Bracciali-Starace, la resa dei conti

ESCLUSIVO – 4 ore di udienza hanno chiuso il Processo d'Appello: sentenza il 10 ottobre. Ancora qualche schermaglia sul rito, ma oggi finalmente sappiamo in base a cosa la Procura chiede la radiazione...e in base a cosa le difese chiedono l'assoluzione.  

ROMA - La forma dice che ci sarà un'altra udienza. La sostanza è che il Processo d'Appello a carico di Daniele Bracciali e Potito Starace per un presunto match-fixing (Barcellona 2011, Starace-Gimeno Traver) si è chiuso venerdì 2 ottobre alle 18, al termine di un'udienza durata circa quattro ore. Nella mattinata del 10 ottobre, le parti si ritroveranno e sarà data lettura della sentenza. Anche nell'ultima udienza c'è stato spazio per le faccende di rito, ma finalmente le parti sono entrate nel merito. Ed era quello che interessava a noi, agli appassionati e anche al Presidente Alfredo Biagini, che quando il dibattito è entrato sulle questioni di merito si è lasciato scappare un “finalmente”, anche perché per un paio di udienze ha dovuto ascoltare una serie di eccezioni su argomenti di vario tipo: la presunta nullità del processo di primo grado per decorrenza dei termini (90 giorni), l'ammissibilità o meno della FIT come parte in causa, la legittimità o meno dell'intervento della Procura del CONI in una vicenda endofederale e il codice di riferimento da seguire (il procedimento è iniziato quando era in vigore un vecchio regolamento di giustizia).

CIARDULLO: "PROVA GRANITICA"
Quel che interessava era altro: Bracciali e Starace hanno davvero organizzato la combine? Erano davvero finiti nel “sistema” dei”bolognesi”? Il primo a parlare è stato Massimo Ciardullo, Procuratore Nazionale dello Sport presso il CONI. A suo dire, la sentenza di primo grado è ben motivata. “La prova raccolta è granitica e i resoconti esterni sono una chiamata di correo. La testimonianza non arriva da un pentito, bensì da un soggetto già rinviato a giudizio e che dunque non ha interesse a dire una cosa piuttosto che un'altra”. La persona in questione è Manlio Bruni, l'ormai celeberrimo commercialista di Bologna. Secondo Ciardullo, il Bruni non ha effettuato una vera confessione ma ha parlato a scaglioni, rispondendo a precise domande di Roberto Di Martino, il PM di Cremona. Ciardullo ha definito da “formichina” lo stile di interrogatorio di Di Martino, il che avrebbe portato a una serie di ammissioni coerenti, precise, e di forte credibilità. “Bruni racconta i fatti in modo logico, poi abbiamo dei riscontri che parlano di una prova assoluta”. Inizialmente restio a fare i nomi delle persone coinvolte, Bruni sarebbe poi stato costretto a farli sulla base di alcune evidenze.


GLI INTERROGATORI DI GORETTI E BRUNI

Ciardullo ha citato alcuni interrogatori di Roberto Goretti, DS del Perugia coinvolto nell'organizzazione. Il 24-10-2014. Goretti ha confermato una chat con Bruni ("confermata dagli stessi, quindi assolutamente vera"), in cui si dice testualmente: “Poto ha detto a Luzzi della cena”. Si sostiene addirittura un ribaltamento dei ruoli, in cui Starace avrebbe avuto compiti più “organizzativi”. Ci sarebbero state 1-2 cene con discorsi di natura illecita, ma qualcosa sarebbe andato storto: Federico Luzzi si sarebbe lamentato, con Starace che avrebbe poi riferito a Bracciali. Ciardullo definisce “clamorosi” i riscontri di un interrogatorio a Goretti del 18-11-2014, in cui sostiene che sarebbe stato Bracciali a convincere Starace a scendere in campo contro Daniel Brands a Monaco di Baviera. Il campano si sarebbe procurato uno strappo muscolare al turno precedente e non avrebbe voluto giocare, ma si sarebbe fatto convincere dalla possibilità di mettere in atto un disegno illecito. Dallo stesso interrogatorio sono emerse chat in cui si parlava di soldi, con frasi del tipo: “Ti posso mandare 5 di acconto e il resto a fine anno. Poto vuole il suo 20, se Braccio passa da Bologna...”. C'è poi un interrogatorio di Bruni, datato 26-11-2014: emerge una chat in cui si dice che “Braccio78” (unico account di cui Bracciali ha sempre ammesso l'esistenza) sostiene di conoscere “uno che lo fa meglio, quindi bisogna pagare”. Ciardullo ha poi ricordato che poco dopo si è verificato il fatto di Casablanca, con la finale persa da Starace per mano di Pablo Andujar.


