Lorenzo Cazzaniga
01 December 2018

Addio a George H. W. Bush, il Presidente Tennista

A 94 anni è morto George H. W. Bush, presidente Usa dal 1989 al 1993, accompagnò gli Stati Uniti fuori dalla Guerra Fredda. La sua grande passione? Il tennis
A 94 anni se ne è andato George H. W. Bush. Texano, una grande fortuna accumulata grazie al petrolio ma soprattutto, da presidente americano dal 1989 al 1993, ha accompagnato gli Stati Uniti fuori dalla Guerra Fredda. «Un patriota e un umile servitore dell’America», ha commentato Barack Obama. Gli ha fatto eco l’attuale presidente Usa, Donald Trump: «Ha ispirato generazioni di americani. Con giudizio, buon senso e impassibile leadership, ha guidato il nostro Paese e il mondo verso una pacifica e vittoriosa fine della Guerra fredda. Il suo esempio continuerà a ispirare gli americani a perseguire le cause più giuste».
Noi appassionati tennisti condividevamo con Bush Sr. anche l’amore sfrenato per il tennis. Nel campo della Casa Bianca, voluto all’inizio del secolo scorso da Theodore Roosevelt (al quale poi sono state applicate terribili righe da basket, la passione di Obama), Bush Sr. ha invitato tanti fuoriclasse, da Arthur Ashe a Bjorn Borg, da Chris Evert a Pete Sampras. Si appassionò al gioco grazie a sua madre Dorothy, giocatrice di livello nazionale: «Una volta le dissi che ero disgustato dal mio gioco – raccontava Bush Sr. – e lei mi rispose che semplicemente io non avevo un gioco! E che dovevo tornare sul campo ad allenarmi. Era una grande fonte di ispirazione». Inoltre, i suoi prozii Joseph e Arthur Wear, insieme rispettivamente ad Allen West e Clarence Gamble, vinsero la medaglia di bronzo ai Giochi Olimpici di St. Louis nel 1904. Joseph fu anche capitano della squadra americana di Davis nel 1928 e 1935. Il tennis non abbandonava mai Bush Sr., nemmeno nei momenti più critici. Chris Evert ricorda un episodio dell’agosto 1990: «Ero invitata a Camp David, in piena Guerra del Golfo e chiaramente il presidente lavorava senza sosta, finché urlò: ‘Ho bisogno di una pausa! Andiamo a giocare un set’. Ogni dieci minuti dovevamo interrompere perché c’era un qualche primo ministro, capo di stato, ambasciatore che chiamava. Lui parlava, discuteva e poi tornava a giocare chiedendomi: the score, please?».

