Sonego era limitato e non vinceva niente: riserva nella Coppa delle regioni, zero tornei giovanili vinti. Non era neanche un estroverso, se ne stava per gli affari suoi e sembrava non interessargli di apparire. A pelle, poteva passare per uno nato per stare in seconda fila. «Però gli vedevo vincere delle partite incredibili, con ragazzi molto più forti, solo con la regolarità». Giocando a non sbagliare, Arbino accompagnò Lorenzo fino alla classifica 2.3, poi lo prese da parte e gli fece un bel discorso: «Con quel tipo di tennis, anche se si era creato una base che gli sarebbe stata utile per sempre, non poteva sperare di fare di più. Visto che aveva anche messo su un po’ di peso, gli dissi che doveva stare più vicino al campo e spingere, con le sue armi: servizio e dritto. Faticai a convincerlo, poi iniziò a farlo. E a perdere: esagerava, cercava il vincente sempre, sbagliava. Ricordo sconfitte contro Vavassori al Caroleo, contro Turco e altri ragazzi contro cui, alla vecchia maniera, avrebbe potuto vincere. Lo tranquillizzavo, per fortuna mi ha sempre ascoltato: anche quando gli ho detto che doveva essere più serio negli allenamenti, smettere di svicolare durante le ore di atletica o di allenarsi al risparmio».
Coi soldi contati, Lorenzo e Gipo - oppure il padre, quando occorreva - partirono per i primi Futures nel 2014, quando perse 7-6 al terzo contro Federico Gaio. Eppure nulla si muoveva. Arbino telefonò a una sua conoscenza, Giancarlo Palumbo, di casa a Tirrenia: «Gli dissi che c’era un ragazzo da vedere, che secondo me poteva dare delle soddisfazioni. Lui mi rispose che c’era un responsabile del progetto over: replicai che io neanche sapevo dell’esistenza di un progetto. Mi consigliò di chiamare Umberto Rianna, che conoscevo dai tempi in cui allenava Starace e Potito aveva vinto il 100.000 dollari allo Sporting. Lo portai a Tirrenia per quattro giorni, vinse praticamente contro tutti nonostante i suoi difetti tecnici. Molti la pensavano come me: cavolo, ma se questo vince con servizio, dritto e grinta, rispondendo quasi mai e col rovescio scarsino, magari... Da allora, è iniziato un rapporto fantastico. Ci hanno aiutato tanto, anche economicamente. Qui, al Green Park, sono arrivati i primi risultati di Lorenzo e la Fit ci ha dato una grande mano. Spesso, per accompagnarlo, io non gli chiedevo neanche la diaria; lui pagava solo gli allenamenti, col 50% di sconto, e con i soldi federali, usati solo per lui, siamo riusciti a seguirlo un po’ di più. Fino al 2017, quando hanno creato il "sistema protezione": il giocatore anticipa i soldi per allenamenti, tornei, spese mediche, ristorante eccetera e loro rimborsano, presentando i giustificativi, fino a un tot. Mi sembra una cosa corretta: in passato, i soldi venivano anticipati da loro e, magari, qualcuno li aveva usati per comprarsi una macchina nuova». Quest’anno, la protezione a Sonego sarebbe stata riconosciuta anche per una cifra maggiore ma, dopo il clamoroso Australian Open e una raccolta di montepremi che ha superato i 300.000 dollari in pochi mesi, il finanziamento, non più necessario per le sue trasferte, è stato giustamente dirottato sul compenso di Damiano Fiorucci, un valente preparatore che presta la sua opera itinerando.
Quando racconta della sua prima volta, a sessant’anni suonati, negli hotel di lusso del tennis, Gipo ha l’entusiasmo del ragazzino al parco Disneyland: «Ah, l’Australia... Il primo Slam è stato un sogno, per me. Per fortuna, col senno di poi, Lorenzo aveva perso al primo turno al challenger di Playford. Siamo rimasti dieci giorni a lavorare, l’ho messo sotto: cesto, precisione, servizi. Siamo arrivati a Melbourne super preparati, ha battuto Monteiro che è un bel cagnass, poi Safwat e Tomic. Una favola, non stavo più nella pelle. Ecco: quello che ho vissuto lì, e che sto vivendo ora, lo ritengo un premio ai 40 e passa anni che ho dedicato a questo sport, danneggiando la mia vita privata. Non voglio fare la vittima, ma è così. Ho speso tempo, soldi e ho fatto tante rinunce. Dopo la separazione, ho avuto un altro paio di relazioni importanti, sempre finite causa tennis. Sono un esagerato: rapporti anche straordinari si sono incrinati perché, se devo seguire un ragazzo, io rinuncio al week-end, alla vacanza: quest’anno, per dire, non ho fatto un fine settimana a casa o un giorno di ferie. Per passione, mica mi pesa; semmai, pesa a chi è stato con me, che ha resistito finché ha potuto. La mia compagna di oggi è ben disposta, ha capito e per fortuna ha tanti impegni. Mia figlia è del 1979, ha un bimbo di sei e una di tre. Fare il nonno è una cosa che mi manca: mi sto rendendo conto che tutto il tempo che ho tolto a mia figlia, ora lo sto togliendo anche ai miei nipotini».