LA FURIOSA REAZIONE DI STARACE

Secondo l'accusa, anche il comportamento degli incolpati dopo l'uscita delle prime intercettazioni sarebbe un elemento probatorio. Nella seconda metà di ottobre 2014 ci sono state una serie di audizioni. Il 24, Bracciali ha detto alla Procura di non avere mai avuto a che fare con un certo Giannone (commercialista di Bruni, ndr) “Ma ci sono le chat - dice Ciardullo – come quella in cui si dice che l'uomo del monte ha detto sì”. La Procura dà una visione diametralmente opposta rispetto alla difesa sulle reazioni di Starace dopo le pubblicazioni dei giornali. Potito ha usato espressioni piuttosto colorite, che riportiamo per aiutare il lettore a farsi una propria idea, visto che le stesse identiche parole – secondo le parti – hanno un valore diverso. Parlando al telefono con coach Fabrizio Fanucci, ha detto: “Braccio non deve fare il cogl... e non deve dire caz....”. Secondo Ciardullo, se davvero fosse estraneo ai fatti, non avrebbe dovuto definirlo “cogl...”, espressione utilizzata per intendere una persona quantomeno ingenua. Fanucci ha aggiunto: “il problema è lo sputtanamento...”. Starace ha replicato con ancor più vigore: “A me non f.... un c..... dello sputtanamento: basta che vada tutto bene”. Altra affermazione che la Procura ha interpretato in modo malizioso, definendola “incoerente” con l'invocata estraneità ai fatti. “Secondo noi le prove sono addirittura sovrabbondanti e sufficienti per una condanna nel penale”.


"LA FIT AUSPICA UN GIUDIZIO DI MERITO"

Ciardullo ha poi abbandonato la seduta per impegni lavorativi e dunque non ha potuto ascoltare le repliche degli avvocati. Proprio in virtù di questo, si è invertito il tradizionale ordine rito-merito: dopo di lui hanno parlato Guido Cipriani, intervenuto sulle questioni di rito citate in precedenza. Stesse argomentazioni, ma più specifiche, per il Professor Massimo Proto, presente in rappresentanza della FIT. Proto ha spiegato le ragioni per cui – a suo dire – è perfettamente legittima la presenza della FIT come parte terza in un processo che, secondo la difesa di Bracciali, dovrebbe essere “binario”, cioè con Procura e incolpati come unici attori. Non ci addentriamo in questi punti per almeno due motivi: sono poco interessanti e, presumibilmente, non avranno valore in fase di sentenza: di fatto, Proto ha assistito a tutte le udienze e Biagini è stato chiaro sin dall'inizio: la sentenza verterà sul merito, come peraltro auspicato dallo stesso Proto (“La FIT vuole che si vada oltre le eccezioni di rito, legittime ma che hanno il chiaro obiettivo di estinguere il processo: noi vogliamo un giudizio di merito”). Tutto sommato, anche Alberto Amadio (che si è occupato degli aspetti formali per conto della difesa Bracciali) ha detto di auspicare una decisione di merito: “Ma non potevo tacere di fronte a certi vizi formali, a mio avviso evidenti”. Curioso il punto in cui Amadio ha sottolineato che – se la FIT può ritenersi parte in causa – allora potrebbero fare lo stesso tutti i tesserati. Tenendo conto che sono quasi 300.000...
 

