Corentin Moutet, un mancino-poeta in finale a Doha

Uscito dalle qualificazioni, a secco di vittorie sul cemento outdoor, a Doha il 20enne peso leggero francese che ama Baudelaire e Rimbaud ha liquidato prima Raonic, poi, nella stessa giornata, causa pioggia, due ex top-ten come Verdasco e Wawrinka. Oggi incontra Rublev nella sua prima finale Atp

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Corentin Moutet è arrivato a Doha il primo gennaio, pieno di sonno. «Quel giorno - gli chiede il barbutissimo annunciatore dell’Exxon Mobil Open (che poi è lo stesso dei Boston Celtics di basket) - ti saresti mai aspettato di giocare qui la tua prima finale Atp?».

(Ripetuti battiti di ciglia sugli occhioni sgranati di ‘Co’, che ancora non ci crede, ma in un giorno solo, causa pioggia, nel deserto!, ha liquidato prima Fernando Verdasco e poi Stan Wawrinka sul centrale del Khalifa Complex:) «A dire il vero, no. Doha è parecchio lontana. Quando sono sceso dall’aereo pensavo solo a farmi una bella dormita, e a giocare il primo match di qualificazione». Corentin Moutet, numero 81 Atp, anni 20, da Neuilly-Sur-Seine (praticamente Parigi), oggi alle 16 italiane si gioca la finale dell’Atp 250 contro Andrey Rublev, e in fondo per il tennis è una buona notizia. Senza niente togliere al 34enne Stan The Man - che il dio del tennis ce lo conservi a lungo -, arrivato sulle ginocchia al terzo set della finale di ieri, Moutet è un nome, una faccia, un braccio - sinistro - nuovo per il tennis. Un gran bel braccio.

«Sente benissimo il gioco - dice Wawrinka, sgocciolando acido lattico in conferenza stampa - ha un bel tocco, varia molto. Si muove veramente bene, velocemente, e anticipa un sacco. Oggi ha vinto perché è stato più aggressivo». Rovesci profondi, diritti a sventaglio staccati in salto, drop-shot, lob in contropiede, volèe appoggiate come babà - con delicatezza e un adeguato grado artistico - dal lato gusto della rete. Da giovane in Francia Corentin, che è una versione potenziata del vecchio Santoro - pochi centimetri, 175 scarsi, pochi chili, 68, e molto fosforo - ha vinto tutto a livello giovanile. E’ cresciuto con il mini-tennis, a botte di pittini, «e mi è rimasto il gusto per i colpi soffici e ben piazzati». Dicevano/dicono che è troppo corto e leggero per il power tennis di oggi, deliberato a velocità ultrasoniche da giganti suoi coetanei, o quasi, come Tsitsipas e Zverev - ma eccolo qui. Prima di Doha non aveva vinto un match che è uno sul cemento outdoor del circuito maggiore, Wawrinka è il suo primo scalpo fra i top-15. Prima del 2020 del resto aveva un 32 per cento di vittorie contro top-100, da capodanno in poi il 100 per cento. In Qatar è al sesto match di fila, ha dato 6-2 6-2 ad Alex Popyrin nel turno di qualificazione, nel tabellone principale ha sverniciato in due set Tennys Sandgren e Milos Raonic (oh yes!), ieri ha seccato in poche ore due ex top-10 come Nando e Stan. Senza fare un plissé.

Eppure era uno con la fama da indolente e fumantino, e l’ex pro Thierry Tulasne, uno degli ultimi coach a mollarlo in mezzo alla strada, se ne era andato scuotendo la testa. «Mi rampognava sempre - ha spiegato - non gli andava mai bene niente, per lui non mi allenavo abbastanza e i miei colpi erano troppo scarsi, insomma avevo finito di perdere il gusto per il gioco…». Particolare fondamentale: a Corentin non va giù il concetto di autorità e di imposizione. La scuola la sopportava poco, la famiglia la frequenta il giusto. Ha il suo quartierino a Boulogne-Billancourt («mi pace uscire con gl amici ma anche starmene per conto mio»), suona il pianoforte e se da tennsta gl fosse andata buca quello avrebbe voluto fare: il concertista di fama internazionale. A leggere roba seria, congedati i buoni o cattivi maestri della pubblica istruzione francese, ha iniziato a da un paio d’anni, alternando versi alessandrini a scansioni rap. Baudelaire, soprattutto, e Rimbaud, quello delle ‘Illuminazioni’ e di ‘Una stagione all’inferno’, due situazioni che con il tennis fanno rima spesso. Poeti maledetti, che cita spesso su Instagram, anche se lui a fare la Boheme tennistica trangugiando delusioni, in realtà, non ci tiene affatto, anzi. Sceso dal letto, stropicciatisi gli occhi all’alba del Tour, vuole vincere, vuole arrivare in alto. A modo suo, però.

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