INTERMEDIAZIONE BANCARIA E MCENROE
E allora, perché Nunez non ci ha neanche provato con il professionismo? “Subito dopo la laurea ti danno un visto di un anno per lavorare, ma lo puoi utilizzare soltanto terminati gli studi. Se non ti laurei, perdi l'opportunità. Io mi sono sempre allenato bene, ma se non sei al 100% non puoi giocare a tennis. E io non ero convinto al 100% di potercela fare. Così ho preso il visto e ho iniziato a lavorare”. È stato bravo e fortunato perché ha trovato un impiego inerente al suo percorso di studi: nonostante fosse esperienza, ha finito addirittura a Wall Street. La possibilità è nata con “Tradition”, società di intermediazione bancaria. “Sarebbe stato folle non approfittare della possibilità”. Lo stipendio è buono, soprattutto considerando la giovane età, e l'orario non è massacrante. Lavora dalle 7.30 alle 15.30, dunque c'è spazio per gli hobby. E il tennis continua ad avere una certa importanza. Ha trovato impiego come coach nell'accademia di John McEnroe, sempre a New York. “Lo faccio perché voglio restare legato a questo mondo e, se posso insegnare ai bambini, sono felice. Non voglio abbandonare lo sport”. Tuttavia, Nunez è convinto della sua scelta. Non ha incertezze, dubbi, ripensamenti. Insiste nel dire che vincere un Challenger a 17 anni non garantisce l'ingresso tra i top-50 ATP. “E se vai all'università non ti precludi niente: l'età media dei top-100 ATP è 28 anni, ma se ti laurei a 22-23 hai tutto il tempo per provarci. Inoltre l'università aiuta: migliori sia tecnicamente che fisicamente. Comunque vada, sarà sempre una buona decisione”. E lui, il mancino che qualcuno aveva paragonato a Marcelo Rios e se la giocava con Sascha Zverev, ha trovato la sua strada. Un esempio dai seguire per i tanti – troppi – giocatori che si trascinano stancamente nei tornei minori fino a 30 anni suonati, con l'unica prospettiva di fare i maestri o i palleggiatori per il resto dei loro giorni. A cifre ben inferiori di chi entra, ogni mattina, a Wall Street in giacca e cravatta.