LE AUDIZIONI DEI TENNISTI E IL "CAZZARO"

Il dibattimento è rientrato nel merito con l'appassionato intervento di Filippo Cocco, altro avvocato di Bracciali. Non gli è proprio andato giù quel “più probabile che non” citato nel dispositivo di primo grado. “Si tratta di un principio puramente civilistico, dove se c'è il 51% di probabilità da una parte e il 49% dall'altra si dà ragione al 51. Ma qui dovrebbero valere le norme del Processo Penale, altrimenti i codici di Giustizia Sportiva non avrebbero citato l'articolo 111 della Costituzione (quello in cui si parla del “giusto processo”, ndr)”. Su questo punto, Guido Cipriani aveva eccepito rifacendosi all'articolo 2, comma 6, del Codice di Giustizia Sportiva, in cui si dice che valgono le norme generali del processo civile. In ambito penalistico vale la regola della condanna se questa è provata “oltre ogni ragionevole dubbio”. E' pacifico che in questo caso non sia così: non lo diciamo noi, ma la stessa sentenza del Tribunale Federale. “Bisognerebbe fare come nel doping - ha detto Cocco - prima si fissa la prova, poi si cerca di capire se è più probabile se l'ha ingerito per curare una malattia o per alterare la prestazione sportiva”.

“La prego, entri nel merito” dice Biagini.

Dopo aver ricordato la recente giurisprudenza della Corte Federale di Appello, Cocco ha eseguito. E ha posto l'accento sugli interrogatori ai vari tennisti effettuati dalla Procura nell'ottobre 2014. Tra il 20 e il 25 hanno parlato ai procuratori Mara Santangelo, Filippo Volandri, Simone Bolelli e Andreas Seppi. Tutti hanno negato coinvolgimenti sia per se stessi che per gli incolpati. “Essendo audizioni si tratta di prove – ha detto Cocco – ma le loro testimonianze sono sparite. Non vengono citati nella sentenza e non ci viene nemmeno spiegato perché sono inattendibili. E abbiamo visto come vengano ritenute molto gravi le dichiarazioni mendaci rilasciate alla Procura. Credono a Bruni sui punti in cui sostiene l'impianto accusatorio, ma in realtà è lui a non essere credibile. Ha cambiato 3 volte versione in 10 giorni, ha un patteggiamento in corso e non è vero che non ha interesse a rilasciare dichiarazioni. Quando sono uscite le intercettazioni, non aveva detto al PM che Bracciali lo aveva cercato per chiarimenti, o meglio per dirgli: “Ma che cavolo hai detto?”. Lo stesso Goretti ha definito Bruni un “cazzaro””:


IL MATERIALE DI CREMONA

Cocco ha poi definito “gravissima” la richiesta effettuata da Ciardullo nella precedente udienza, in cui chiedeva che non venisse ammesso agli atti il materiale proveniente da Cremona che la stessa Corte d'Appello aveva richiesto (la richiesta era motivata da un ritardo e dall'irritualità con cui era pervenuto, ndr). “Hanno fatto la loro indagine sul materiale proveniente da Cremona, poi non hanno chiesto più niente, addirittura opponendosi all'acquisizione del materiale che dovrebbe condannarci. Questo è molto grave”. In effetti, Cocco non aveva preso bene questa richiesta già lo scorso 26 settembre, peraltro segnalando come – paradossalmente – fossero le difese a svolgere l'attività di indagine che sarebbe stata di pertinenza della Procura. Ha poi spiegato di come non siano stati fatti riscontri bancari sui conti correnti degli interessati e non siano stati analizzati i dispositivi elettronici di Bracciali (in effetti sembra incredibile anche a noi...). Cocco ha citato altre due testimonianze favorevoli agli incolpati: quella di Umberto Rianna del 29 gennaio 2015 e quella di Giancarlo Petrazzuolo del 13 febbraio. Eppure non sono state tenute in considerazione. “O dobbiamo fare un maxi-processo contro tutti questi 'bugiardi', tra giocatori e allenatori?”.


