Ci sono date che non si possono dimenticare. Per molti, il 20 agosto 2018 sarà un lunedì d'ordinanza. Non per Jason Kubler: per la prima volta, la cifra accanto al suo nome comprende solo due cifre. Numero 99 ATP, per la prima volta tra i top-100. Tanti giocatori hanno festeggiato il traguardo, ma per Jason ha un sapore ancora più speciale. Se si guarda indietro, il ragazzo di Brisbane trova una spiaggia di speranze, travolta da un mare di frustrazioni. Una decina d'anni fa era uno dei più forti junior al mondo, pronto a una grande carriera. Voleva onorare nel migliore dei modi la memoria del padre, morto per un tumore quando lui aveva appena otto anni. Era stato lui a farlo iniziare a giocare a tennis. Nonostante fosse cresciuto nella periferia di Brisbane insieme ai fratelli, cresciuto dalla sola madre, era diventato il miglior sedicenne al mondo. Nel 2010 fu prima testa di serie a Wimbledon junior. L'anno dopo, giunse in semifinale. Ma poi le sue ginocchia hanno preso a tremare, fino a sgretolarsi. Un problema cronico al ginocchio sinistro lo ha costretto a bloccarsi di continuo. Operazione dopo operazione, è finito per sei volte sotto i ferri. Cinque al ginocchio sinistro, una al destro. Per anni, ha potuto giocare soltanto sulla terra battuta perché è l'unica superficie che non mette troppo a dura prova le articolazioni. Un paio d'anni fa, tuttavia, era arrivato a domandarsi se ne valesse ancora la pena. Nel 2014, giocando sulla terra per dodici mesi dall'anno, si era portato al numero 136 ATP. Ma in Australia non esistono tornei sulla polvere di mattone, dunque era costretto a lunghi viaggi e costose trasferte. Inoltre, Tennis Australia decise di negargli una wild card per l'Australian Open 2015. Motivo: le sue ginocchia. Non potevano-volevano mettere a rischio la sua salute. Fu un duro colpo, anche per il suo portafoglio. Quando tornava a casa, trovava il conto corrente sempre più asciutto. L'anno scorso, al rientro dopo l'ennesima trasferta, ha dato un'occhiata all'estratto conto: erano rimasti 14 centesimi. Tuttavia, ha fatto prevalere la speranza sulla rassegnazione.