Chissà se Fabio Fognini crede a certe superstizioni. Nella notte italiana, anzi, all'alba di domenica, giocherà la 17esima finale in un torneo ATP. E il numero 17, si sa, si presta a tante interpretazioni, non tutte positive. Stavolta rappresenta una grande occasione per vincere finalmente un torneo ATP su una superficie diversa dalla terra battuta. Nato e cresciuto sul mattone tritato, Fabio ha trovato una grande adattabilità al cemento e lo ha dimostrato in più occasioni, raggiungendo tre finali. Le ha perse tutte, ma a Los Cabos può interrompere un digiuno che – per il tennis italiano – perdura da sei anni. L'ultimo azzurro a vincere lontano dalla terra battuta è stato Andreas Seppi a Mosca, nel 2012. Più in generale, il 75% dei nostri titoli sono arrivati sul rosso. 46 su 61. I quindici successi “extra” sono così spalmati: 7 indoor, 7 sul cemento all'aperto e uno sull'erba (Eastbourne 2011, sempre Seppi). Sfruttando un tabellone non complicatissimo, e la possibilità di un bye, Fognini ha raggiunto la finale vincendo tre partite. C'era un pizzico di preoccupazione per la semifinale contro il britannico Cameron Norrie, ragazzo in forma e in rapida ascesa. Ma Fognini si era “allenato” al turno precedente contro un altro mancino, Yoshihito Nishioka, e ha confermato di non soffrire contro chi gioca con la sinistra. Un rapido 6-4 6-2 lo ha spinto in finale e gli offre la possibilità di vincere, per la prima volta, tre titoli in una stagione (quest'anno si è già imposto a San Paolo e Bastad). Quella contro Del Potro è una sfida affascinante perché all'angolo di Fabio c'è Franco Davin, l'uomo che ha accompagnato “Delpo” per quasi tutta la carriera. Insieme hanno vinto lo Us Open 2009 e sono arrivati per due volte al numero 4 ATP, stessa classifica attualmente occupata da Delpo. Se Alexander Zverev dovesse perdere in semifinale a Washington, l'argentino avrebbe la certezza di salire al numero 3. La collaborazione tra Del Potro e Davin è terminata nel 2015, quando si pensava che i guai al polso potessero essere definitivi. Un anno e mezzo dopo, Davin ha iniziato il progetto con Fognini. Un progetto complicato, giacché l'azzurro veniva da una stagione difficile e doveva riscostruirsi, sia fisicamente che mentalmente.