LA "GIOCATA SICURA" SU MURRAY

Cocco si è poi addentrato sui riscontri logici che hanno originato la sentenza di primo grado. A suo dire, anche escludendo la necessità della prova certa, mancano gli elementi per incriminare Bracciali. Ad esempio, l'inoltro della mail in cui Betfair comunicava a Bruni la sospensione del conto, sarebbe stata destinata a Sganzerla e non a Bracciali. C'è poi un punto su cui la difesa batte a tutta forza: l'identità di “Braccio2”, la persona che avrebbe preso gli accordi illeciti per Starace-Gimeno Traver. “La questura di Cremona dice che Braccio2 non è Bracciali. E' un'utenza riconducibile a Sganzerla, utilizzatore della scheda mentre l'intestataria era la Onofri, sua fidanzata dell'epoca. Semplicemente, gli scommettitori millantavano tra loro chissà quali crediti. E' incredibile la presunta dritta di una partita Volandri-Murray, in cui la “giocata sicura” era dare vincitore Murray....”. L'avvocato romagnolo ha poi spiegato il comportamento di Bracciali in fase processuale: appena ha letto le intercettazioni ha preso contatto con Cremona e ha effettuato un primo interrogatorio di 8 ore con Di Martino, spiegando l'origine dei rapport con Manlio Bruni (cosa ben nota a chi segue questa vicenda: cercava un aiuto per riscuotere i crediti dal Geovillage Olbia, club per cui ha giocato a lungo in Serie A1). Prima di una richiesta di piena assoluzione, ha ricordato un altro punto della sentenza di primo grado, in cui si dice la chiusura delle indagini a Cremona è un elemento di rilievo “A parte che è un atto formale, perché si tiene conto di questo e si dimenticano di altri dettagli? Il Tribunale ha dimenticato anche l'articolo 40 del Regolamento di Giustizia, in cui si parla della graduazione della pena. Qui si tratta di un fatto non provato, come ammesso dalla stessa sentenza, con tanti indizi non tenuti in considerazione. Anche tenendo conto del principio del più probabile che non, la sanzione è totalmente sproporzionata”.


"STARACE NON VOLEVA GIOCARE A BARCELLONA"

E' stato poi il turno degli avvocati di Potito Starace. Prima ha parlato il giovane Simone Maina. A suo dire, il processo si basa su un'opinabilità di fondo che ha visto via via sgretolarsi gli elementi a carico degli incolpati. L'unico rimasto in piedi sarebbe il match Starace-Gimeno Traver, ma la “prova granitica” sarebbero le dichiarazioni di Bruni. “In realtà nulla è riferibile a Starace e nulla gli è contestato”. In effetti, come ricordato più volte, non esistono intercettazioni dirette del campano. “Anzi, lo stesso Bruni ha riconosciuto di non aver mai avuto a che fare con Starace”. Maina ha detto che l'accusa ritiene Bruni credibile quando fornisce elementi accusatori, mentre invece non lo è più – o ci si dimentica di lui – quando le sue parole vanno in un'altra direzione. Si è poi è soffermato sulla figura del suo assistito. Citando le dichiarazioni di Rianna dello scorso gennaio, ci ha fatto sapere che per il problema allo stomaco Starace non avrebbe nemmeno voluto giocare a Barcellona, ma fu proprio Rianna a convincerlo ad andare ugualmente. Lo stesso Rianna ha parlato di uno Starace “senza più energie” prima della finale a Casablanca. “Perché gli elementi contrari non sono stati considerati?” si domanda Maina. L'impianto accusatorio ai danni di Starace si poggia su quattro situazioni: tre incontri più il suo atteggiamento quando la vicenda è diventata pubblica. Maina ha provato a smontarle così:

  • - Starace-Andujar (Casablanca 2011): “Esiste una spiegazione logica a quanto accaduto, mentre non reggono le tesi secondo cui lui avrebbe dovuto vincere perché “più forte” di Andujar: tra l'altro i due si sono ritrovati l'anno dopo e vinse di nuovo lo spagnolo".

