Riccardo Bisti
15 January 2018

Nole riaccende la lotta per il prize money

Vivace presa di posizione del serbo, che stanotte torna a giocare un match ufficiale. A suo dire, i giocatori dovrebbero creare un sindacato autonomo, distaccato dall'ATP (che rappresenta anche i tornei). L'obiettivo è alzare la percentuale degli incassi destinata ai giocatori. E c'è un po' di malumore per l'eguaglianza dei montepremi.

Novak Djokovic è pronto a tornare in campo dopo una lunga e dolorosa assenza. Nella notte italiana esordirà all'Australian Open contro Donald Young. Il serbo, tuttavia, si è già fatto sentire fuori dal campo. Venerdì sera si è tenuto il consueto meeting dei giocatori e ha avuto uno svolgimento sorprendente: secondo le indiscrezioni raccolte dal Telegraph, a un certo punto ha preso la parola e ha chiesto di lasciare la stanza a tutti coloro che non fossero giocatori (membri ATP e Tennis Australia). L'intervento ha sorpreso tutti: Nole ha invitato un avvocato sul palco e ha sostenuto che i giocatori dovrebbero formare un proprio sindacato, esclusivo, diverso dall'ATP. Molti sono rimasti sorpresi. Vale la pena ricordare che l'ATP è composta in egual misura da giocatori e tornei. Ed è pacifico che le due parti abbiano esigenze diverse, per non dire opposte. Alla radice della sua presa di posizione, un trattamento a suo dire ingiusto sul piano del prize money. È un dibattito vecchio, di cui si parla da anni. Qualche anno fa si era addirittura parlato di un possibile sciopero per l'Australian Open. Il sindacato ATP, allora presieduto da Roger Federer, aveva ottenuto un sostanzioso incremento dei montepremi nei tornei del Grande Slam, soprattutto per chi veniva eliminato ai primi turni. Ma Djokovic non è soddisfatto: a suo dire, i tornei del Grande Slam riversano sul montepremi un modesto 7% degli incassi, mentre una lega professionistica come il basket NBA arriva addirittura al 50%. Nei tornei del circuito ATP, i giocatori intascano una percentuale compresa tra il 15 e il 28%.

PIÙ BENESSERE PER PIÙ GIOCATORI
Secondo Nole, la creazione di un sindacato esclusivamente composto da giocatori potrebbe aiutare i tennisti a ottenere una più corretta distribuzione dei proventi. Djokovic avrebbe il sostegno di Andy Murray, mentre la posizione di Roger Federer sarebbe più conservativa: lo svizzero ritiene che sia giusto avere un solo sindacato a rappresentare gli interessi del circuito maschile. Questo sindacato esiste già e si chiama ATP. La presa di posizione di Djokovic giunge dopo che Tennis Australia aveva delineato una crescita del prize money per la prossima edizione dell'Australian Open, passando dagli attuali 55 milioni a 60. Esiste poi una roadmap che porterebbe il montepremi complessivo a 100 milioni di dollari (australiani) nei prossimi cinque anni. Dal settembre 2016, Djokovic riveste il ruolo di presidente del “player council”, ovvero il consiglio dei giocatori che discute idee e proposte che poi vengono portate al board ATP tramite i suoi tre rappresentanti (Giorgio Di Palermo, Justin Gimelstob e David Egdes). Il board è poi completato da tre rappresentanti dei tornei e dal presidente Chris Kermode, che deve mediare tra le parti e cercare di venire incontro agli interessi di tutti. Il vicepresidente del consiglio è Kevin Anderson: interrogato sulla questione dopo la sconfitta contro Edmund, ha detto che l'obiettivo finale è aumentare il numero di tennisti che portano a casa un reddito decente grazie al tennis. “Oggi le cose vanno meglio fino a 4-5 anni fa. Se sei top-100 ATP, oggi hai un buon tenore di vita. Vogliamo arrivare a 150, 200 e oltre – sostiene il sudafricano – capisco che i giocatori vogliano di più, però capisco anche la visione opposta: il tour è composto al 50% da giocatori e al 50% dai tornei. Questo porta a contrasti e frustrazioni, ma continueremo a cercare di trovare una soluzione”.

AUMENTI SOSTANZIOSI, PERÒ...
Per adesso Djokovic non ha rilasciato dichiarazioni, ma l'argomento sarà certamente oggetto di discussione nella conferenza stampa dopo il suo match contro Young. L'ATP, da parte sua, sta aspettando di capire se il malumore dei giocatori si possa tradurre in qualcosa di concreto. Gli stessi tennisti sono anche un po' risentiti dalla parità di montepremi che gli Slam, ormai da anni, garantiscono a uomini e donne. “Sono argomenti di cui si parla costantemente – dice Anderson – per adesso non c'è molta sostanza”. Dando un'occhiata ai prize money del 2017, si scopre che 51 giocatori hanno intascato più di un milione di dollari (il doppio rispetto a cinque anni fa), mentre è decisamente cresciuto anche il contributo ATP ai fondi pensione dei giocatori. Inoltre, il montepremi complessivo del circuito ATP è cresciuto del 113% negli ultimi dieci anni. Il punto, tuttavia, rimane la distribuzione degli incassi complessivi. È lì che i giocatori spingono. Anche Ryan Harrison, uno dei pochi a parlarne pubblicamente, sostiene la causa di Djokovic. “Vedo con favore la nascita di un sindacato dei giocatori: in un certo senso, le uniche persone che ci rappresentano lo fanno anche per conto dei tornei. Mi piacerebbe che ci fosse una forma di rappresentazione senza un condizionamento esterno. Non vogliamo andare contro i tornei, ma su certi argomenti potrebbe avere senso la presenza di una voce tutta per noi”. Viktor Troicki è un buon amico di Djokovic e ha definito “ridicola” la percentuale di entrate degli Slam destinata ai giocatori. “Anche se loro dicono che stanno aumentato i premi in continuazione. È vero, ma stanno anche guadagnando molto di più rispetto al passato. Quindi c'è un problema”.

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