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Riccardo Bisti
05 September 2018

Buon viaggio e grazie di tutto, Francesca

Una conferenza stampa durante lo Us Open sancisce l'addio di Francesca Schiavone. “Ci pensavo da 3-4 mesi, nelle ultime settimane ho capito che era il momento”. Prima italiana a vincere uno Slam, ha vissuto una carriera infinita e di successo. Con un carattere ruspante, mostrato fino alla fine. Adesso allena alcuni ragazzini a Miami e sta “studiando” da coach.

Sabato 5 giugno 2010, più o meno alle cinque della sera, ci siamo immersi in un sogno. Il rovescio steccato da Samantha Stosur consegnava Francesca Schiavone alla leggenda. Prima italiana di sempre a vincere un torneo del Grande Slam, a raggiungere un obiettivo che sembrava impossibile. Per ottenere certi traguardi, c'è bisogno di un pizzico di sana follia. E Francesca ce l'ha sempre avuta, sin da ragazzina. “Prima o poi uno Slam lo vinco!” aveva detto in un'intervista datata 2003, proprio con Il Tennis Italiano. Qualcuno pensò che ci fossero gli estremi per chiamare il 118, invece aveva ragione Francesca. E l'anno dopo, per poco, non faceva il bis. A tarparle le ali, l'oscenità arbitrale di Louise Engzell (da qualche tempo signora Azemar, moglie di un referee) durante la finale del Roland Garros contro Na Li. Curiosamente, la Engzell era sul seggiolone (dirigeva Cilic-Nishikori) mentre Francesca annunciava il ritiro dal tennis giocato. La notizia non sorprende. Scesa al numero 454 WTA, quest'anno aveva vinto le uniche partite nelle qualificazioni del Roland Garros, in cui ha strappato per l'ennesima volta un posto in tabellone. Per il resto, soltanto sconfitte (nove) e la sensazione che nulla potesse invertire il mood negativo. Non sorprende, ma emoziona.

UNA NUOVA VITA
Nei giorni scorsi aveva informato che ci sarebbe stato un annuncio, in data 5 settembre, allo Us Open. Stavolta non sono arrivati colpi di coda: Francesca è un'ex tennista con sogni tutti nuovi. “Ci penso da 3-4 mesi – ha detto nella conferenza stampa trasmessa in diretta via social – già dopo il Roland Garros ero in questa direzione. Ho avuto bisogno di qualche mese per pensarci e sentirmi pronta. Stasera berrò champagne”. Oggi la Schiavone è un progetto di allenatrice. Non ha la presunzione di iniziare subito ad alti livelli. Prima vuole imparare, capire come si fa. Ha trovato terreno fertile a Miami, dove risiede, in cui si occupa di alcuni ragazzini e persone di ogni età: “Ho un ragazzino di 11 anni che gioca molto, molto bene a tennis. Ce n'è uno di 14, ho seguito anche bambini di 7-8 anni, ma con loro faccio più fatica. Sono arrivata fino ai 75 anni”. Il sogno, dichiarato, è vincere un altro Slam nelle vesti di allenatrice, anche se “i sogni sono desideri” e sono diversi dai progetti che si è data, sul breve, sul medio e sul lungo termine. È legittimo chiedersi perché abbia scelto di dare l'annuncio a New York, a distanza di sicurezza dall'Italia e da un ambiente che le è rimasto nel cuore ma che – in questo momento – non le appartiene. “Semplicemente sono mesi che penso al ritiro. Qualche settimana fa ho sentito che era il momento opportuno, allora ho chiesto alla WTA se potevo farlo qui”. Evidentemente, è arrivata la risposta positiva. “Se volete vi faccio il discorso che mi ero preparata in inglese, ma forse è meglio di no, anche a scuola prendevo sempre 5-6 perché mi perdevo sempre”.

