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Riccardo Bisti
31 August 2018

Caro Federer, adesso è troppo tardi...

A un paio di settimane dallo scempio di Orlando, Roger Federer manifesta le sue perplessità sulla riforma della Coppa Davis. Guarda caso, lo fa appena circola voce che la manifestazione di Gerard Piqué potrebbe tenersi a settembre, intralciando la “sua” Laver Cup. Perché non ha fatto sentire la sua voce quando era ancora in tempo?

“Perché dovremmo ascoltare un calciatore?”
È la domanda, sacrosanta ma retorica, che si è posto Roger Federer quando gli hanno chiesto un parere sulla delicata vicenda della Coppa Davis, totalmente snaturata due settimane fa, nella controversa Assemblea ITF di Orlando. Gerard Piqué, difensore del Barcellona, è a capo di un gruppo di investimento, denominato Kosmos, che ha acquisito ogni diritto sulla manifestazione in cambio di un investimento di 3 miliardi di dollari nei prossimi 25 anni. Dal 2019, la Davis sarà racchiusa in una sola settimana, con 18 squadre in campo. Uno scempio che si poteva evitare, ma l'insipienza dei delegati e la forza di promesse e favori ha permesso che la proposta passasse. La prima edizione della nuova “Coppa Davis” dovrebbe giocarsi a Madrid dal 18 al 24 novembre 2018: tuttavia, in una recente intervista al quotidiano francese “Le Figaro”, Piqué ha detto che il momento ideale per ospitare la nuova manifestazione sarebbe il mese di settembre, subito dopo lo Us Open. E allora, puntuali, ecco le parole di Roger Federer, direttamente coinvolto nell'organizzazione della Laver Cup, maxi-evento di tre giorni che prova a scimmiottare la Ryder Cup di golf. Forte di uno straordinario successo di pubblico e ascolti nella prima edizione (giocata a Praga), quest'anno si terrà a Chicago dal 21 al 23 settembre, mentre nel 2019 è stata collocata a Ginevra. Fieri del successo, gli organizzatori hanno deciso di tenerla anche nel 2020, a differenza delle intenzioni iniziali, secondo cui non si sarebbe svolta negli anni olimpici. Le parole di Piquè, tuttavia, metterebbero in grave pericolo la Laver Cup.

La spiegazione del nuovo format della Coppa Davis

ATTENZIONE ALLO JENGA
“La buona cosa di questa faccenda è che tutti dovranno sedersi attorno a un tavolo e ascoltare i desideri dell'altro – ha detto Federer – ITF, ATP, Laver Cup. Le prossime settimane saranno molto interessanti. Non ho ancora parlato con Gerard Piqué, ma ammetto che è un po' strano che un calciatore si intrometta nel mondo del tennis. Attenzione: la Coppa Davis non dovrà diventare la Piqué Cup. In linea generale sono per le innovazioni, e il tennis ha bisogno di pensare un po' fuori dagli schemi per innovare. Ma è un po' come far parte di uno Jenga, devi stare attento a non rimuovere la stanza che farà crollare l'intero edificio”. Frasi intelligenti, sensate, che però sono frutto – sarebbe ipocrita negarlo – di interessi personali. Federer si è speso tanto, in prima persona, per promuovere il carrozzone della Laver Cup. Se la nuova “Davis” si dovesse giocare a settembre, per la sua competizione sarebbe un disastro. Va detto che, per ora, ogni sigla ha fatto a modo suo, senza pensare minimamente al gioco da tavolo utilizzato come metafora dallo stesso Roger. All'Assemblea di Orlando, Piqué si è recato con un jet privato e pare che con lui ci fosse anche un delegato della federazione spagnola (che infatti ha votato a favore con in cambio la mezza promessa di ospitare le prime due edizioni a Madrid), e ha monopolizzato l'AGM (Annual General Meeting) con un intervento e tanti selfie con i delegati delle piccole nazioni. Lo scenario è curioso: la Laver Cup ha già annunciato che la terza edizione si giocherà dal 20 al 22 settembre 2019 a Ginevra, mentre Piqué avrebbe promesso la nuova “Davis” a Madrid, ma senza specificare la data esatta. Forse perché, con la spinta dei giocatori (poco entusiasti all'idea di giocare nell'ultima decade di novembre, in un periodo solitamente dedicato a vacanze e/o preparazione), sta pensando di giocare a settembre. E il player council ATP, presieduto da Novak Djokovic, non sembra entusiasta della nuova "Davis".

PAROLE TARDVE
Ma non finisce qui: visto che la stessa ATP sta varando una nuova World Team Cup, che si terrebbe a partire dal gennaio 2020 in Australia (e in collaborazione con Tennis Australia, altro partner della Laver Cup), pare che Kosmos non abbia ancora rinunciato all'idea di riunire le due competizioni e organizzare un'unica Coppa del Mondo. Tre rappresentati della società spagnola si trovano a New York in questi giorni per discutere il problema, con riunioni formali e informali. Piqué, ad esempio, è venuto a sapere che i tennisti avevano votato contro la possibilità di giocare la World Team Cup a fine novembre. E allora avrebbe virato, con decisione, verso l'ipotesi di giocare la “Coppa Davis” a settembre, subito dopo lo Us Open. Tali voci sono arrivate a Federer, che con una delle TV pubbliche svizzere (RTS) ha espresso i concetti che vi abbiamo riportato qualche riga fa. Affermazioni che lasciano perplessi non per il contenuto, ma per le tempistiche: Federer è rimasto in silenzio mentre la tradizione della Coppa Davis veniva affossata , limitandosi a qualche alzata di sopracciglio, comunque dopo il voto (“Sono un po' triste e sorpreso, adesso non sarà più la stessa. Spero che investano davvero sui giovani, come è stato promesso”). Adesso che il progetto Laver Cup rischia di essere travolto dall'opulenza di Kosmos, prova a far sentire la sua voce. Se lo svizzero avesse utilizzato la sua influenza mentre andava in scena lo sgretolamento della tradizione, magari qualche delegato in più non avrebbe ceduto alle sirene di Kosmos e svenduto il suo voto. Visto il risultato delle votazioni, ne sarebbero bastati pochi. Ma evidentemente non annusava pericoli per la Laver Cup. Soltanto adesso, fuori tempo massimo, prende una decisione chiara che sembra più un'auto-tutela che qualcosa di davvero sentito. Se adesso è esploso il problema delle troppe sigle che governano (o aspirano a governare) il tennis, è solo perché troppe parti in causa hanno permesso di arrivare allo scempio attuale. D'altra parte, già 24 anni fa, nella sua famosa inchiesta “Is Tennis Dying?”, Sports Illustrated aveva lanciato l'allarme e la necessità che il nostro sport fosse guidato da un commissioner. Oggi qualcuno se ne è accorto, ma è troppo tardi.

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