Ma, per farvi avere un’idea del legame tra George H. W. Bush e il tennis, val la pena rileggere un bellissimo articolo scritto il 9 agosto 1989 dal corrispondente a Washington del quotidiano La Repubblica, Enrico Franceschini: «Non tutti sanno che George Bush, prima di essere eletto alla Casa Bianca nel novembre scorso, era già stato presidente degli Stati Uniti per 7 ore e 54 minuti: il 13 luglio 1985, mentre Reagan si preparava a subire un'anestesia totale per un'operazione di tumore all'intestino, il potere fu temporaneamente passato al vicepresidente, come prevede la costituzione. Ma quasi nessuno sa che Bush trascorse quel memorabile pomeriggio, quel breve assaggio di onnipotenza, giocando a tennis, in doppio, nel campo della sua residenza privata di Washington. Durante la partita scivolò, si fece male alla testa, e dovette stendersi a letto con un impacco ghiacciato sulla fronte. Così, a causa di una sfrenata passione per la racchetta, l'America restò per qualche ora senza un leader in grado di guidarla. Adesso che George Bush è presidente a tempo pieno e a tutti gli effetti, il suo amore per il tennis non è diminuito. Anzi. Un amico di famiglia confida che per Bush il momento più bello dei primi sei mesi di presidenza non è venuto in occasione di un viaggio all'estero o di una cerimonia politica, ma nel pomeriggio afoso di qualche settimana fa, quando ha organizzato sul campo della Casa Bianca una sfida a cui teneva da molto tempo. Da una parte, i figli del presidente, Jeb e Marvin, dall'altra due campionesse del tennis pro, Chris Evert e Pam Shriver. Sugli spalti, si fa per dire, il direttore della Cia William Webster, il ministro del Commercio Mosbacher, il capo dei consiglieri economici della Casa Bianca, Michael Boskin, e mezza dozzina di senatori, tutti accaniti tennisti. Dopo due ore e mezzo di battaglia, hanno vinto i due Bush, 6-3, 1-6, 6-4. Dovevate vedere la faccia del presidente, non l'abbiamo mai visto così esultante, racconta uno dei privilegiati spettatori. Dalla strada, il campo da tennis della Casa Bianca non si vede, è nascosto da folti alberi. Ma nella Washington di questa estate '89 si ha quasi l'impressione di riuscire a sentire l'incessante tic-toc delle palline: non solo perché Bush e la sua vasta famiglia giocano ogni volta che hanno un'ora libera, ma perché di colpo sembra che tutti abbiano impugnato la racchetta. O almeno, tutti quelli che contano, e che aspirano a contare. Un presidente contribuisce sempre a rendere popolare lo sport che pratica: il jogging e la pesca, con Jimmy Carter, l'equitazione con Reagan. George Bush ha travolto la capitale con la manìa del tennis. Power Tennis, il tennis dei potenti, lo ha soprannominato il Washington Post in una storia di copertina sul suo inserto illustrato domenicale. Bush viene da una famiglia di appassionati tennisti, il nonno Samuel Prescott Bush fondò il primo tennis club di Columbus, in Ohio, la nonna materna aveva tra i migliori amici Dwight Davis, l'uomo che diede al mondo la Coppa Davis. Negli anni 70, agli inizi della sua carriera politica, il giovane Bush usò la sua discreta racchetta per farsi pubblicità: partecipava ai tornei per celebrità, battendo tutti in coppia con l'australiano Tony Roche. Ed è sul campo da tennis di Houston che ha conosciuto James Baker, attuale segretario di Stato, e Nicholas Brady, segretario al Tesoro; tanto che quando Baker ha prestato giuramento al Dipartimento di Stato, in gennaio, ha detto al presidente: Speriamo di essere una coppia migliore di quella che eravamo sui campi del Texas. Jeb e Marvin Bush, che hanno giocato a tennis nelle loro squadre del college, sostengono che le più importanti lezioni di vita apprese da papà sono giunte sul campo da tennis. E Wilhelm Watchmeister, l'ambasciatore svedese negli Usa, che in coppia con Vitas Gerulaitis è stato distrutto più di una volta dal presidente in coppia con Bjorn Borg, dice che i giornalisti non avrebbero mai soprannominato Bush uno wimp, un deboluccio, come successe durante la campagna elettorale, se lo avessero visto con la racchetta in mano. A Washington, per la verità, il Power Tennis non l'ha inventato Bush. L'ex segretario alla Difesa Robert McNamara prende lezioni da 28 anni al St. Alban Club, due volte alla settimana, sempre alle 7 di mattina, perché si vergogna del suo gioco non eccelso (ma trova sempre il parcheggio pieno di limousine di altri potenti con il suo stesso problema). Per tutta l'era Reagan, il segretario di Stato Shultz e l' editrice del Washington Post, Katarine Graham, hanno incrociato la racchetta in infuocati match di doppio, nel fine settimana. Bill Bradley, il mitico direttore del Post, ha un campo privato nella sua casetta di Georgetown, dove affronta gli stessi politici spesso bersagliati dal suo giornale. William Webster, prima direttore del Fbi, ora della Cia, gioca ogni sabato con l'ex generale ed ex segretario di stato Alexander Haig; e non lascia mai l' America senza la sua racchetta. Qualche volta lo spionaggio lo tradisce: di recente, in Giordania, ha scoperto solo dopo un doppio perso 6-0, 6-0 che il diplomatico suo avversario aveva assoldato il migliore tennista del paese. Ma ho sempre fatto più amicizie sul campo da tennis che ai cocktail party, dice. Giocava anche Jimmy Carter, molto determinato nel tennis come nella vita, riferisce il suo consigliere per la sicurezza nazionale Zbigniew Brzezinski. Il tennis si intrufolò anche a Camp David, durante i negoziati per la pace egitto-israeliana: un pomeriggio, mentre il presidente e Brzezinski ingannavano l'attesa tra un colloquio e l'altro sul campo in terra rossa della Casa Bianca di campagna, comparve all'improvviso Begin. Vicino a noi due sudati e vestiti di bianco, lui tutto vestito di nero faceva l'effetto di un becchino, scrive l'ex consigliere nelle sue memorie. Con l'elezione di Bush, però, si sono messi a giocare proprio tutti, dal portavoce della Casa Bianca Fitzwater ai giornalisti. Un presidente così forte a tennis non si era mai visto. Il dritto è solido, il servizio discreto, solo il rovescio è un po' debole, riassume Pam Shriver, che è oggi la celebrità più frequentemente invitata alle cene di gala alla Casa Bianca. Ma se ora Bush gioca e vince sempre più spesso, mormorano i maligni, il merito è anche della carica che occupa. Il Power Tennis, infatti, ha le sue regole, una delle quali è: non umiliare chi è più potente di te. Bush l'ha imparata di persona: quando lasciò la Cina dopo due anni come ambasciatore, l'allora presidente Ford lo invitò a giocare a tennis alla Casa Bianca. Maldestro in tutto, Ford lo era particolarmente con la racchetta fra le mani, e Bush ne approfittò scaraventandogli tre smash fra i piedi, uno dietro l'altro. Alla terza, il presidente perse la pazienza: Insomma George, sbottò, non hai proprio fatto altro che giocare a tennis, in Cina?. Da quel momento, riferiscono i bene informati, la partita prese una piega differente».

La gallery del Presidente

Alcune immagini del Presidente Bush e il suo legame col tennis.
1/8 George Bush Sr. con Francesco Ricci Bitti nel 2003 sugli spalti del Foro Italico
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