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Riccardo Bisti
13 September 2017

“Giorgi, le regole FIT sono (anche) affar tuo”

Sorprendente e cervellotica sentenza del Collegio di Garanzia CONI. Viene ripristinata la squalifica a Camila Giorgi (9 mesi e 30.000 euro di sanzione) basandosi su un principio di difficile comprensione: la differenza tra “rapporto di tesseramento” e “tessera”. Camila dovrebbe rispondere dei regolamenti FIT nonostante non fosse tesserata all'epoca del rifiuto alla Fed Cup.

Premessa numero 1: la sentenza in questione non cambierà di una virgola l'attività di Camila Giorgi. Premessa numero 2: il pronunciamento del Collegio di Garanzia CONI, più che altro, sembra un indennizzo, se non una rivincita, per una Procura Federale FIT che negli ultimi due anni aveva raccolto più di una sconfitta (vedi caso Bracciali-Starace) o addirittura figure non straordinarie (vedi caso Cecchinato). L'organo supremo della Giustizia Sportiva italiana ha ripristinato la sanzione del Tribunale Federale, che lo scorso 27 gennaio aveva condannato Camila Giorgi a una squalifica di 9 mesi e a una multa di 30.000 euro. Motivo? La mancata risposta alla convocazione per Spagna-Italia di Fed Cup, giocato nell'aprile 2016. Contravvenendo all'obbligo di rispondere alle convocazioni, la Giorgi scelse di privilegiare l'attività internazionale (nella fattispecie, le qualificazioni al torneo WTA di Stoccarda). Inevitabile l'apertura di un fascicolo, che però si è subito scontrato con la particolarità del caso: all'epoca dei fatti, Camila non aveva la tessera FIT. Tale principio è stato ribadito dalla sentenza della Corte Federale d'Appello, che aveva cancellato la sentenza di primo grado per l'insussistenza del fatto. “Come può, il tribunale di una federazione, sanzionare chi non ha alcun rapporto con la federazione stessa?”. La Procura FIT, accompagnata dalla Procura Generale dello Sport, non ha accettato il verdetto e si è rivolta al Collegio di Garanzia CONI. L'udienza si è svolta il 31 maggio, durante il Roland Garros, e ha prodotto una sentenza di 6 pagine, le cui motivazioni sono state pubblicate in queste ore. È un trionfo per le procure, non tanto per il ripristino della sanzione di primo grado (9 mesi più 30.000 euro), quanto perché il collegio è andato ben oltre, stabilendo un principio molto, molto discutibile. Nelle loro memorie, Procura FIT e Procura Generale dello Sport hanno chiesto (in via principale) di riformare la sentenza di secondo grado perché – all'epoca dei fatti – la Giorgi sarebbe stata tesserata per la Mario Belardinelli (società affiliata alla FIT) – e, rifiutando la convocazione in nazionale, avrebbe comunque violato l'ordinamento sportivo (art. 31, comma 2 dello Statuto CONI). In via subordinata, hanno chiesto di rinviare il procedimento alla Corte d'Appello, ma con nuove direttive sui principi da applicare.

