Con quella carriera lì, spezzata da mille infortuni, un piazzamento nei quarti dello Us Open non è un risultato banale. Juan Martin Del Potro lo sa, e sa che il 2018 è un anno speciale. Poco prima dello Us Open ha messo fine a una rincorsa durata 10 anni, al podio del ranking ATP. Lo annusava, lo sfiorava, ma poi i polsi facevano le bizze e ogni traguardo si allontanava. Tra i vari tornei, tuttavia, lo Us Open è il suo preferito. Da ragazzino, quando gli chiesero i suoi obiettivi di carriera, disse che avrebbe voluto vincere a New York (fatto), vincere la Coppa Davis (fatto) e diventare numero 1 del mondo (work in progress). A New York, per qualche strana ragione, offre sempre il meglio di sé. È l'unico Slam in cui è arrivato per sei volte nei quarti di finale, ma non vuole fermarsi qui. Nella notte di domenica, ha dato una severa lezione a Borna Coric (6-4 6-3 6-1 in poco più di due ore). Si pensava che la solidità del croato potesse metterlo in difficoltà, certamente di più rispetto all'incostante genialità di Fernando Verdasco. Invece lo ha tenuto a bada, giocando un match intelligente sul piano tattico. “Mi sono reso conto che giocava meglio quando tiravo forte, allora ho trovato il modo di variare tatticamente, soprattutto con il rovescio in slice”. E Coric, peraltro dolorante a una gamba (si è fatto fasciare nel corso del match) è caduto nel tranello dopo aver giocato un buon primo set. Il termometro del tennis di Del Potro, oggi più che mai, è il rovescio. E da lì vengono ottime indicazioni.