesso progetta la risalita. Con la maturità di un trentunenne, sposato e padre da quasi due anni, analizza con lucidità la propria situazione pur affermando di “poter giocare altri cinque anni. Ma ora sono già contento di queste cinque vittorie, ogni punto per il ranking è importante. Voglio tornare il più velocemente possibile in top-100, sarò felice quando sarò nelle qualificazioni dei tornei 250”. Non è mai troppo tardi per crederci ancora.

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