SUSSISTENZA DI UNA RELAZIONE TRA UNA PERSONA E LA FIT
Il Collegio, presieduto dall'ex Ministro degli Esteri Franco Frattini, è andato oltre. Nonostante l'assenza di tesseramento della Giorgi (andrebbe approfondita la vicenda del tesseramento alla Mario Belardinelli SSD, che comunque non è la FIT), hanno sposato la tesi secondo cui un atleta ha un vincolo giuridico-sportivo con la federazione di riferimento anche senza essere tesserato. Ecco il ragionamento: viene sottolineata la differenza tra “rapporto di tesseramento” e “tessera”, richiamandosi a un paio di articoli del Regolamento Organico FIT. Il “tesseramento” è il rapporto tra l'atleta e la federazione, mentre la “tessera” è il semplice documento che certifica il rapporto stesso. In altre parole, basta che ci sia una qualsiasi relazione tra una persona e la FIT (ma chi lo decide? In base a quali criteri? Questo, la sentenza CONI, non lo spiega) per stabilire il rapporto giuridico-sportivo (e, dunque, l'assoggettamento alle norme federali). A quesl punto, il Collegio si domanda a cosa serva la tessera. Trova risposta nell'articolo 81 del Regolamento Organico stesso, in cui si afferma che è indispensabile per lo svolgimento dell'attività sportiva. In altre parole: se hai un rapporto con la FIT (ripetiamo: in base a cosa? Stabilito da chi?) ti devi sottoporre ai regolamenti federali, mentre la tessera serve soltanto per partecipare ai tornei. Si tratta di un principio molto pericoloso: in teoria, chiunque prenda una racchetta in mano potrebbe essere ritenuto (in via soggettivo) vincolato alla FIT e dunque soggetto ai regolamenti. Se è vero che la Giorgi aveva un qualche legame con la FIT (il complesso contratto firmato nel 2015), l'impressione è che questa sentenza – in assenza di vincoli oggettivi – abbia voluto rimarcarlo, ma rischiando di colpire indistintamente centinaia di persone. Ma c'è di più: menzionando l'articolo 81 del Regolamento Organico, il Collegio CONI sostiene che la tessera è necessaria per partecipare all'”attività sportiva”. Tuttavia, dimentica di ricordare che si tratta di “attività sportiva” legata alla FIT, non certo quella internazionale. Una lettura superficiale potrebbe lasciar intendere che al tessera FIT sia necessaria per qualsiasi tipo di attività. Non è così.

SENZA TESSERA NON DOVEVA ESSERE CONVOCATA
Nel caso della Giorgi, la tessera sarebbe necessaria soltanto per giocare in Fed Cup e partecipare a eventuali gare a squadre o tornei nazionali. Nient'altro. La tessera FIT – è opportuno chiarirlo, alla luce della sentenza – non serve per svolgere i tornei WTA e nemmeno quelli ITF, per non parlare degli Slam. Semmai ci si domanda se fosse opportuno convocarla in Fed Cup, visto che non aveva la tessera e dunque non poteva svolgere attività sportiva federale. Se ne è accorto anche il Collegio: a un certo punto, infatti, sostiene che – in assenza di tessera – la Giorgi “non solo non avrebbe potuto essere convocata in Nazionale, ma non avrebbe potuto partecipare ad alcun evento sportivo, in quanto priva del documento rappresentativo indispensabile per la partecipazione alle competizioni, a norma dell'art. 81 R.O. Deve allora presumersi che la partecipazione della Giorgi a numerosi eventi sportivi sia dovuta al possesso del documento rappresentativo, necessario titolo di legittimazione alla partecipazione alla competizione”. Tradotto: se la Giorgi non aveva la tessera, non doveva essere convocata in Fed Cup. Se però è stata convocata, vuol dire che ce l'aveva. Problema: è stato accertanto che non ne era in possesso, dunque chi l'ha convocata ha evidentemente commesso un errore. Ribadendo che non ci saranno effetti nella carriera di Camila (che peraltro – qualora di tesserasse – potrebbe essere tranquillamente convocata per il primo turno della Fed Cup 2018, visto che i 9 mesi saranno abbondantemente scaduti), ci sentiamo di lanciare un grido d'allarme per il principio esposto dal Collegio CONI. Parlare di “rapporto di tesseramento” per giustificare procedimenti disciplinari versoi non tesserati è molto pericoloso e rischia di conferire un potere eccessivo ai Regolamenti FIT. Viviamo in un paese libero: chi vuole tesserarsi alla FIT (che peraltro garantisce una serie di possibilità altrimenti precluse) è giusto che risponda ai regolamenti. Chi non lo fa, deve essere libero di giocare come e quanto gli pare fuori dall'ordinamento federale, in Italia come all'estero. A chiudere, è opportuno ricordare che la vicenda sportiva non ha nulla a che vedere con la causa civile legata al risarcimento che la FIT chiede al clan Giorgi per aver disatteso il contratto firmato qualche anno fa, in cui si impegnava a rispondere alle convocazioni. In quel caso, la faccenda è ben diversa e la Giustizia Sportiva non c'entra niente.

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