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Dottoressa Buzarnescu, top-50 WTA per caso

Convinta di non avere più la possibilità di diventare una tennista di livello, Mihaela Buzarnescu ha completato gli studi all'Università di Bucarest. Poi il ginocchio malandato ha smesso di farle male e ha iniziato una clamorosa scalata che l'ha portata dal n.500 alle top-40. E adesso la Dottoressa Mihaela non si pone più limiti.
Capita spesso che un giocatore o una giocatrice raggiunga o ritrovi alti livelli in età più avanzata. Tuttavia, non esiste una storia più improbabile di quella di Mihaela Buzarnescu. Fino a pochi mesi fa, la rumena era incastrata nell'enorme gruppo delle inseguitrici, anonima, senza speranza di sfondare. E pensare che da giovane era molto promettente, tanto da arrivare al numero 4 tra le Under 18. Una serie di problemi fisici, soprattutto alle ginocchia, le avevano impedito di avvicinarsi al tennis che conta. Un anno fa, la 29enne di Bucarest era fuori dalle prime 500. Oggi è tra le top-40, con il sogno di presentarsi al Roland Garros da testa di serie. In pochi mesi, c'è stata una serie di prime volte: primo Slam giocato (Us Open), prima finale WTA (Hobart) e prima vittoria contro una top-10 (Jelena Ostapenko a Doha). Tutto fa pensare che ce ne saranno altre. Aveva ben altri pensieri la scorsa estate, quando si è recata in Olanda per giocare alcune gare a squadre. Nella Serie A olandese giocava per l'Haagse Lawn Tennisclub Leimonias, a Den Haag, più per capire come rispondeva il fisico che per mettere da parte qualche soldo. All'improvviso, il ginocchio ha smesso di farle male ed è iniziata una cavalcata quasi irrazionale. È l'epilogo di una storia lineare fino ai 18 anni di età, poi diventata un calvario quando è diventata professionista. E pensare che le ginocchia martoriate le hanno dato fastidio per tutta la prima parte del 2017. “Sono stata costretta a prendermi qualche settimana di pausa, al punto che mi domandavo se avessi potuto riprendere entro la fine dell'anno per giocare i tornei da 25.000 dollari in Italia, a fine stagione”. Il fato ha voluto che Santa Margherita di Pula non finisse nelle sue rotte. Mihaela ha iniziato a giocare prestissimo: figlia di due giocatori di club (i genitori si sono conosciuti proprio sul campo da tennis), ha tirato i primi colpi quando aveva 2-3 anni. Vinti i primi tornei regionali, papà l'ha presa da parte le ha chiesto se avesse intenzione di provarci con il tennis. Alla sua risposta affermativa, l'ha messa in guardia: “Dovrai allenarti molto duramente”. A quel punto la scuola è stata scalzata nella scala delle priorità. Allenamenti e tornei sono diventati il primo impegno per Mihaela. I risultati le erano amici: tra le giovani ha raggiunto la finale all'Orange Bowl, battendo Agnieszka Radwanska nei quarti e perdendo dall'attuale numero 1, Caroline Wozniacki. Tre mesi prima arrivò in semifinale allo Us Open, perdendo in tre set contro Victoria Azarenka.
