Non è semplice mettere ordine in una faccenda cui si mischiano questioni di natura giuridica, giuridico-sportiva e di delicati rapporti personali. La (non) notizia è che Camila Giorgi non figura tra le quattro convocate per il match di Fed Cup contro la Spagna (previsto a Chieti i prossimi 10-11 febbraio). Tuttavia, una serie di notizie apparse nell'edizione odierna di Gazzetta dello Sport e di Repubblica hanno svelato alcuni retroscena. Detto che la conseguenza di quanto accaduto è la non convocazione di Camila, per capirci qualcosa è necessario dividere il ragionamento in tre parti.
GIUSTIZIA SPORTIVA
Come è noto, il Collegio di Garanzia del CONI ha ripristinato la condanna originaria alla Giorgi (9 mesi e 30.000 euro di multa: i 9 mesi, tra l'altro, sono abbondantemente scaduti). Le motivazioni sono talmente macchinose, per non dire fantasiose, che sono state persino oggetto di alcuni seminari organizzati dall'Ordine degli Avvocati. Camila era stata prosciolta in secondo grado perché non era tesserata quando rifiutò la convocazione per Spagna-Italia dell'aprile 2016. Il Collegio CONI, invece, ha enunciato il curioso principio del “rapporto di tesseramento” tra l'atleta e la sua federazione, anche in assenza di tessera. Secondo un ragionamento cervellotico e – secondo noi – non condivisibile, è stato detto che un atleta è soggetto ai regolamenti di una federazione anche senza essere tesserato. In virtù di questo, i nuovi legali della Giorgi (dopo l'uscita di scena di Fabio Azzolini) Antonio Pazzaglia, Massimo Diana e Vittorio Rigo hanno presentato ricordo al TAR del Lazio per l'annullamento della sanzione. L'impressione è che abbiano buone carte in mano. La vicenda potrebbe protrarsi ulteriormente, visto che dopo il TAR potrebbe entrare in scena il Consiglio di Stato. La vicenda riguarda soprattutto i 30.000 euro, giacché la squalifica è abbondantemente terminata.
COLLEGIO ARBITRALE
Con meno pubblicità rispetto alla faccenda sportiva, in questi mesi è andato avanti il procedimento presso il Collegio Arbitrale, a cui la FIT si era rivolta dopo che la Giorgi aveva disatteso il contratto siglato qualche anno fa, in cui si impegnava a rispondere a tutte le convocazioni. Sul punto, chiarendo le notizie pubblicate da Gazzetta e Repubblica, il sito FIT ha rivelato l'esito della diatriba: lo scorso 16 gennaio, il Collegio ha dato ragione alla Federazione e condannato la Giorgi al pagamento di ben 185.876 euro, così suddivisi:
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130.000 come rimborso per le cifre erogate in suo favore dal 2010 al 2016.
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49.500 per spese e pagamento del Collegio stesso.
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6.376 per spese di patrocinio legale.
Se sul piano sportivo la posizione della Giorgi ci pare piuttosto solida, la sentenza del Collegio Arbitrale non sorprende: difficile trovare scappatoie se le clausole sul contratto (liberamente firmato da entrambe le parti) erano chiare. Sul punto, la FIT ha fatto valere i propri diritti e ha trovato soddisfazione.