Premessa numero 1: la sentenza in questione non cambierà di una virgola l'attività di Camila Giorgi. Premessa numero 2: il pronunciamento del Collegio di Garanzia CONI, più che altro, sembra un indennizzo, se non una rivincita, per una Procura Federale FIT che negli ultimi due anni aveva raccolto più di una sconfitta (vedi caso Bracciali-Starace) o addirittura figure non straordinarie (vedi caso Cecchinato). L'organo supremo della Giustizia Sportiva italiana ha ripristinato la sanzione del Tribunale Federale, che lo scorso 27 gennaio aveva condannato Camila Giorgi a una squalifica di 9 mesi e a una multa di 30.000 euro. Motivo? La mancata risposta alla convocazione per Spagna-Italia di Fed Cup, giocato nell'aprile 2016. Contravvenendo all'obbligo di rispondere alle convocazioni, la Giorgi scelse di privilegiare l'attività internazionale (nella fattispecie, le qualificazioni al torneo WTA di Stoccarda). Inevitabile l'apertura di un fascicolo, che però si è subito scontrato con la particolarità del caso: all'epoca dei fatti, Camila non aveva la tessera FIT. Tale principio è stato ribadito dalla sentenza della Corte Federale d'Appello, che aveva cancellato la sentenza di primo grado per l'insussistenza del fatto. “Come può, il tribunale di una federazione, sanzionare chi non ha alcun rapporto con la federazione stessa?”. La Procura FIT, accompagnata dalla Procura Generale dello Sport, non ha accettato il verdetto e si è rivolta al Collegio di Garanzia CONI. L'udienza si è svolta il 31 maggio, durante il Roland Garros, e ha prodotto una sentenza di 6 pagine, le cui motivazioni sono state pubblicate in queste ore. È un trionfo per le procure, non tanto per il ripristino della sanzione di primo grado (9 mesi più 30.000 euro), quanto perché il collegio è andato ben oltre, stabilendo un principio molto, molto discutibile. Nelle loro memorie, Procura FIT e Procura Generale dello Sport hanno chiesto (in via principale) di riformare la sentenza di secondo grado perché – all'epoca dei fatti – la Giorgi sarebbe stata tesserata per la Mario Belardinelli (società affiliata alla FIT) – e, rifiutando la convocazione in nazionale, avrebbe comunque violato l'ordinamento sportivo (art. 31, comma 2 dello Statuto CONI). In via subordinata, hanno chiesto di rinviare il procedimento alla Corte d'Appello, ma con nuove direttive sui principi da applicare.