DALL'UNIVERSITÀ AL MIRACOLO OLANDESE
Ma la cattiva sorte era dietro l'angolo: “A 18 anni ho avuto il primo infortunio, alla spalla. Ero n.4 junior e già numero 240 WTA. Mi sono fermata per sei mesi e ho perso tutti gli sponsor. Nessuno credeva più in me”. Ha ripreso a giocare l'anno dopo ed era tutto diverso. Non era più competitiva, non come avrebbe voluto. In assenza dei costi doveva pagarsi tutto e per questo andava da sola ai tornei, senza coach. Nel 2012 era arrivata intorno al numero 140 WTA, poi sono comparsi i problemi al ginocchio. Due anni di stop, altro ritorno. Riacciuffato un posto tra le top-200, il ginocchio ha ripreso a martoriarla. “È stato un incubo, si è trattato dello stesso infortunio – racconta la Buzarnescu, oggi n. WTA – mi sono sottoposta a due interventi, ma non sono serviti a nulla. Il ginocchio non guariva e i medici non sapevano cosa fare. Le ho provate tutte: sono andata dal medico di Rafael Nadal, poi ho visto un altro specialista in Svizzera. Erano tutti confusi, non sapevano cosa consigliarmi. Dopo le due operazioni, non ero sicura di poter continuare a giocare. È stato orribile, allora ho pensato a fare qualcosa di diverso”. Nel lungo periodo fuori dal tennis, ha proseguito il suo dottorato in Scienze dello Sport presso l'Università Nazionale di Educazione Fisica e Sport a Bucarest. Tutte le specializzazioni erano legate al mondo dello sport, con la speranza di trovare un lavoro. “Ho trovato un modo per occupare il tempo, altrimenti senza giocare a tennis avrei rischiato di diventare pazza. Pensavo che fosse un buon modo per trovare lavoro. Ok, avrei potuto fare l'allenatrice ma ero molto confusa. Avevo la speranza di giocare, ma in cuor mio ho sempre pensato di non avere chance. Ero piena di dubbi: restare in Romania? Andare all'estero? Trovare lavoro?”. La passione per il tennis ha preso il sopravvento, allora si è data un'altra chance. L'inizio del 2017 non è stato un granché, peraltro con due mesi di stop. Poi, come per magia, il ginocchio ha smesso di fare male. A quel punto, Mihaela ha dimenticato la parola “sconfitta”. In estate ha vinto quattro ITF consecutivi in quattro paesi diversi: Ungheria, Turchia, Spagna e Germania. Da giugno a dicembre ha vinto la bellezza di 52 partite. Tutto è nato durante le gare a squadre in Olanda. Mi sono sentita bene, la fiducia era tanta perché il livello era molto alto. Giocavo sempre meglio ed ero sempre più rilassata”. A settembre si è qualificata per lo Us Open, dove ha ritrovato quella Wozniacki da cui aveva perso undici anni prima nel torneo junior. È stata un po' una chiusura del cerchio.
UNO SPOGLIATOIO DIFFICILE
​Mentre ha continuato ad essere inarrestabile nei tornei ITF, ha raggiunto la sua prima semifinale WTA a Linz, peraltro con vittorie di prestigio contro Kontaveit, Tomljanovic e Bencic. Ha chiuso l'anno al numero 77 WTA. Non paga, a Hobart ha raggiunto la sua prima finale nel circuito maggiore (KO contro Elise Mertens). A Melbourne ha pescato nuovamente Caroline Wozniacki, poi ha continuato a giocare bene fino a raggiungere il terzo turno al Premier Five di Doha, con tanto di successo su Jelena Ostapenko. Ormai in pianta stabile nel circuito WTA, la Buzarnescu non è troppo contenta dell'ambiente. “È molto difficile fare amicizie nello spogliatoio WTA” diceva Garbine Muguruza: le parole della rumena sembrano confermarlo: “Nei tornei WTA l'ambiente è molto diverso rispetto a quello degli ITF. Gli organizzatori ti trattano bene, però le giocatrici ti parlano meno. Ognuna ha il suo team e raramente parlano tra loro. Negli ITF si socializza di più”. Come se non bastasse, ha rincarato la dose: “Io ho un mio team, ma ai tornei mi capita ancora di andare da sola. A Linz, per esempio, è venuta una mia amica. L'ho accreditata come coach e sono arrivata in semifinale. Il problema è che nessuna parlava con nessuna. Non è che non parlavano con me, non parlavano proprio. Mi ha sorpreso trovare un ambiente del genere, è troppo competitivo”. Magari non le piacerà, ma è in quei tornei dove girano tanti soldi e si può strappare un pezzetto di gloria. “Infatti era il mio sogno e voglio restarci il più a lungo possibile. Non penso di aver raggiunto il picco del mio tennis: anzi, credo che giocare contro le migliori mi aiuterà sempre di più”. Sul breve termine, Mihaela punta a raggiungere il main draw del WTA di Stoccarda, uno dei più complicati del tour, con un cut-off fissato al numero 30 del mondo. Essere testa di serie negli Slam, poi, le consentirebbe di non trovare al primo turno Caroline Wozniacki. Non sfidare la numero 1 al primo turno potrebbe essere un buon viatico per raccogliere qualche successo anche negli Slam. Per Mihaela, tuttavia, conta soprattutto la salute. La vita dopo il tennis può ancora aspettare.
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