  • - Starace-Brands (Monaco di Baviera 2009): “Se avesse avuto uno strappo muscolare non sarebbe nemmeno sceso in campo. Semplicemente si è fermato quando ha temuto di poter aggravare la situazione. Tra l'altro questi due match sono andati in modo diverso rispetto a quello che dovrebbe essere il giochino prestabilito della combine. Starace ha perso il primo set, quindi..."

  • Starace-Gimeno Traver (Barcellona 2011): “L'unico match in cui l'accusa è rimasta in piedi. Ma lui si è ritirato per un problema di stomaco, poi diagnosticato come virus gastrointestinale dal medico del torneo. Se davvero il match fosse stato combinato, che bisogno avrebbe avuto di andare per tre volte ai vantaggi nel primo set, compreso l'ultimo game? E' molto più probabile che la patologia ossea che lo colpisce abbia avuto i suoi effetti collaterali. Lui ha provato a giocare fino alla fine e si è arreso quando ha capito che non c'era più nulla da fare".

  • Il comportamento dopo la pubblicazione delle intecettazioni: “Cosa avrebbe dovuto fare? Prendere Bracciali a pugni? Quando è emersa la vicenda gli ha chiesto spiegazioni, poi da allora i due non hanno più avuto contatti. Si è sfogato con tante persone: Fanucci, Tschabuschnig e tanti amici. L'inciso segnalato dalla Procura è frutto di uno sfogo, e comunque voleva dire che Bracciali aveva fatto una cavolata e si auspicava che ripetesse le stesse cose nelle varie udienze".

 

Maina ha poi ricordato di come manchino le evidenze sulla consegna di telefoni cellulari agli incolpati e ha segnalato un aspetto molto importante, evidenziato in modo opposto dai giornali: In una conversazione tra Bruni e Braccio2, a un certo punto uno dei due dice: “Siamo noi, chiamaci a quel numero”. “E' Bruni a dirlo a Braccio2 e non viceversa”. In effetti, dalle pubblicazioni dei quotidiani sembrava essere il contrario.


"BRACCIO2 NON E' BRACCIALI"

Ha chiuso Luigi Chiappero. Il noto avvocato torinese ha insistito sulla mancanza della prova: “Siamo rimasti tutti abbagliati dalle chat del 18-19 aprile, ma in realtà sono discorsi tra persone non credibili che peraltro fanno il contrario di quello che dicono”. L'allusione è ad alcune intercettazioni di Bruni proprio di quei giorni: il 16 aprile 2011 dice che non ha più soldi da mettere fino a fine mese, mentre il 22 dice di avere il conto a zero (a ben vedere, in quei giorni ce l'aveva sospeso...): “Un giudice qualsiasi avrebbe assolto” ha detto Chiappero, tenendo conto che “Braccio2” non sarebbe Bracciali e che "tutte le utenze telefoniche ricondubicili a Sganzerla sono finiti ai familiari, senza mai andare oltre”. Pur essendo l'avvocato di Starace, ha sottolineato come Bracciali abbia negato tutto e che il Tribunale avrebbe bluffato quando ha parlato dell'implicita ammissione di Bracciali relativamente all'identità di “Braccio2”. Il verbale dell'interrogatorio a Cremona, infatti, riporta una frase di Bracciali: “SECONDO LA SUA INTERPRETAZIONE” quando Di Martino gli domanda se ha parlato con Fognini. Tale inciso, in effetti, cambia il senso della frase. Anche per questo Bracciali si era arrabbiato alla lettura del dispositivo, e volle precisare di non aver fatto alcuna ammissione in questo senso. Chiappero ha poi sostenuto che l'identità di Braccio2, assodato che non sarebbe Bracciali, avrebbe potuto chiudere il processo. “Oppure avrebbero potuto condannare, ma con altre motivazioni. L'identità di Braccio2 azzera qualsiasi valore probatorio di quanto detto da Bruni”.


