NUOVE ABITUDINI
Dopo essersi ritrovati, i Bryan Brothers hanno fissato gli obiettivi per il 2018. Se Bob pensava più a scendere in campo e godersi ogni esperienza, Mike ha ritrovato ambizioni sopite. “Quando ho visto i suoi obiettivi ho detto: 'accidenti, io avrei detto qualcosa del genere nei nostri anni migliori'. È stato preciso, ha parlato di numeri e trofei”. Per adesso sono arrivati due titoli Masters 1000, ma nel 2018 ci sono ancora tre Slam da giocare. “Negli ultimi due anni potevamo fare meglio, forse c'è stato un calo di motivazione – dice Mike – e l'abbiamo pagata. Sento che siamo al capitolo finale della nostra carriera e vogliamo che sia un capitolo felice”. Per tornare ultra-competitivi a 40 anni hanno dovuto effettuare cambiamenti importanti fuori dal campo. Per esempio, sfruttano l'aiuto di due coach. L'ex specialista David Macpherson resta l'allenatore principale, mentre Dave Marshall li accompagna in giro per il tour. Ma la svolta è arrivata con Indrek Tustit, preparatore atletico-guru. “Conosce alla perfezione i nostri corpi, è un chiropratico, è la miglior persona con cui abbiamo mai lavorato. Da quest'anno viaggia con noi più o meno a tempo pieno, mentre negli ultimi due anni era un impegno part-time. Ma abbiamo avuto troppi infortuni, quindi adesso dobbiamo prenderci dura del nostro fisico con maggiore attenzione”. Ogni mattina, prima di tuffarsi in campo a provare schemi e volèe, trascorrono un'ora in palestra. Inoltre hanno preso una buona abitudine: studiare gli avversari. Da quando l'ATP ha acceso le telecamere anche per i match di doppio, almeno per i Masters 1000, i Bryan sono diventati tra i più assidui fruitori di Tennis TV. “Non l'avevamo mai fatto prima. Di solito non guardavamo i match altrui, mentre adesso ci ritroviamo alla sera e studiamo i nostri avversari. Ci ha aiutato molto, è stato un po' come spingere qualche punto percentuale a nostro favore”. Come se non bastasse, imitando Roger Federer, hanno cambiato attrezzo. Storici testimonial Prince, quest'anno sono passati a Babolat. “Abbiamo scelto un telaio più potente per adattarci all'evoluzione del gioco. Negli ultimi 10 anni avevamo giocato con la stessa racchetta: aveva poca potenza e molto controllo, ma non abbiamo più la forza di un tempo e nemmeno quella dei giovani di oggi. Prima dell'Australian Open siamo passati a Babolat e all'improvviso sono cresciuti gli ace e la percentuale di punti vinti con la prima palla”. Senza dimenticare una maggiore tolleranza del telaio, che ha dato respiro a tendini e articolazioni inevitabilmente usurati.