NIENTE RAPPORTI CON LA FIT
In una conferenza fatta di sorrisi, emozioni e ricordi, gli unici sguardi corrucciati sono arrivati quando è stata menzionata la federazione. “Spero, un giorno, di lavorare in Italia – ha detto – nel nostro paese abbiamo talenti e ragazzi giovani che meritano di avere guide e schemi importanti, sia dentro che fuori dal campo, proprio come è successo a me. Sono stata molto fortunata”. Per adesso, non se ne parla. In questo momento, Francesca non ha rapporti con la FIT. Incalzata sull'origine e i motivi di questa lontananza, ha preferito non rispondere. “Sarebbe bellissimo aiutare ragazze italiane, forse un domani succederà. Le porte sono aperte. Non è una questione di federazione, ma di ragazzi. Per me esistono quelli che vogliono provarci, e quelli che non vogliono. Come diceva Karate Kid, le vie di mezzo non vanno bene”. Francesca si è poi arrabbiata, rispondendo a modo suo a chi gli chiedeva quanti soldi chiederebbe a un ragazzo per allenarlo. Una reazione fedele al suo personaggio, specie quando è convinta che le facciano “domande di merda”. È stata ben più loquace nel descrivere il suo nuovo lavoro. “Sto imparando tante cose dai miei ragazzi. Sto imparando a insegnare. Non sono ancora una grande maestra, dunque non ho ancora pensato se rimanere a casa oppure diventare una coach itinerante. In questo momento, il mio obiettivo è trovare il modo per portare ogni giovane al meglio”. Francesca adotterà il buon senso e non cercherà di trasferire il suo tennis complicato, peraltro con il rovescio a una mano, a un baby-tennista in ascesa. “Non c'entro niente con lo stile del giocatore. Lavorerò sulle sue qualità. La mia esperienza, magari, gli permetterà di cogliere cose che non vede. Il giocatore è la cosa che conta, mi pare chiaro che il tennis stia andando in una certa direzione, non è necessario un ingegnere. Il pacchetto andrà costruito sul soggetto”. Per Francesca, ovviamente, è stato anche tempo di ricordi e di un pizzico di commozione. Stava per farsi travolgere dalle emozioni, soprattutto mentre parlava in inglese.

GRANDI RICORDI E UN RIMPIANTO OLIMPICO
Oltre al Roland Garros, quali sono i ricordi più belli? “Forse la miglior partita è stata il terzo turno contro Na Li al Roland Garros vinto, però è stato fantastico il 16-14 al terzo contro la Kuznetsova. Abbiamo corso come matte, ogni tanto mi riguardo gli highlights e sono 30 minuti... mi domando come ho fatto! È stata una grande partita”. Non ha dubbi, invece, quando si tratta di menzionare il più grande rimpianto. “Sarebbe stato molto bello vincere una medaglia olimpica. Ci siamo andate vicine, ma non ci siamo riuscite. Tuttavia, sono certa che prima o poi vinceremo una medaglia anche nel tennis e ne sarò orgogliosa”. L'allusione è a Pechino 2008, quando in coppia con Flavia Pennetta si bloccarono nei quarti in un match più che fattibile contro le sorelle Bondarenko,7-5 al terzo. In singolare, perse nettamente nei quarti di Atene 2004 contro la Myskina. Per il resto, ha preferito non infilarsi nel dibattito su chi sia la più forte italiana di sempre. “Mah, queste cose dovete dirle voi... io spero che talento, lavoro, disciplina e dedizione siano lo specchio di quello che ho fatto. Il resto è relativo: mi auguro di aver lasciato emozioni e un solco di felicità”. Va bene così, ci sarà tempo per parlare della GOAT italiana. Oggi è il momento di salutare una grande campionessa, un simbolo, una leggenda del nostro tennis. E forse è giusto che il suo percorso (iniziato quando aveva ancora 15 anni, in un torneo ITF a Bari) sia terminato proprio contro Samantha Stosur, contro cui ha perso il suo ultimo match, a Gstaad. L'australiana evoca ricordi dolcissimi. Fu un suo errore, il 5 giugno 2010, alle cinque della sera, a regalare un momento indimenticabile. Di quelli che mettono i brividi anche solo a pensarci. Ciao Francesca, buon viaggio.

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