“Però parlate, eh!”. Fabio Fognini ha esordito così, in quei pochi secondi di silenzio prima che iniziassero le domande. A 31 anni, non ha perso la voglia di essere un giocherellone. Con la maturità ormai raggiunta (pur senza rinunciare a certe caratteristiche strutturali), forse è proprio questo il suo segreto. La vittoria contro Dominic Thiem è la più bella nella sua lunga militanza al Foro Italico. 12 mesi fa, Murray era n.1 ATP ma non aveva la stessa forma dell'austriaco. E quella del 2006, contro Novak Djokovic, nelle qualificazioni, risale al Paleolitico tennistico. Soltanto cinque giorni fa, l'austriaco metteva fine alla striscia vincente di Rafa Nadal. Tanto bastava per farlo sembrare un ostacolo insormontabile. Senza dimenticare i precedenti, tutti negativi. “Ho giocato una partita di alto livello – ha detto Fognini – contro di lui bisogna prendere rischi, altrimenti perdi. Penso di aver espresso un ottimo tennis. Magari meno continuo rispetto al primo turno, ma certamente più alto. Sul 3-2 al terzo, quando ho sciupato cinque palle break, ammetto di aver fatto qualche pensiero negativo, anche perché ieri avevo visto la partita di Seppi, in cui l'andamento era stato simile”. L'azzurro si porta dietro un problema fisico a un piede da qualche mese: comparso in Australia, se lo è “portato dietro” nei tornei sulla terra sudamericana, poi “era magicamente scomparso a Indian Wells e Miami, salvo poi ricomparire in Coppa Davis. Probabilmente si tratta di qualcosa che ha a che fare con la scivolata”. C'è bisogno di qualche cura per sistemare il tutto, ma in questa fase della stagione “Non posso e non voglio fermarmi. Mi prenderò una pausa dopo il Roland Garros”. Ma prima di pensare a Parigi c'è Roma, dove non ha mai raggiunto i quarti di finale. È ovvio che le ragioni di certe difficoltà non sono soltanto tecniche, ma anche (soprattutto?) ambientali. Fognini è il miglior tennista prodotto dall'Italia negli ultimi 40 anni e deve spesso fronteggiare mille aspettative e altrettante pressioni. E l'ambiente del Foro non è semplice. “Non dimenticherò mai il 2014. Mi ero presentato da numero 15 al mondo e c'erano tante aspettative. Ho giocato male e sono uscito tra i fischi”.