TECNICHE INVESTIGATIVE

Chiappero ha ricordato che Starace è da sempre affetto a una spondilite anchilosante e che proprio in quel periodo prendeva delle medicine, il che giustificherebbe il mal di stomaco di Barcellona. “Il nostro consulente, il dottor Agricola, si è domandato come faccia a giocare a tennis nelle sue condizioni”. Chiappero ha poi ribadito che, se fosse vera la consegna di telefonini al suo assistito, in cinque anni avrebbe detto almeno una parola. “Oggi va molto in voga la tecnica investigativa di chiudere le indagini e poi mettere sotto controllo i telefonini: nel 90% dei casi ci prendono, ma con Starace no. Semplicemente lui se l'è presa con il mondo”. Le richieste finali? Assoluzione, in subordine il minimo edittale della pena (3 mesi, ndr) “in funzione dell'unicità dell'episodio contestato”. In ulteriore subordine, la sospensione del processo in attesa degli esiti del processo penale di Cremona.


BRACCIALI, L'OSPEDALE PEDIATRICO E LE "CASTRONERIE"

Quasi come se fosse una fiction, il processo si è chiuso con alcune dichiarazioni spontanee dei giocatori: al netto delle considerazioni di valore, è onesto segnalare che entrambi avevano la voce scossa dall'emozione. Bracciali ha contestato il punto della sentenza in cui lui e Starace vengono etichettati come elementi di “dubbia moralità” e duque non degni di restare nel mondo del tennis. “Io ho iniziato a giocare a 5 anni, dai 12 in poi ho sempre risposto a tutte le convocazioni, ho giocato in Coppa Davis per 10 anni e ho sempre anteposto gli interessi della nazionale – e quindi della FIT – a quelli personali. Nel 2007, per giocare un doppio in Israele con la spalla malandata mi diedero di tutto per permettermi di scendere in campo. Come risultato mi sono rotto la spalla, con tanto di operazione e addio alla carriera di singolare, con conseguente danno economico. Vorrei ricordare che ho fatto decine di stage con i bambini presso i Centri Estivi e qualche anno fa, durante il torneo di Bucarest, mi sono recato in un ospedale pediatrico insieme ad Andrei Pavel, Ilie Nastase e la leggenda della ginnastica Nadia Comaneci. Ci sono rimasto tutto il giorno, cercando di contribuire a dare loro un pizzico di serenità e contribuendo all'assegno di 15.000 dollari lasciato all'ospedale. Insomma, vorrei dire che il pensiero dei giudici sulla mia persona non è corretto. Non sono come mi hanno etichettato. Vorrei poi fare alcune considerazioni tecniche: nella sentenza hanno parlato del servizio di Starace, del fatto che non potesse essere stanco, o che non potesse in alcun modo perdere contro Andujar: mi permetto di dire che sono castronerie”. Ha chiuso spiegando la vicenda della partecipazione al torneo di Mosca, ei giorni in cui sono uscite le intercettazioni. Come ci aveva confidato la scorsa settimana, per lui rivestiva una funzione importante per accedere al piano pensionistico ATP. “Sarei sceso in campo in qualsiasi condizione”.


STARACE: "CHIEDO SOLO GIUSTIZIA"

Più sintetico Starace, talmente provato da non trovare la parola corretta per definire la sua condotta nel corso della carriera. “Sono professionista dal 2004-2005 e in questi anni mi sono sempre distinto per un comportamento corretto. Sono sempre stato un esempio e ho cercato di dare il massimo prima di perdere ogni partita. Se quella volta mi sono ritirato, significa che stavo veramente male. E' un periodo difficile, specie se sei innocente. Ormai ci convivo da un anno. L'unica cosa che chiedo? Giustizia”. E' finita così, almeno per accusa e difesa. Da oggi fino al 10, Alfredo Biagini, Mario Procaccini e Luigi Supino si incontreranno altre due volte per esaminare verbali, fascicoli e documenti. Un lavoro delicatissimo.

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